Il male palpabile tra i nostri giovani e tutto il nuovo da fare con loro
sabato 25 giugno 2022

Gentile direttore,

i giovani stanno male! La gravità inaccettabile dei fatti di Peschiera del Garda ha messo al centro l’esplodere del disagio giovanile e un debito di ascolto nei loro confronti. I giovani escono dalla Pandemia molto provati. Emerge chiaramente che non vivono più nei luoghi dove tradizionalmente si aggregavano, a partire dalla scuola dove si è verificato un forte abbandono della frequenza. Un comportamento che si è esteso negli spazi giovanili preposti ad accoglierli per le loro attività, compresi gli oratori. Sono due le tipologie emergenti: i “visibili” e gli “invisibili”. Quelli che trovano come aggregarsi e quelli bloccati, rinchiusi in sé stessi e immersi nell’incomunicabilità. I “visibili” sentono il bisogno di avere un ruolo negativo inaccettabile ma riconoscibile nella società. Hanno bisogno di affermare la loro esistenza attraverso la violenza, l’invadenza e la distruzione, da condannare. I giovani “invisibili”, non pochi, sono rinchiusi in loro stessi, nella loro stanza, e non escono più di casa. Muti, a volte scontrosi, con i genitori, gli amici e gli insegnanti. Giovani difficili da agganciare. Entrambi i comportamenti, “visibili” e “invisibili”, denunciano un comune e diversificato disagio giovanile che, questa la novità, evidenzia la trasversalità di un problema che tocca tutte le famiglie, comprese le benestanti. È vitale far ripartire un coinvolgimento diverso delle associazioni legate al mondo dei giovani, anche degli stessi oratori. Valorizzare questi spazi non più utilizzati che vanno reinventati. C’è il bisogno di elaborare «una nuova opera educativa» (Roberta Osculati) necessaria per superare un modello, che ha funzionato per 50 anni, ma oggi insufficiente nell’intercettare i giovani. Bisogna sperimentare progetti innovativi, andare tra i giovani che si ritrovano nelle strade, nei parchetti, nelle piazze, sul muretto. E fondamentale è la costruzione di una alleanza con il sociale e il terzo settore.

Silvio Mengotto


Sono d’accordo con lei, gentile amico. C’è un assedio maligno alla speranza. Con due sottolineature. La prima è che non esistono “i giovani”, ma le diverse persone che vivono quell’età e in essa, purtroppo, per differenti motivi sperimentano disagi che sono assimilabili tra loro e che possiamo considerare generazionali. Tanti di loro sanno reagire in positivo. E questo mi porta alla seconda sottolineatura: si può fare molto “per” i ragazzi e le ragazze in una nuova opera educativa che riorganizzi e/o superi modelli e spazi fisici, associativi ed esistenziali inattuali perché inefficaci, ma ciò che conta è che “con” loro si può fare davvero tutto.

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