sabato 21 marzo 2015
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Maurizio Landini ha alcune buone ragioni a sostenere la necessità di un ripensamento della soggettività del sindacato e dei corpi intermedi in generale, ma sbaglia a individuare la risposta nel progetto di 'coalizione sociale' che ha cominciato a costruire.  Le ragioni stanno anzitutto nell’evoluzione che i rapporti con le rappresentanze hanno subito. Prima con la lenta decadenza della concertazione e poi con il colpo che il governo Renzi ha inferto anche al dialogo con le tradizionali rappresentanze, ridotto a mera informazione alla vigilia dell’assunzione di importanti provvedimenti e sostituito – in talune occasioni – da consultazioni online 'aperte'. Come accaduto per il varo del disegno di legge della 'buona scuola' e, prima ancora, della legge delega per il Terzo Settore, per le quali è stata sì condotta un’ampia consultazione, ma in forma più di sondaggio generale che non di ascolto mirato delle proposte di organizzazioni di settore. Così il ruolo di sindacati e associazionismo è stato ridotto a quello di comparsa in un film scritto e diretto da altri. Si è trattato, come abbiamo già scritto, della rivendicazione da parte di Matteo Renzi del 'primato' della politica, in passato messo in secondo piano, e dell’esercizio di un mandato di rappresentanza diretta che sembra non contemplare ruoli intermedi.  Il segretario della Fiom coglie, dunque, il momento di crisi di un certo modello di rappresentanza sociale. Non esattamente quello della concertazione, che proprio la Fiom ha sempre contestato e contrastato. Né quello dei corpi intermedi che, sulla base del principio di sussidiarietà, concorrono a (ben) governare la società.  Landini e la sue felpe rosse sono infatti lontane anni luce da questi modelli. Ciò che piuttosto temono, e soffrono, è l’irrilevanza politica del sindacato antagonista e di classe (ora identificata in «chi vive del proprio lavoro»). Rivendicano, insomma, spazio e ruolo per quella che per molto tempo è stata una potente 'macchina da guerra' anzitutto politica, capace di condizionare partiti di riferimento e persino avversari. In questo senso, è comprensibile che Landini intenda difendere con le unghie e con i denti la soggettività e il ruolo politico che Fiom e Cgil (oggi più accorta) hanno sempre avuto e che hanno esercitato fino all’ultimo sciopero generale dello scorso dicembre. Ecco perché oggi tenta di costruire attorno alla Fiom un 'fronte ampio' che vada dall’associazionismo ai centri sociali, da Emergency ai comitati per la casa. Un’alleanza che, però, appare del tutto impropria per un sindacato, e incerta per confini e finalità.  Se si ha in mente un modello alternativo di governo del Paese, infatti, sarebbe bene esplicitarlo in un programma politico sul quale costruire un partito alla luce del sole e distinto dal sindacato. O quantomeno un movimento riconoscibile, come ha fatto a suo tempo Beppe Grillo, accettando la sfida di misurarsi con il voto e le regole della rappresentanza democratica. Non si capirebbe invece natura e pretesa di 'un corpo intermedio dei corpi intermedi' collocato a metà tra la rappresentanza sociale diretta e quella politica dei partiti, e proteso a condizionare quest’ultima sulla base di un rapporto di forza, derivante però da un mandato improprio.  In base a quale delega, solo per fare un esempio, un’associazione che in maniera benemerita si occupa di curare i feriti nei conflitti armati parla a nome dei suoi soci e finanziatori per sostenere l’abolizione del Jobs act o la necessità di cambiare la politica monetaria europea? Alleanze eterogenee possono essere strette su specifici temi di chiara rilevanza – come ad esempio quello del contrasto alla povertà – molto difficilmente su larghe piattaforme politiche.  I corpi intermedi in realtà hanno forza e peso nella società – godendo perciò di una soggettività anche politica – quanto più esercitano il proprio compito specifico, valorizzando un apporto partecipativo. Il timore, condiviso da un po’ tutti i sindacati, di vedersi rinchiusi nel solo spazio della contrattazione non dovrebbe invece spaventare, né essere considerato una diminutio. Rappresenta semmai un’occasione per tornare alle origini e ricentrare attività ed energie anzitutto sui luoghi di lavoro, sulla contrattazione appunto e sulla costruzione 'dal basso' – non solo e non tanto ope legis – delle tutele per i lavoratori. Senza rinunciare alla proposta, senza per questo assumere una natura corporativa, ma coscienti sempre di rappresentare anzitutto i propri iscritti ed evitando l’assunzione di ruoli e rappresentanze generali improprie. Quelle che, assieme a risultati positivi, hanno causato negli ultimi decenni anche molti dei nostri ritardi e delle diseguaglianze che gravano in particolare su giovani e lavoratori non dipendenti. La Fiom, che degli ultimi quattro contratti nazionali dei metalmeccanici ne ha firmato appena uno, ha parecchio da recuperare anzitutto su questo terreno di servizio ai lavoratori.
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