Il miracolo dell'amore a scuola. Ogni vita chiede ascolto e rispetto
martedì 12 dicembre 2023

Mia moglie insegna alla scuola primaria. Nella sua ha vita visto crescere decine di bambine e bambini: ha ammirato lo spettacolo di chi impara a leggere, scrivere, contare; di chi, passo dopo passo, si addentra nel mondo e comincia a comprenderlo sempre di più. Ogni anno mia moglie torna a casa con una serie di aneddoti spettacolari, di quelli che solo i bambini sanno regalare. Una volta ci raccontò di Sofia ed Edoardo, due compagni di classe di terza elementare.

Una mattina Sofia si avvicinò alla maestra (mia moglie, appunto). « Maestra, possi dirti una cosa?». «Certo. Ti ascolto». «Sai che quando sono vicina ad Edoardo mi batte forte forte il cuore e vorrei tenerlo per mano?». A mia moglie vennero gli occhi a cuore: «Wow! Che meraviglia!». Era stupita, ma ciò che la stupì ancor di più fu che il giorno dopo a cercarla fu Edoardo: « Maestra, posso parlare con te?». «Certo. Dimmi». « Lo sai che quando sono vicino a Sofia mi sento tutto agitato e vorrei stare con lei tantissimo tempo?». I cuori negli occhi della maestra divennero enormi. «Wow! Che bella cosa mi stai dicendo! ». Tornò a casa, mi raccontò dei due teneri bimbetti e condivise con me il suo piano, strappandomi un sorriso. Il giorno dopo, la maestra si presentò in classe: « Bambini, vi siete accorti che è un po’ che non cambiamo i posti nei banchi? Dobbiamo proprio farlo adesso!». Estrasse un foglio con la nuova piantina della classe, girò per l’aula toccando ciascun banco e leggendo il nome di chi lo avrebbe occupato. Ai nomi di Sofia ed Edoardo mantenne lo stesso tono che aveva usato per gli altri, ma dentro di sé era compiaciutissima: i due, ovviamente, erano stati piazzati l’una di fianco all’altro.

All’ora successiva ci fu un lavoro di gruppo. Sofia ed Edoardo si misero a svolgerlo gomito a gomito, le teste chine, parlando fitto fitto. Poi suonò la campanella dell’intervallo: Sofia ed Edoardo non smisero affatto di parlare: uscirono in giardino insieme. Era una bella giornata di primavera: le maestre osservavano i bambini giocare e rincorrersi. Sofia ed Edoardo stavano in disparte, in piedi sotto un albero vicino alla recinzione, continuando a parlare, concentrati. A mia moglie li spuntò un sorriso: missione compiuta! Alla fine dell’intervallo, Edoardo la raggiunse, agitato ed euforico allo stesso tempo. « Maestra, sai che cosa è successo?». Mia moglie fece la gnorri: « No. Cosa?». « Io e Sofia abbiamo parlato». « Bene. E cosa vi siete detti?». « Maestra, lei... lei mi ha detto che le piace parlare con me e che quando stiamo insieme le batte forte il cuore! E mi ha chiesto se voglio essere il suo fidanzato!». Mia moglie sgranò gli occhi: « Ma è stupendo, Edo!». « Lo so» rispose lui, perplesso. « E tu? – lo incalzò la maestra –. Tu che cosa le hai risposto?». Edo aggrottò la fronte, quasi si mise a piangere. « Io, io... io sono scappato!».

Il racconto di mia moglie mi fece tanta tenerezza. Risi, ma non fino in fondo. Quel bambino che, sopraffatto dall’emozione, si era sottratto proprio sul più bello dal dialogo con la compagna, mi fece riflettere. Mi fece tornare in mente Antonio, un allievo di seconda superiore, che si era perdutamente innamorato di Roberta, sua compagna di classe. Ma, mentre Antonio sembrava ancora uno delle Medie, Roberta poteva tranquillamente essere presa per una del triennio. Antonio mi aveva parlato più volte del sentimento che provava: ne era totalmente soggiogato. Non osava avvicinarsi a lei. La contemplava mentre veniva interrogata, o la osservata mentre, china su un foglio, svolgeva una verifica. A San Valentino, Antonio era davanti alla scuola prima che aprissero i cancelli, con in mano una rosa rossa e un biglietto per Roberta. Fu il primo a entrare in classe, le lasciò rosa e biglietto sul banco. Poi l’emozione prevalse, si spaventò come Edoardo con Sofia, riprese il biglietto, lasciò la rosa e si rifugiò in bagno fino al suono della prima campanella. Entrò in classe cinque minuti dopo l’inizio della lezione; lui, che era stato il primo ad arrivare a scuola, fu pure rimproverato dalla prof di inglese per il ritardo. Roberta si rigirava la rosa tra le mani, tra i commenti dei compagni, guardandosi intorno senza capire.

