Il principe cinico che sparando elimina pedine dalla scacchiera
martedì 10 gennaio 2023

Questo articolo non vuole affrontare il problema pro o contro la monarchia britannica, ma un altro problema: se tutti, anche i re e i prìncipi, sono tenuti a non uccidere. «Quand’ero soldato in Afghanistan – dice oggi il principe Harry – ho ucciso venticinque afghani, e il ricordo non mi provoca né orgoglio né vergogna. Per me, sono venticinque pedine in meno sulla scacchiera ».

La trovo una dichiarazione pesantissima, e ingiustificabile. Non c’è nessuna ragione di farla oggi, nessuna attualità la richiama, nessun interesse politico la sminuisce. Cosa vuol dire «non provo né orgoglio né vergogna»? Vuol dire che aver ucciso venticinque persone (lo scrivo in parola invece che in numero, la parola è più lunga e fa più impressione) lo lascia indifferente? Mi dispiace che si tratti di un principe, perché pare che scrivendo contro la sua indifferenza io scriva contro la monarchia, il che assolutamente non è. Scriverei le stesse cose se quella dichiarazione l’avesse fatta un mi-litare, un generale o un colonnello, o anche un semplice marine. E son convinto che ci sono generali e colonnelli, e anche semplici marines che hanno ucciso venticinque nemici, e la cosa non gli fa né caldo né freddo.

Ma il principe non uccide come i generali. I generali danno l’ordine e mandano i reparti. Il principe, come soldato, punta il fucile e spara. Per sparare prende la mira, cioè dirige il colpo. Oggi il sistema di mira mostra il mirino come un punto e la tacca di mira come un cerchio, il loro allineamento ti mostra dove va a finire il colpo, e tu devi mandarlo a finire su un organo vitale, il cuore o la testa. Spari, e il bersaglio cade. Tu pensi: « L’ho ucciso», e pensi la verità. Se pensi: «Una pedina in meno», non pensi la verità, perché non stai giocando a scacchi. Per venticinque volte lo sparatore di cui stiamo parlando ha pensato «una pedina in meno», e oggi tira le somme a distanza di tanto tempo e conclude: «Venticinque pedine in meno». Neanche oggi recupera la verità.

Che senso ha, oggi, comunicare quei venticinque morti, cioè quei venticinque uccisi, al mondo? Cosa conferisce, al comunicante, quella montagnola di morti? Gli conferisce grandezza. Ha ucciso venticinque uomini quindi ha potere, è potente, non prova né orgoglio né vergogna quindi questa è la sua condizione normale, lui è normalmente potente e indifferente, è al di là del Bene e del Male. Non è come noi. Non è un uomo, che trema di fronte alla morte, lui di fronte alla morte (altrui) ha la reazione d’indifferenza che ha l’animale che al nominativo fa kyon e al genitivo kynòs, e da cui deriva l’aggettivo “cinico”.

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