martedì 21 settembre 2010
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Procedure e cautele studiate per combattere riciclaggio di denaro e movimenti di risorse destinate ad armare il terrorismo sono state attivate ieri dalla magistratura romana nei confronti dei vertici dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), con l’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici della "banca" vaticana e con il sequestro di 23 milioni di euro. Un evento mozzafiato, che ha suscitato legittima perplessità e motivate preoccupazioni.In primo luogo, per il manifesto, stridente e inconciliabile contrasto tra ciò che la Chiesa cattolica e le sue istituzioni sono e fanno e le realtà (e le immagini) evocate da concetti come riciclaggio e terrorismo. Ma non secondariamente perché – come ha pacatamente e prontamente sottolineato la Segreteria di Stato della Santa Sede – tutto ciò è maturato sebbene i «dati informativi» sulle operazioni di tesoreria relative a quella somma complessiva fossero già stati messi a disposizione della Banca d’Italia. C’è, poi, di più. Sulla base dei limpidi intendimenti della Santa Sede, e secondo la linea condotta con rigore e passione proprio dal presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, è infatti in pieno svolgimento l’attività per adeguare definitivamente l’Istituto vaticano a quegli standard che consentono agli Stati di essere inseriti nella famosa White List.Ecco spiegati l’incredulità e lo sconcerto per quanto accaduto ieri. Ecco spiegato il senso di «profonda umiliazione» provato, e sobriamente manifestato, dal presidente Gotti Tedeschi. Sono sentimenti che agitano e toccano – in queste ore, in singolare coincidenza con ben altri eventi – ogni osservatore sereno dei fatti. E che accompagnano, per quanto ci riguarda, un civile allarme e insistenti e gravi interrogativi sull’inspiegabile e offensiva drammatizzazione decisa da taluni magistrati romani.
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