sabato 29 novembre 2014
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Nella terra al confine dei più gravi conflitti armati, e delle persecuzioni più aspre, degli ultimi decenni, papa Francesco ha portato la voce del successore di Pietro, invocando la pace e il dialogo tra le religioni come strumenti indispensabili per far rifiorire l’amicizia tra i popoli, per diventare segni di pace. Il quadro storico e politico che Francesco ha tracciato della regione mediorientale è insieme aspro e realistico, ma ricco di speranza; i suoi appelli, rivolti al presidente della Turchia Erdogan, alle autorità civili e religiose, parlano delle emergenze che sono vissute con paura e angoscia dalle popolazioni; delle possibilità di superarle con mezzi efficaci, la volontà di pace, i valori della religione che portano alla fraternità, possono porre fine alle tragedie che da anni si abbattono su innocenti e inermi.«Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente a causa della mancanza di pace?», ha chiesto il Papa. E ancora per quanto il mondo sarà testimone di conflitti, anche religiosi, fomentati da una violenza terroristica che non accenna a placarsi? Francesco ha denunciato «la violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei prigionieri e di interi gruppi etnici». Ha ricordato con accenti accorati le «persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente – ma non solo –, i cristiani e gli yazidi». E ha voluto riproporre anche alle autorità religiose la sua angoscia per le sofferenze di chi non ha colpa: «penso a tanti bambini, alle sofferenze di tante mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo». Ha richiamato con nettezza il fatto che «soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista» tantissimi «sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede».Il Papa non ha taciuto nulla dell’emergenza della guerra che tutto distrugge e nulla salva, colpendo una umanità dolente che chiede aiuto, attende soccorso, e spesso è lasciata sola. E ha parlato dell’emergenza della libertà religiosa che, nel medio Oriente e in altre parti della terra, vede la storia tornare indietro di secoli, conosce l’esplosione di volontà persecutorie che si pensava appartenere al passato e invece colpiscono i più deboli fino al ricatto della vita per ottenere l’abiura della fede. Ma Francesco ha voluto portare la voce della Chiesa per una speranza di pace, tra i popoli e le religioni, che oggi può sembrare debole. Non è così, ha detto il Papa, i musulmani, gli ebrei, i cristiani, possono fare molto perché torni la pace, possono unirsi e opporre al fanatismo e al fondamentalismo la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa.

 

Ha riconosciuto, il Papa, lo sforzo della Turchia nell’accoglienza di tanti profughi che vengono dai territori della guerra, affermando l’«obbligo» della comunità internazionale di non lasciarla sola, di aiutarla nel prendersi cura di chi ha perso tutto, di intervenire contro l’aggressore ingiusto nel rispetto del diritto delle genti. Ma ha richiamato la condizione basilare, per l’intera Regione compresa la Turchia, perché riprenda il cammino verso società libere e pacifiche, cioè «che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva situazione – godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri».Con queste parole il Papa guarda in profondità ai problemi delle terre nelle quali si è recato, sulle orme dell’apostolo Paolo, che le percorse con il suo insegnamento, e delle prime memorie cristiane. Qui, come altrove, si deve superare la tragedia di guerre terribili, ma si deve anche costruire un ordine di libertà civile e religiosa, vero, effettivo, non fondato su eguaglianze formali che nascondono egemonie pesanti di gruppi etnici o religiosi su altri. Nell’intervista ad "Avvenire" pubblicata di ieri, il patriarca Bartolomeo I ha dichiarato di attendere papa Francesco con quella confidenza reciproca che è cresciuta tra Roma e Costantinopoli, per andare verso l’unità delle Chiese, le quali di recente hanno di nuovo versato e mescolato il sangue nelle più dure persecuzioni. Ha aggiunto che il cammino per una libertà religiosa autentica nella Regione è ancora lungo e, nonostante i passi in avanti compiuti anche in Turchia, non ha portato ancora a un rapporto i fiducia e di vera libertà di tutti i credenti. L’incontro tra Papa Francesco e Bartolomeo I costituirà un evento religioso intimo e strategico per il cristianesimo e per le popolazioni che soffrono nei Paesi del Medio Oriente.

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