giovedì 23 luglio 2015
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Potremmo definirlo un reality show estremo. Davvero estremo, tanto che ha messo a rischio le vite dei suoi partecipanti, ma soprattutto ha messo nudo i limiti e in qualche modo anche l’incoscienza e l’improvvisazione di chi l’ha ideato. E dire che il proposito in sé non era malaccio, anzi, aveva una finalità assolutamente condivisibile. Il programma si intitola Go back to where you came from, ovvero: Torna da dove sei venuto, ed è stato realizzato da una rete televisiva australiana, la SBS, che ha voluto mettere a confronto le diverse opinioni di sei concorrenti sul tema dell’accoglienza agli immigrati che chiedono asilo nel continente dei canguri facendo loro ripercorrere a ritroso il tragitto di tanti rifugiati, partendo dall’Australia e passando per campi profughi fino a raggiungere i Paesi d’origine di chi fugge da guerre e persecuzioni.  Tre di essi hanno raggiunto la Siria dall’Iraq per sperimentare di persona le condizioni di quella che l’agenzia per i rifugiati dell’Onu ha definito «la peggior crisi umanitaria degli ultimi 25 anni».

 

Esperimento perfettamente riuscito, a quanto si è saputo: dopo aver trascorso la notte in un accampamento in compagnia dei militanti curdi, i concorrenti sono stati condotti fino alla linea del fronte dove i peshmerga combattono contro l’Is. E qui la finzione del reality è diventata brutalmente realtà, nel momento in cui i tre sono finiti sotto il fuoco dei miliziani del Califfato. «È stato solo dopo qualche giorno che mi sono resa veramente conto che lì ci sono persone che muoiono, e che noi eravamo attivamente coinvolti nella guerra contro l’Is e potevamo restare uccisi», ha confessato una ragazza al suo ritorno.  Tutto bene, dunque, l’'esperimento sociale' (pardon: il reality) ha fatto un bagno di realtà e ha insegnato molte cose ai concorrenti, agli spettatori e agli organizzatori. In particolare il fatto che scherzare con la vita e con la morte è un gioco stupido, oltre che estremo. Ma forse un po’ sarà servito a far riflettere gli intransigenti di Canberra che di accoglienza e di asilo alle migliaia che la vita la rischiano davvero ogni giorno per fuggire dagli orrori dei Paesi in guerra non ne vogliono sentir parlare.

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