Il gran pericolo e ciò che salva
venerdì 7 ottobre 2022

«Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva». Sono due versi di Friedrich Hölderlin, che Martin Heidegger rimeditò nel leggere una «questione della tecnica», quella che era diventata nucleare, di cui non eravamo, e non siamo purtroppo ancora, all’altezza morale. Sono versi che ci possono aiutare a capire che solo uno sguardo franco sull’abisso, può farci scampare dal caderci dentro. L’abisso è quello che abbiamo visto a Hiroshima e Nagasaki, e oggi ci si sta aprendo davanti in Ucraina. Guardiamolo in faccia, negli scenari che ci propone.

Togliamo innanzi tutto dal campo lo scenario più pericoloso, perché più illusorio. Che in Ucraina e tramite l’Ucraina, si possa giungere a un collasso della Russia senza che questo culmini in un confronto nucleare, sia pure con atomiche 'tattiche'. Un’idiozia da propaganda bellicista dell’Impero del Bene che saremmo noi occidentali, da cui è Henry Kissinger, che un po’ ne capisce, a metterci in guardia, invitando l’Occidente ad offrire una via d’uscita a Vladimir Putin, proprio perché 'sconfitto' sul piano del confronto militare convenzionale con il fallimento della sua 'operazione speciale'. Per l’Europa e per l’Occidente, sul piano militare convenzionale, la Russia non è evidentemente una minaccia. Andare oltre è un’avventura. Una stupida partita di poker, che sarebbe già persa alla prossima mano. Consegnerebbe la Russia alla Cina, ampliando l’efficienza militare della sua proiezione imperiale.

Peggio ancora lo scenario del collasso della statualità russa, che il putinismo ha incarnato (bene o male, e più male che bene per la Russia e per il mondo) dopo il collasso dell’Urss, di cui qualche utile idiota dell’abisso blatera come obiettivo da raggiungere. La Cina arriverebbe direttamente al polo artico, e si porrebbe il problema dell’ingovernabilità dell’arsenale nucleare russo, a meno che non si immagini che una o due polizie imperiali (quella occidentale, fondamentalmente Usa, e quella cinese)

lo requisiscano dalle 'entità' che dal collasso della statualità russa nascessero, per metterlo in sicurezza, un po’ come si fece dopo la caduta dell’Urss riportando, con il consenso di tutti, nei confini e sotto il controllo della Russia tutto l’arsenale nucleare già presente nella stessa Ucraina. Sarebbe un mondo assolutamente più pericoloso di questo già pericolosissimo.

L’altro scenario, lo sdoganamento dell’uso tattico del nucleare, è una follia, che è un dovere neppure immaginare: nell’ipotesi più favorevole all’Occidente (e cioè che non sia il primo passo di uno scontro nucleare globale che sarebbe la pura annichilazione della civilizzazione umana; e poi favorevole a 'quale' Occidente?), giusta la lezione di Chernobyl, questo significherebbe l’inabitabilità dell’Europa o di un suo grosso pezzo, a cominciare dall’Ucraina contesa, in base al regime dei venti, da Mosca a Roma a Londra. Per decenni, se non per secoli. A chi conviene questo?

Sarebbe quanto meno la fine dell’Europa conosciuta, imbottita di pasticche di iodio per il suo 'futuro' (quale?).

Da tutto questo discende una sola cosa: non per amore di pace, che pure sarebbe la via maestra del futuro se questo pianeta lo vuole avere, ma per puro interesse 'esistenziale' dei loro popoli, Europa e Russia si devono 'dichiarare pace'. E Usa e Cina, come su queste pagine è stato più volte scritto, se hanno a cuore il mondo e non un impossibile primato imperiale unilaterale – oggi più degli Usa, domani magari più della Cina – devono costringere Ucraina e Russia a far tacere le armi in Donbass, e a trovare una soluzione, che potrebbe passare per una garanzia europea sullo status dei territori contesi, facendone spole sul telaio del continente in una ritessitura dell’«Europa dall’Atlantico agli Urali».

Dopo il nostro Vecchio Continente, se l’escalation non si fermasse, potrebbe esserci ancora tempo e “storia” per un altro abisso, che si aprirebbe sul Pacifico. Guardiamo in faccia la realtà. Basta con le stupidità delle cancellerie imperiali e con la dimensione più diabolica della loro azione: la stupidità. E a discendere, nella cacofonia del dibattito pubblico, basta con l’aggressivo opinionismo della stupidità bellicista. Si faccia sentire la gente vera: quella che ragiona e che ha cuore.

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