Un giorno però la situazione si sbloccò. O almeno così sembrava. Fu organizzato, come ogni anno, il torneo di calcio del biennio. Le partite si svolgevano nella pausa pranzo del venerdì, giorno in cui gli studenti avevano due ore di lezioni pomeridiane. Io avevo entrambe le ore con la classe di Antonio e Roberta. Un pomeriggio, Antonio arrivò in aula tutto esaltato. «Prof, abbiamo vinto. Siamo primi in classifica!». «Grandi!». « E io ho fatto una tripletta!». «Grandissimo!». Antonio giocava a calcio, era molto forte. «Sa prof, durante la partita Roberta era sulle gradinate con alcune compagne, a fare il tifo per noi. Ha visto tutti i gol che ho fatto». «Grandissimo!», ripetei. « Le ho dedicato i gol, prof. Tutti e tre». Rimasi a bocca aperta: «Wow, Anto. E lei come ha reagito? Cosa ti ha detto?». Antonio scosse la testa: « No, prof, non ha capito. Lei non ne sa niente». Tacque un istante, si indicò il petto: « È avvenuto tutto qui. Dentro al mio cuore».

A volte ci si chiede a cosa serva la letteratura a scuola: un dibattito infinito. Una volta, una collega, tagliò corto: « La letteratura è bella perché è inutile – mi disse –. Lo è meravigliosamente, per questo merita tutto il tempo che possiamo dedicarle». È una risposta provocatoriamente bella, ma che non condivido del tutto. I classici possono avere anche una grande utilità pratica. Possono aiutarci a conoscere noi stessi, a dare voce a ciò che abbiamo dentro, quando ci mancano le parole. Ripensando a Edoardo in fuga e al mondo interiore di Antonio, mi tornano in mente i versi iniziali del celeberrimo sonetto di Dante Alighieri: « Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia, quand’ella altrui saluta ch’ ogni lingua devèn, tremando, muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare ». L’innamoramento può soggiogare. La donna amata sembra talmente grande, talmente splendida, talmente preziosa nella sua anima e nel suo aspetto, che gli occhi si abbassano, lo sguardo sfugge, le parole si bloccano. È l’esperienza di Dante con Beatrice; la stessa, più di settecento anni dopo, di Edoardo con Sofia e di Antonio con Roberta.

Certo, l’innamoramento è un passaggio. Certo, l’innamoramento può spegnersi o evolversi. Se evolve, il seme dell’innamoramento mette radici, fiorisce, porta frutto, diventa una solida pianta; diventa amore, e dura. Certo, l’innamoramento non basta: è l’inizio di un viaggio, chiede un cammino verso una meta. Eppure in questa scintilla tanto esaltata dai poeti possiamo trovare un messaggio prezioso per l’oggi: la necessità di riscoprire che le altre persone, e magari quella che ci sta accanto, sono un miracolo prezioso, che si può contemplare ogni giorno con occhi nuovi. Essere soggiogati dal fascino dell’altro non significa esserne sottomessi, ma trattenere il respiro di fronte all’incommensurabilità di ogni essere umano, alla dignità di ogni vita, perché ogni vita chiede silenzio e rispetto: scoprire questo significa prevenire ogni forma di violenza. Può insegnarcelo Dante con le sue immortali poesie. A me lo ha insegnato anche un quindicenne che ha fatto tre gol, e a mia moglie un bambino di terza elementare. Anche questi, in fondo, sono piccoli miracoli.

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