martedì 8 gennaio 2013
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Anche là dove la terra somiglia di più al Paradiso, esiste una dura, tremenda differenza. Le notizie strane e buie che arrivano da un luogo "paradisiaco" ce lo confermano, aspramente. Anche se andiamo lontano dalle terre nebbiose delle nostre preoccupazioni, se abbiamo la possibilità di mettere distanza tra noi e la routine, le solite cose, le noiose preoccupazioni, no, non esiste un paradiso alla nostra portata in qualche angolo di quaggiù. Lo capii chiaramente proprio visitando di sfuggita quel pugno di isole oggi tristemente alla ribalta, Los Roques, davanti alle coste del Venezuela. La parola paradiso – spesso usata proprio nel marketing turistico, e oggi fa un certo effetto – viene da un termine persiano per indicare un bellissimo giardino, un luogo riparato da ogni bruttezza. Ma proprio a Los Roques, nel paradiso degli aerei che scompaiono, capii che non esiste questo giardino tra paralleli e meridiani. Ormai, tra l’altro, sembra che il paradiso in terra, sognato una volta dalle ideologie otto-novecentesche – dal comunismo al nazismo – sia promesso solo da una nuova ideologia, quella del turismo, appunto. O quella strana ideologia della tenerezza, che vorrebbe ridurre l’amore tra due persone a un paradiso "privato" del tipo "io e te e tutto il mondo fuori". Paradisi che in genere scoppiano dopo non molto. A Los Roques volai dopo un festival di poesia a Caracas su uno di quegli aereucci con cui molti turisti si dirigono verso quell’incanto di mare cristallino e spiagge. Uno di questi che spariscono. Non ricordo il nome della compagnia, ma salendo e durante il viaggio diciamo che non c’era da sentirsi tranquillissimi. Avevo un pomeriggio e una notte da passare a Gran Roque, dove c’è il borgo e per farmi un giro a vedere il Paradiso. E le acque, le bianche spiagge, gli animali, i sorrisi di tanta bella gente, la simpatia di onnipresenti italiani, il clima, la notte incantata facevano pensare a qualcosa che se non era il Paradiso, beh, ci somigliava parecchio. Ma all’alba, ecco, vidi qualcosa che non dimenticherò mai. La piazzetta del borgo, di quella specie di piccola meravigliosa capitale del Paradiso, era coperta di latine di birra. Come un qualunque dopo concerto in una piazza di periferia italiana, in un qualsiasi suburbio di Caracas o di altra megalopoli non proprio paradisiaca. Era come se la notte fosse stata cacciata a furia di birra. La notte e le sue malinconie, o le sue solitudini. Insomma, il morso dell’imperfezione, del magone che segna il nostro essere uomini aveva attraversato la barriera corallina, le latitudini della bellezza, i riflessi dell’incanto. Ed era arrivato fino a lì. nel luogo meraviglioso dove cadono o spariscono gli aerei, dove – non dimentichiamolo – una coppia italiana in viaggio di nozze fu massacrata per errore una notte per un regolamento di trafficanti. Io amo il Venezuela, sottoposto a una dura dittatura, e terra di meraviglie. E sono contento di aver visto il quasi-paradiso di Los Roques, che non deve certo patire ora la nomea di luogo sfortunato, di bellezza traditrice. Lo sono molto di più altri luoghi bellissimi. Ma quelle Isole splendide sono diventate un segno. Sono per così dire diventate più veramente belle. Come capita per certe persone bellissime e segnate da qualcosa. La bellezza vera, ricordava Leopardi, si ha quando una cosa graziosa ha anche il segno di qualcosa di imperfetto. Tale è la vera bellezza umana, quella che non finge d’essere il Paradiso o che il Giardino senza imperfezioni sia dietro l’angolo. Dalla angosciosa vicenda che sta colpendo alcuni nostri connazionali, vogliamo intanto imparare a gustare i tanti quasi-Paradisi che ci sono quaggiù senza far finta di dimenticare la ferita, la fontana di pianto e di canto che abbiamo in petto aspettando, implorando il Paradiso.
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