giovedì 4 agosto 2011
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A volte ho come l’impressione che siano rimasti solo truccatori, parrucchieri ed estetiste a credere che il giorno del matrimonio sia il giorno che fa nuove tutte le cose. Probabilmente fa nuovo soprattutto il loro conto in banca, perché anche se vai a farti le unghie, e dici che è per il tuo matrimonio, raddoppieranno il conto e ne approfitteranno – dato che ci sono – per proporti come minimo un pacchetto di dieci sedute massaggio a una cifra esorbitante. Che diamine, non vorrai presentarti così al giorno più bello, ti squadrerà inorridita la signorina. C’è un gran daffare anche negli atelier con le poltroncine di velluto per le amiche della sposa, e poi con le liste di nozze, i viaggi, gli wedding planners (i pianificatori degli sponsali) e i fiorai: tutto per cercare disperatamente di ammantare la faccenda di un po’ di eccitazione e di emotività, per restituire quello che nella sostanza manca.Il sindaco di Forte dei Marmi, appoggiato da colleghi di località con alcuni degli scenari più suggestivi del Paese, ha chiesto nei giorni scorsi al ministro dell’Interno una riforma del Codice civile che permetta la celebrazione di matrimoni sulla spiaggia o sul pontile. «Siamo sommersi di richieste in questo senso. D’altra parte la spiaggia è la cornice più adeguata, teatro del nascere di tanti amori». Insomma, non pochi promessi sposi chiedono di approfittare della scenografia romantica, perché quello che succede in un banale locale del Comune, l’unico al momento ammesso dalla legge per i matrimoni civili, di per sé sembra non bastare. Perché, diciamo la verità, in moltissimi casi il matrimonio pare non aver più alcun senso, se non quello di dare uno scossone al rapporto. O almeno non ha più il senso di un evento spartiacque: spesso i due convivono da tempo, hanno vissuto nella libertà, e sposarsi significa poco più che scambiarsi una promessa. Si vive la sessualità con la massima libertà – e l’enorme significato che ha l’avere abbattuto ogni divieto, limite, cautela (grazie alla contraccezione di massa) non è stato neanche compreso a fondo, troppo recente il cambiamento – il divorzio è comunque sempre una possibilità, e così il matrimonio per troppi non è qualcosa che mette la sua impronta a fuoco su due anime, per tutta l’eternità.Per noi cattolici, che sappiamo di essere un groviglio di contraddizioni e di peccato, che sappiamo di non poter neanche pensare un’impresa tanto ardua se Dio non ci mette il suo sigillo, che vediamo la sua potenza fare miracoli ogni volta che gli apriamo la porta, che cadiamo appena ce ne dimentichiamo, il matrimonio da solo basta. È una bomba che deflagra nella nostra vita, che da quel giorno non sarà mai più uguale a prima. È il sacramento da celebrare e scegliere ogni volta, nella consuetudine con Dio. Allora non serve che la festa abbia gli effetti speciali, quelli sono per chi non conosce Dio.Ha senso, sì, una festa sobria con le persone vicine,  perché anche loro insieme chiedano a Dio di benedire gli sposi; tutto il resto sono particolari irrilevanti, accidenti e non sostanza, inezie che servono solo ad arricchire qualcuno e a impoverire la celebrazione. Infatti, meno significato spirituale gli danno gli sposi, più la festa è cafona, esagerata, costosa, sguaiata. «Non sarà per tutta la vita, ma, cavolo, sono i miei quindici minuti di fama, e mi devo far notare: per un giorno sono io il/la protagonista».Ho visto cose veramente inenarrabili a certe cerimonie, troupe per le riprese degne di un film di Scorsese, album fotografici che richiedono ore di posa (mentre il risotto si fredda), piedi gonfi come salsicce dopo un antipasto di due ore e scherzi esagerati. Ho visto poca preghiera, poca semplicità, poca vera gioia: non c’è niente di più triste, poi, di una allegria obbligata. Dubito che, in questi casi, celebrare sulla spiaggia possa fare qualcosa per restituire senso. L’operazione sembra romantica, ed è disperata.
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