domenica 2 novembre 2014
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Il regime di Blaise Compaoré, presidente- padrone del Burkina Faso, si è dunque dissolto dopo lunghi anni di tirannia. Si tratta di evento importante e da non sottovalutare nel contesto geopolitico dell’Africa subsahariana. Anzitutto perché, rispetto a quanto accaduto in altri Paesi della regione, è stato il popolo a chiedere le dimissioni del leader. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’annuncio di una riforma costituzionale per consentire a Compaoré di restare al potere, che aveva conquistato 27 anni fa, spodestando il suo predecessore, il carismatico Thomas Sankara, del quale si sospetta avesse poi ordinato l’uccisione. Di fronte al malessere che già da tempo covava tra la gente, Compaoré si era detto disposto a rinunciare al progetto di modifica della Carta fondamentale, in cambio di un prolungamento del suo mandato, cosa che ha fatto infuriare ancora di più la popolazione. In queste ore, il controllo del Paese è stato assunto da una giunta militare, che ha annunciato una rapida transizione in vista di nuove elezioni, promesse entro 90 giorni. Ma la società civile chiede con forza che le Forze armate facciano subito un passo indietro.  Gli osservatori, com’è naturale, invitano alla prudenza, non foss’altro perché bisognerà vedere fino a che punto i militari saranno in grado di creare le condizioni per un passaggio dei poteri ai civili, nel rispetto delle regole di uno Stato democratico.  Se questo agognato cambiamento dovesse avverarsi, esso costituirebbe un precedente importante nell’intero scacchiere africano e rappresenterebbe un monito per tutti quei personaggi, veri e propri dinosauri della politica, che da decenni dominano la scena continentale. Stiamo parlando dell’ugandese Yoweri Museveni, del camerunese Paul Biya e dell’uomo forte dello Zimbabwe, Robert Mugabe.  Com’era tuttavia prevedibile, l’uscita di scena di Compaoré preoccupa non poco le diplomazie occidentali. Il suo governo costituiva infatti una sorta di baluardo contro il fenomeno del jihadismo che ha interessato vasti settori della fascia saheliana, soprattutto dopo la caduta del regime di Gheddafi in Libia.  Il 'Paese degli uomini integri' (questo significa Burkina Faso) è anche tra i più poveri al mondo. C’è pertanto da augurarsi che una nuova classe dirigente espressa dal basso sappia interpretare al meglio il sogno di Sankara: «Per ottenere un cambiamento radicale, bisogna avere il coraggio d’inventare l’avvenire». L’occasione c’è, ed è seria.
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