venerdì 9 settembre 2016
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Siamo uomini o caporali? La guerra, come sfida estrema e terribile ai valori della vita, comporta scelte decisive e improrogabili. La frase resa celebre da Totò ci pone di fronte alle nostre responsabilità nei confronti del dolore, della devastazione, della morte: o ci riappropriamo della nostra umanità a servizio degli altri, oppure finiremo per rinchiuderci nel nostro egoismo e interesse individuale, contro tutto e contro tutti. Ed è per questo che anche il cinema, riflettendo su guerre che sembrano antiche, lancia messaggi decisivi e spunti di riflessione tristemente calzanti con le guerre di oggi. Così lontane, così vicine, tanto per citare Wim Wenders. E così sul “red carpet” della 73esima Mostra del Cinema di Venezia capita di inciampare in domande senza tempo, come senza tempo sono, ahinoi, i conflitti sotto questo cielo. Dai tempi di Caino e Abele, fratello contro fratello. Ed è proprio una immagine del fratricidio “fondante” della storia dell’uomo che comporta la conversione del cuore del giovanissimo Desmond Doss, il primo obiettore di coscienza a essere stato decorato della medaglia del Congresso Usa. Durante la sanguinosa battaglia di Okinawa, nella seconda guerra mondiale, salvò 75 commilitoni feriti da solo e senza sparare un colpo. Al Lido Mel Gibson ha raccontato nel suo dolente, sanguinoso e toccante Hacksaw Ridge la storia vera del soldato semplice Doss, che ha il volto pulito di Andrew Garfield, già protagonista di Spiderman. I veri supereroi sono le persone comuni, come Desmond, la cui fede – era un cristiano avventista – gli impedisce di toccare le armi. Eppure vuole servire il suo Paese salvando le vite dei suoi fratelli. Superando le angherie di commilitoni e superiori, sino alla corte marziale, riuscirà a indossare la divisa come “soccorritore” senza portare armi, forte della Costituzione degli Stati Uniti d’America che prevede e tutela l’obiezione di coscienza. «Doss va alla guerra armato solo della sua fede, ma è una fede capace di smuovere le montagne», ha spiegato a Venezia Gibson, l’autore de la Passione di Cristo. E di Cristo Desmond mette in pratica (dichiarandolo apertamente) il comandamento «Ama il prossimo tuo come te stesso», affrontando l’inferno in terra, fatto di assalti alla baionetta, lanciafiamme che bruciano i vivi, esplosioni che frantumano corpi, topi che rosicchiano volti di cadaveri. Gibson non ci risparmia nulla dell’orrore, per dare ancora più senso al coraggio di un ragazzo di 20 anni, armato solo di bende, lacci emostatici e morfina, che si affanna a soccorrere tutti, commilitoni e nemici, a rischio della vita. «Signore, fammene trovare ancora uno...Ancora uno, Signore…», ripete per una intera lunga notte come sgranando un rosario. La debolezza, si trasforma in forza. Così come la forza, può trasformarsi in debolezza. È il caso di Adrien, 24 anni, un soldato francese della prima guerra mondiale con un rimorso senza fine, al centro del raffinato bianco e nero di Francois Ozon Frantz (in concorso a Venezia), ispirato al film di Ernst Lubitsch Ho ucciso un uomo. Adrien il fucile lo ha imbracciato contro i tedeschi. Ma sparare a un nemico, significa spegnere una vita e devastare quella di chi lo ama. L’unica strada per riavere un futuro è il perdono. Il futuro degli altri, dipende da noi, anche quando si decide di non intervenire a difesa della giustizia e della libertà e si gira la testa dall’altra parte. La questione è complessa, dolorosa spesso non univoca. Sembra scegliere di farsi i fatti suoi nell’Italia allo sbando dell’8 settembre 1943, il sottotenente Alberto Innocenzi, un Alberto Sordi in stato di grazia. Tutti a casa, capolavoro di Comencini del 1960, restaurato in 4k recuperando 6 minuti tagliati, ha riportato al Lido il nostro “come eravamo”, che il rispecchia il “come è” di tanti luoghi del mondo oggi. Questa “armata Brancaleone” ante litteram di militari senza ordini, con l’unico obiettivo di tornarsene alle proprie famiglie, attraversa un’Italia in ginocchio. Con un brivido le macerie di Napoli bombardata ricordano quelle di Aleppo, l’assalto delle mamme affamate al camioncino della farina, la disperazione di tanti rifugiati. In quella disfatta, non vincerà però il disfattismo. Il soldato Codegoni, un contadino, darà la vita per salvare una ragazza ebrea. E Innocenzi, davanti all’amico Ceccarelli ferito a morte dai nazisti, non potrà più stare a guardare e si unirà ai partigiani per partecipare alla Guerra di Liberazione. Forse il soldato Doss, l’uomo che vestì la divisa rinunciando totalmente alle armi, commenterebbe: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».
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