Il Volto Santo che c'è proprio oggi, proprio qui
sabato 20 giugno 2020

Secondo la leggenda san Nicodemo modellò senza difficoltà il corpo del Crocifisso, ma quando passò a scolpire il volto di Cristo – alla cui sepoltura aveva partecipato – si ritrovò incapace di proseguire. Era come se lo scalpello si rifiutasse di incidere, come se la mano non reggesse all’impresa. Sconfortato, Nicodemo cedette al sonno e furono gli angeli a completare il lavoro al posto suo. Questa, secondo la tradizione, fu l’origine del Volto Santo di Lucca, contemplato dai pellegrini ben oltre l’età medievale, durante la quale non era raro che chi scendeva verso Roma si ritenesse soddisfatto di essere arrivato fin qui, al cospetto di quello che era ritenuto il veritiero ritratto di Gesù. Così assicurava, del resto, il racconto del miracoloso viaggio del Crocifisso da Gerusalemme alle coste del Tirreno, e dal porto di Luni alla stessa Lucca, nella cui cattedrale ancora troneggia l’immagine maestosa del Redentore che, in abiti regali e addirittura incoronato, abbraccia una croce inscritta in un cerchio che è il mondo intero. La visione teologica è grandiosa, ma è intelligibile a colpo d’occhio, senza bisogno di troppi commenti. Davanti al Volto Santo si prega, e lo si fa da molti secoli.

Fino ad oggi si riteneva che la scultura attuale fosse una copia realizzata per rimediare al deterioramento del legno e delle stoffe che lo ricoprono. Adesso, grazie a una ricerca condotta in occasione del 950mo anniversario di fondazione della cattedrale di Lucca, si può affermare con certezza che questo è veramente il Volto Santo di cui riferiscono le cronache del Medio Evo. Risalente al periodo tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, è tra l’altro la più antica scultura lignea dell’Europa occidentale. No, non è una curiosità per specialisti. È storia comune, invece, condivisa da generazioni e generazioni di credenti che hanno guardato al Volto Santo implorando guarigione e salvezza, affidandogli preoccupazioni e speranze, e poi portandone con sé l’insegna. Si trovano dappertutto, le riproduzioni del Crocifisso di Lucca, negli immediati dintorni di questa terra di confine tra il mare e l’Appennino e in chiese molto più remote, nelle memorie di Stendhal e nell’apologo popolare secondo il quale il Diavolo si sarebbe travestito da predicatore proprio in questa città, per meglio approfittare della ressa dei pellegrini.

C’è molta storia, nella quieta solennità di questa immagine. Ma c’è anche un dato di cronaca che rende ancora più sorprendente il fatto che adesso – anzi: proprio adesso – si sciolga l’enigma relativo alla datazione. Occorre tornare all’irresolutezza di Nicodemo per soffermarsi su quel volto che, pur essendo tanto vivo e presente nella memoria, si sottrae alla rappresentazione, suscitando una nostalgia ancora più acuta e struggente. Ne sappiamo qualcosa, noi che dei volti sentiamo ancora la mancanza, costretti come siamo a intuirne i tratti sotto le mascherine imposte dall’emergenza.

Di eclisse del volto parlava più di trent’anni fa don Italo Mancini in un libro rimasto memorabile ('Tornino i volti', appunto), ma allora l’offuscamento era l’esito capzioso delle ideologie dominanti: un portato del pensiero, non un dato di necessità come questo che stiamo sperimentando. Ciascuno di noi, ogni volta che cerca di interpretare l’intenzione di uno sguardo lasciato scoperto dalla mascherina, è un piccolo Nicodemo alla prese con il mistero di un volto che si mostra e subito svanisce. Era successo a Emmaus, quando il Risorto aveva spezzato il pane. Succede ancora, in forme del tutto impreviste, nelle strade delle nostre città. Ma il volto c’è, non è scomparso. Per questo aspettiamo che un angelo torni a rivelarlo.

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