I fuochi di una strana estate
sabato 18 settembre 2021

È un’estate strana questa che sta finendo e ci ha consegnato un’alternanza di eventi fortemente contrastanti. Con quelli più positivi abbiamo per un attimo rimosso la durezza del periodo della pandemia e ci siamo cullati nella favola sportiva degli Europei di calcio e delle medaglie olimpiche e paralimpiche che ci hanno dato l’illusione di vivere in un modo ideale dove il conflitto tra popoli e Paesi si trasforma in gioco leale e gara sportiva rispettosa delle regole.

Nell’antichità durante le Olimpiadi si sospendevano le guerre. Che però non sparivano per miracolo, ma tornavano subito dopo.
Il ritorno dei taleban in Afghanistan, le scene terribili di disperazione e morte all’aeroporto di Kabul ci hanno risvegliato bruscamente e ci hanno riportato alla realtà dei fatti. Non ci può essere nulla di più stridente per un Paese come il nostro che ha riscoperto, per gran parte degli italiani, la pace di qualche giorno di villeggiatura in belle località con eventi che sembrano venire da un’altra epoca. Le comunità umane possono convergere a equilibri multipli abissalmente distanti tra di loro a seconda della prevalenza di elementi di pace, solidarietà, progresso civile oppure di violenza, conflitti, radicalismi e divisioni.

Non c’è solo l’Afghanistan purtroppo sul piatto negativo della bilancia. Immensi e devastanti incendi ci hanno ricordano che l’incredibile bellezza del nostro Paese è un tesoro fragilissimo da preservare. L’orologio dell’emergenza climatica continua, intanto, ad andare avanti mandandoci continuamente segnali e spingendo, nonostante calcoli e inerzie di vecchie e nuove 'potenze', per un urgente ed efficace intervento.
Meno visibili agli occhi dei media restano ai nostri confini storie terribili e dimenticate come i navigli di richiedenti asilo che arrivano sulle nostre coste e quelli che non arrivano e vengono risucchiati in mare o nelle carceri libiche. E la situazione è ancora più nera di zone del mondo come Haiti dove un nuovo terremoto, miseria e criminalità sembrano precipitare il Paese in un buco nero.

Varrebbe intanto la pena che tutti noi come italiani riflettendo su questi drammi diventassimo consapevoli delle conquiste di civiltà maturate attraverso la storia e i sacrifici di generazioni, di cui godiamo e che diamo troppo spesso per scontate. Nessuna di queste conquiste è irreversibile e per sempre. Dobbiamo piuttosto riconfermarle giorno per giorno di fronte a tanti problemi e minacce che si frappongono sul cammino. Quando parliamo di economia, di coesione sociale, di transizione giusta stiamo in realtà lavorando per fare ulteriori progressi e consolidare quelle conquiste. Che sono sorrette a livello istituzionale dalla realtà di una democrazia parlamentare, da un governo nazionale che ha il monopolio della forza (mai accaduto questo in Afghanistan) e, a livello di società civile, da fiducia e meritevolezza di fiducia, cooperazione, senso civico, ricchezza del nostro tessuto di organizzazioni sociali che trova le sue radici nelle culture cattolica, socialista e liberale e si è a lungo tradotto, e si deve ancora tradurre, in guardia alta contro corruzione e infiltrazioni criminali.

È molto bello che l’immagine dell’Italia in Afghanistan, grazie agli uomini in divisa e alle organizzazioni non governative – le tanto ingiustamente vituperate Ong – sia anche quella di chi costruisce e sostiene scuole e agevola la realizzazione di ospedali per curare tutti i feriti senza distinzione di credo politico o di chi aiuta i feriti dalle mine antiuomo a camminare di nuovo. O anche quella del contingente di pace italiano a Herat che si sforzava di collaborare a progetti di emancipazione sociale, culturale ed economica sul territorio.

Questo slancio e questa generosità sociale che sono il collante che ora dobbiamo applicare alle nuove sfide che abbiamo davanti: una transizione ecologica equa, un’accoglienza intelligente con flussi migratori che aiutino a coprire i buchi dei moltissimi posti di lavoro vacanti, assieme a un programma forte – anche con la riforma, non la cancellazione, del Reddito di cittadinanza – per affrontare la piaga dei Neet, ovvero degli oltre due milioni di giovani che nel nostro Paese non lavorano né studiano. Dopo i grandi esempi di squadra e di disciplina individuale dei nostri atleti e dopo l’abisso che abbiamo visto spalancarsi in altre aree del pianeta abbiamo il dovere di procedere compatti e di non cercare inutili protagonismi sostenendo idee strampalate, contro la solidarietà.

Una campagna vaccinale anti-Covid proseguita con decisione con le opportune novità legate al Green pass – e questo il premier Draghi ha annunciato – potrà dare supporto e slancio, senza nuove sorprese negative, a una ripresa che anche in Italia appare robusta nell’allineamento di diversi fattori positivi. E così può fare una leadership solida e riconosciuta a livello internazionale, capace di aggredire alcuni problemi strutturali del Paese e di ben indirizzare le risorse del Pnrr. E così un’Unione Europea che ha messo al centro del proprio progetto politiche fiscali e monetarie espansive e transizione ecologica. La voglia di tornare a vivere, le politiche di contrasto alla pandemia che, nonostante inevitabili limiti, hanno protetto dallo choc una parte importante della popolazione e, infine, la lezione della pandemia sulle diverse modalità (e gradazioni possibili) di lavoro a distanza e in presenza, daranno uno spinta alla produttività, aumentando la nostra capacità di conciliare vita di lavoro e di relazioni. L’unico modo per non tornare indietro è andare avanti. Non dimentichiamo la lezione delle generazioni passate che hanno costruito un grande Paese, non ignoriamo i moniti di quanto accade attorno a noi e seguiamo l’unica via sensata per continuare il cammino del progresso civile. Quella via di unità nazionale che – dalla nascita della Costituzione alla lotta al terrorismo – ha segnato i nostri momenti migliori.

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