domenica 7 agosto 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore, ho letto le lettere al direttore di venerdì 5 agosto relative alla tabella delle retribuzioni europee (su dati Ocse) pubblicata su Avvenire del 2 agosto, e la sua condivisibile risposta. Ma vorrei sottolineare un punto ulteriore: la tabella mette ben in evidenza che il rapporto delle retribuzioni tra operai e insegnanti nei Paesi elencati è più o meno lo stesso; e sono sicuro che gli operai avrebbero potuto scrivere le stesse cose scritte dai docenti, almeno quelli che il posto di lavoro lo hanno ancora.Docenti, impiegati, operai, dirigenti, commercianti, professionisti... devono prendere atto che dal punto di vista monetario le retribuzioni in Italia sono e saranno tra le più basse in Europa permanendo lo status quo (il discorso si fa molto più complesso quando lo rapportiamo al costo e alla qualità della vita). La cosa più importante, oggi, è mantenere il livello occupazionale: se crediamo nella solidarietà dovremmo essere disposti a discutere di occupazione più che di retribuzione (anche se sempre e soltanto in un’ottica di giustizia). Non esiste l’«uomo nero», la realtà è il risultato dei nostri comportamenti collettivi. Comportamenti che comprendono tollerare l’iniquità, e dalla tabella è chiaro che la retribuzione dei politici italiani è 10 volte quella di un operaio, in Germania di 4 volte... Come Paese, abbiamo tollerato e tolleriamo elasticità di fronte alle regole (paghiamo le tasse, rispettiamo il codice della strada, ci comportiamo civilmente solo se sanzionati o premiati); abbiamo tollerato e adottiamo comportamenti di salvaguardia e adozione di privilegi a tutti i livelli. Invece di scandalizzarci per le caste, dovremmo iniziare a usare come metro di giudizio e guida alle nostre azioni il bene della intera comunità oltre i confini di campanile e regione (e anche oltre i confini nazionali ed europei). Il bene comune è un dato universale. I nostri figli ci ringrazierebbero, domani. L’oggi non si cambia con bacchette magiche.

Pietro Molina, Vigevano (Pv)

Lei, caro signor Molina, ha colto e sottolinea bene le ragioni che ci hanno indotto a concepire e realizzare quella tabella e quei raffronti retributivi tra parlamentari, operai e insegnanti dei quattro maggiori Paesi dell’Unione Europea. Non mi stanco di ripeterlo: credo che se non si assume seriamente e rapidamente il problema della credibilità, della sobrietà e della esemplarità di chi ci rappresenta e governa sia inutile, e a tanti di noi suoni persino stomachevole, quel certo stentoreo riempirsi la bocca di allarmi sulle distanze che crescono in una società divisa in "caste" (non c’è solo una) a causa delle diverse e sempre più "lontane" classi di reddito nonché, su un piano distinto ma non così distante, dalla evidente e pesante compresenza nel mondo del lavoro di iper-garantiti e di non garantiti affatto (soprattutto giovani). Senza dimenticare, infine, l’ormai insostenibile realtà della "secessione" in corso tra l’Italia che paga le tasse sino all’ultimo centesimo e quella, invece, che elude ed evade (magari non sempre allegramente, ma sempre ingiustamente).Un esemplare cambio di passo è non solo possibile, ma indispensabile. E a ognuno di noi, come lei ricorda, spetta una parte della fatica e del sacrificio. A chi fa politica, cioè a chi s’è impegnato a servire il bene comune, ne tocca di più non di meno. Ai nostri eletti rappresentanti non vanno indirizzati insulti e minacce, bensì una richiesta ragionevole e pressante a fare ciò che devono, a dimostrarci che si fanno carico per primi delle difficoltà del Paese. È una sorta di civile ultimatum: o cambiate registro o cambiamo voi. Non è facile, soprattutto con questa legge elettorale, ma accadrà. In un’Italia che sta rimanendo a piedi, nessuno si illuda di poter continuare a sfrecciare in auto blu.

Marco Tarquinio

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI