venerdì 9 settembre 2011
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Caro direttore,ho letto la recensione su Avvenire del film di Ermanno Olmi "Il villaggio di cartone". Se avessi potuto dare un suggerimento a Olmi durante la realizzazione del film gli avrei detto di lasciare il crocifisso sulla parete della chiesa diroccata. Perché è proprio guardando a quel crocifisso che si pùò "scoprire" che la nostra salvezza – che è venuta da quella croce – ha una dimensione orizzontale (carità) e una verticale (fede) che non devono mai essere disgiunte. Come cattolici e come cristiani sappiamo che non ci può essere carità senza fede, ma altrettanto non ci può essere fede senza carità. E poi magari il sacerdote raccontato da Olmi, guardando alla croce di Cristo, avrebbe anche "riscoperto" la sua vera vocazione che è quella di portare agli uomini la salvezza di Cristo. E la salvezza di Cristo interessa tutto l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo. È una salvezza che riguarda non solo il corpo nei suoi bisogni essenziali – e tra questi c’è anche l’accoglienza – ma soprattutto l’anima con la preghiera, il dono dello Spirito e i sacramenti in particolare il Pane di vita e la riconciliazione con il perdono dei peccati.

Alessandro, Saluzzo (Cn)

Lei dice con semplicità e delicatezza cose vere e importanti, caro amico. Che condivido, da ammiratore di Ermanno Olmi e della sua straordinaria "scrittura" filmica quale sono. E non credo di sbagliarmi se penso che anche Olmi le condivida. Attendo di vedere il nuovo film di questo grande maestro, tuttavia da ciò che i miei colleghi (e non altri, lo dico senza polemica ma con amarezza) hanno scritto e titolato dando conto della presentazione alla Mostra di Venezia ho capito che il regista ha scelto di raccontare una chiesa-edificio spogliata di tutto e prossima alla demolizione che rinasce come luogo di accoglienza e carità.Come forse lei sa, caro signor Alessadro, sono originario di Assisi. E anche dalla vita e dalla santità di Francesco ho imparato presto – toccandolo letteralmente con mano – che il volto di Gesù va in particolare riconosciuto, proprio come ripete Olmi, in quello del viandante, del povero e del sofferente. Ma dal povero frate di Assisi ho anche imparato che ogni chiesa "diroccata" si ricostruisce davvero e si rende accogliente, come luogo vivo e comunità fertile, attorno a Cristo in croce. Nella san Damiano abbandonata e in rovina, all’inizio del travolgente cammino di conversione di Francesco, a parlare nel silenzio fu il Crocifisso. Per questo, come lei, io l’avrei rimesso al suo posto.

Marco Tarquinio

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