Il cavallo-biblioteca e le sue ali di ragazzini
venerdì 14 luglio 2017

È un piacere leggere, di pomeriggio o di sera, le anticipazioni dei giornali del giorno dopo: si trovano articoli curiosi, commoventi, emozionanti, in stesura provvisoria, ed è un dispiacere, la mattina dopo, non trovare qualcuno di questi articoli nel giornale stampato su carta: è stato escluso, e non sarà più recuperato. Resterà dentro di te che l’hai letto. Ma non entrerà nella memoria e nella coscienza dei tuoi fratelli, che come te leggono i giornali, e magari lo stesso giornale.

Per il popolo dei lettori, la lettura dei giornali, al mattino, è una comunione: unifica i cervelli e le coscienze. Però ecco, se tu sei turbato o commosso da una notizia che gli altri non conoscono, non sei in comunione, in comunione, con nessuno. E provi dispiacere. La notizia che ho visto online viene dall’Indonesia, l’Indonesia profonda, dei villaggi sperduti, ai bordi dei boschi, con strade in terra o in erba. Nel video si vede un cavallo che avanza per un sentiero, tra due ali di ragazzini in festa, guidato da un conducente giovanissimo, un ragazzo. Il cavallo ha due borse che gli pendono dalla groppa, una a destra e una a sinistra. Più che borse, sono ceste. Che cos’è quest’animale da trasporto, che lavoro svolge, che utilità ha?

Ecco la notizia: è una biblioteca. Una biblioteca ambulante. Per bambini. Passa per le strade isolate, i bambini accorrono saltellando, pescano nelle borse, tirano fuori un libro, lo aprono immediatamente a metà, e guardano, con occhi e bocche spalancate. Questo gesto di aprire un libro a metà m’ha stupito. I ragazzi d’Occidente non fanno così. Un libro lo aprono sul frontespizio, per vedere autore e titolo. I bambini dell’Indonesia vogliono vedere subito qualche personaggio, qualche scena, qualche pezzo della storia. Un libro viene aperto di fronte alla telecamera, possiamo vederlo anche noi, spiarci dentro. Ci spio.

È illustratissimo, molte figure e poche righe, evidentemente il piccolo lettore legge, ma soprattutto guarda. A occhio e croce, il cavallo trasporta una cinquantina di libri nella borsa di destra e altrettanti in quella di sinistra. Fa il giro della case-capanne per distribuire gratis un centinaio di libri, e così fa felici cento bambini. In età elementare. Una grande idea, un servizio umile e altissimo: non so molto dell’Indonesia, non so se la sua crescita sia in espansione o sia regresso, ma se è incagliata, sono i servizi come questo che la sbloccano; se è in espansione, la accelerano. È la prima 'biblioteca a cavallo'che vedo.

Dopo la sconfitta dei tedeschi a Jena contro i francesi, Hegel annotò l’entrata di Napoleone vittorioso nella città con queste parole: «Ho visto entrare la Storia a cavallo». In effetti, la vittoria era stata travolgente e la tattica geniale: l’esercito prussiano fu disgregato. Guardo queste due ceste piene di libri che avanzano ballonzolando nei sentieri erbosi dell’Indonesia e penso: «Vedo i libri entrare nelle terre analfabete a cavallo». Non oso fare un paragone tra Hegel e me o tra Napoleone e questo ragazzo che guida il cavallo, ma tra l’entrata in Prussia della Storia a cavallo e l’entrata nella campagna d’Indonesia della biblioteca a cavallo, questa seconda mi pare carica di benefìci non come la prima, ma anche di più.

Ai tempi della repressione sovietica in Cecoslovacchia ho visto a Praga arrivare in Piazza San Venceslao un carretto, trainato non da un cavallo, ma da un padre e un figlio, che al centro della piazza si fermarono e tirarono giù le sponde: il carro era pieno di libri da vendere, libri occidentali, di noi scrittori dell’Ovest, sulla nostra vita. La folla si accalcò. Mezz'ora, tutto venduto. Una libreria mobile. Che idea geniale, generosa, eroica! Ieri la mia prima nipotina ha preso la Maturità, col massimo dei voti. Ha 18 anni. Quando ne aveva 3, aveva nella mia biblioteca un angoletto suo, con i suoi libri.

Entrava, ne prendeva uno, sempre lo stesso, e mi ordinava:'’’ Esi mio ’ibo'. Io mi scansavo, perché odiavo quel libro, un’insulsaggine su un coniglio affamato che divora una carota. Ma lei insisteva: '’ Esi mio ’ibo, dài!'. Leggevo, e lei controllava la corrispondenza tra le parole che io pronunciavo e i segni grafici stampati sulla pagina. Era incantata. Scopriva la scrittura. Ufficialmente ha preso la Maturità ieri, ma in realtà ha cominciato a prenderla a tre anni.

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