giovedì 20 febbraio 2014
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Alle 8 c’è già la fila davanti al portone della Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici di Bari. Alle 8 c’è già la fila davanti all’ambulatorio e alla sala docce della parrocchia Cattedrale di Bari. E lo stesso accade all’ora di pranzo davanti alla mensa appena inaugurata. File uguali a quelle di tante città italiane, che abbiamo visto, pochi giorni fa, accompagnati per le vie di Bari Vecchia da don Franco e da don Alberto. File della povertà e dell’emarginazione, file della crisi economica e familiare. File di disperazioni antiche e modernissime. File di invisibili che nessuno vuol vedere e ancora meno sostenere. File di immigrati e di senza fissa dimora. File di chi ha perso il lavoro e di chi ha perso tutto. File di usurati e di rovinati dall’azzardo. Ma anche di persone senza più i soldi per la bolletta della luce. File di abbandonati e di cacciati di casa. File di chi non è stato capace di gestire i suoi soldi. E di chi non è stato capace di gestire la sua vita. File di vittime dell’indifferenza. File di sofferenze bancarie e di sofferenze personali. File di tante, troppe responsabilità. File dove senti i dialetti del Mondo ma sempre più anche i dialetti d’Italia. File dove accanto ai Karim e alle Fatima aumentano ogni giorno le Maria e i Giovanni. File delle periferie delle città e delle periferie del cuore. File che la politica non vede e non considera. Non sono le file vocianti per l’ultimo modello di smartphone o per un provino da veline. Sono le file silenziose di chi prova a sopravvivere. E cerca qualcuno che li aiuti. Occhi bassi per la vergogna, occhi umidi di lacrime. Occhi assonnati per notti senza pace e senza un letto. Occhi che implorano un’ultima opportunità. Occhi pieni di paure e di domande. «Ma se denuncio, cosa mi farà l’usuraio? Ho paura». «Se non pago e la banca mi toglie la casa, dove andrò? Mi aiuti». «Dove passerò la prossima notte? Non ho più nessuno». «Ho fame, non mangio da due giorni. Mi dá qualcosa?». «Trovo solo porte chiuse. Perché?». «Sto male ma non ho soldi per curarmi. Devo morire così?». «Mio figlio si è rovinato col gioco. E lo Stato che fa?». Occhi e volti che non chiedono carità, ma dignità. Quella persa davanti a una slot machine o a una striscia di coca, nel baratro dell’alcol o in quello dei debiti. Persa sui marciapiedi della Bari "per bene" e nei vicoli "maledetti" di Bari Vecchia. Nelle periferie del degrado e nel degrado del lusso. In una famiglia che non c’è più o in una famiglia che non ti vuole più. In fila, senza luci e clamori. File nascoste per vergogna e disattenzione. Ma la porta si apre. Un sorriso, una mano. Quella di don Alberto D’Urso e don Franco Lanzolla e tanti volontari. Pensionati che mettono al servizio degli ultimi esperienza e professionalità. Giovani che donano entusiasmo e energia. Tutti passione gratuita, ore e giornate per chi in fila tende la mano mettendo a nudo la propria vita. L’età non conta. Non la si chiede a chi tende la mano. Non la si chiede a chi quella mano stringe. Un sorriso, un asciugamano, una parola, un bicchiere di shampoo, una stretta di mano, un cambio di biancheria, un consiglio professionale, una carezza, una bolletta pagata. Qui a Bari come in tante grandi e piccole città d’Italia. La Chiesa che guarda alla periferia, e la vede. Che sceglie la strada. La Chiesa che Papa Francesco stimola e sostiene ogni giorno. Vangelo e mensa, Vangelo e ambulatorio, Vangelo e ascolto, Vangelo e aiuto, Vangelo e legalità, Vangelo e "no slot". Avvocati e suore, ex bancari e studenti, sacerdoti e professori, ex Equitalia (proprio loro...) ed ex giocatori, mamme e nonni. Aiutano a fare i conti con bilanci in rosso. Aiutano a fare i conti con una vita in rosso. E ci vuole cuore, ma anche tanta efficienza. Lo chiedono quegli occhi e quei volti che sempre più popolano le file che si allungano nell’ombra del silenzio e dell’indifferenza. File che tornano, ogni mattina, ogni giorno. Drammatiche, colpevoli, ignorate file...
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