domenica 24 aprile 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Gentile direttore, ho visto il film di Nanni Moretti come credente nel messaggio di Gesù Cristo e non con occhi di chi deve a tutti i costi difendere una posizione, ma piuttosto di persona consapevole che chiunque, attraverso il dialogo, può aiutarmi a meglio comprendermi. È vero, ci sono visioni oniriche nel film, di tipo felliniano (il torneo di pallavolo in Vaticano, ad esempio) che aiutano a favorire una riflessione implicita sull’umanità del successore di Cristo.Quest’ultimo visse il dubbio, ma la Chiesa nega questa possibilità a se stessa e ancor di più al Pontefice attraverso il dogma dell’infallibilità del Papa. Invece, la società civile e credente è disposta e vorrebbe sentire le parole di un Santo Padre così come incarnato nel film di Moretti. Un Papa che è umano perché va in mezzo alla gente, in incognito, spoglio della sua autorità, con autorevolezza e fede, sempre presente nel film. Un Papa, dicevo, che viaggia in pullman e trova nell’omelia di un giovane e umile sacerdote stimoli alla riflessione, all’ispirazione e al coraggio. Se ci sono in Occidente tante chiese vuote, come lamenta il Papa in questi giorni, le ragioni ci saranno. Una mi sembra quella di una Chiesa che non vuole o non può vedere con occhi veramente umani i drammi dell’uomo moderno.Un uomo che chiede, prima ancora che Magistero, empatia. Sincera, piena, assoluta, e in questo caso, scevra da ogni dubbio. Auguri di una Santa Pasqua di Risurrezione a tutti noi, nella lettera dello spirito evangelico.

Michelangelo Conoscenti, Torino

Ieri notte, caro professor Conoscenti, le chiese d’Italia sono state piene. E c’è anche una corrente in piena di vita e di fede, che scorre, e non si vede, nelle vene delle pur stanche e scristianizzate società d’Europa e d’Occidente. Stiamo provando a raccontarlo, e torneremo a farlo, sulle pagine di questo nostro giornale. Non lo dico per consolarmi o illudermi di qualcosa, ma perché è vero. E molti non se ne rendono conto, restando soli con la malinconia di un tramonto senza luce. Io sono umbro, figlio di una terra dai tramonti speciali, gloriosi come possono esserlo spettacoli che costano solo il prezzo umile di uno sguardo. Nella mia Assisi, ho imparato che nessun tramonto è mai la morte della luce, ma è il compimento di un ciclo luminoso ed è l’inizio di una attesa. Le dico questo, perché sento che nelle sue parole c’è più attesa che tristezza, e – a mio modo, da uomo di speranza quale cerco di essere – vorrei condividere l’una e cercare almeno un po’ di illuminare l’altra. Chiedendo aiuto a Papa Benedetto.Vede, gentile amico, dalla sua sensibile, accorata e colta lettura del film di Moretti e della realtà della Chiesa emerge – temo – un “meno” di fiducia nella saggezza e della liberante verità di cui la Chiesa stessa è depositaria e che offre all’umanità con i suoi atti magisteriali, che non sono un’alternativa, o addirittura il contrario, rispetto all’amore – quello che lei chiama “empatia” – ma ne sono strumenti. Anche il ruolo del Papa, che lei tratteggia, e invoca diverso, meriterebbe di essere guardato e compreso senza lenti appannate dall’abitudine (e, magari, da qualche stereotipo). In “Luce del mondo”, il libro-intervista che Benedetto XVI ha realizzato con Peter Seewald, viene ricordata una riflessione dell’allora arcivescovo di Monaco. Joseph Ratzinger affermò una cosa che le dovrebbe piacere molto, caro professore, e cioè che un Papa dovrebbe «considerarsi e comportarsi come il più piccolo degli uomini». Spalle, testa e cuore di piccolo uomo per un compito sovrumano. Le due dimensioni che, nel film “Habemus Papam”, l’eletto di Moretti non riesce a coniugare. Ma Benedetto XVI – che non avrebbe voluto essere chiamato al soglio di Pietro, e l’ha detto e spiegato molte volte – ha saputo chinarsi e rialzarsi carico di questo compito. Accettando nella sua stessa vita il fatto, è concetto suo, che il «luogo autentico del Vicarius Christi è la Croce». Ed è ancora lui, poi, a ricordarci che il Papa, come e più di ogni altro cristiano, «deve essere cosciente che la sua testimonianza possa divenire scandalo, che non venga accettata e che quindi egli si trovi costretto nella condizione (…) di Cristo sofferente».Si tratta, come vede pur in questa rapida sintesi, di una riflessione e di un “senso” articolati e potenti, che forse Moretti non conosce o che forse non ha trovato interessanti, ma che avrebbero potuto essergli molto utili... (Ma sarebbe stato un altro film, non una “laica” – ad ambientazione cattolica – parabola sulle fragilità).Per me utili lo sono, spero che lo siano anche per lei, gentile professore. Come spero l’aiuti a comprendere meglio l’«infallibilità» papale (che lei richiama, come una condizione non di servizio, ma – mi scusi se forzo le sue parole e il suo pensiero – di potenza e di “lontananza” dalla fallibile vita vera del cristiano comune) ciò che Papa Benedetto spiega ancora in “Luce nel Mondo”: «Normalmente il Vescovo di Roma si comporta come qualunque altro vescovo che professa la propria fede, la annuncia ed è fedele alla Chiesa. Solo in determinate condizioni, quando la tradizione è chiara ed egli sa che non agisce arbitrariamente, allora il Papa può dire: “Questa determinata cosa è fede della Chiesa e la negazione di essa non è fede della Chiesa”».A questo proposito, mi verrebbe da chiederle se non ha colto e apprezzato pure lei, che è docente universitario, come gli straordinari libri su Gesù di Nazaret, siano stati offerti da Papa Ratzinger al «dibattito» e non annunciati ex cathedra…Quanto ai drammi dell’uomo, per riconoscerli, comprenderli e assumerli, purtroppo non basta uno sguardo come per i tramonti. Ma la Chiesa cattolica, ogni giorno, grazie a Dio e agli uomini – consacrati e laici – moltiplica quello sguardo. Una dedizione non esente da errori e da vuoti (tanto che s’è imposto il tema della ri-evangelizzazione), ma non possiamo sempre pensare che la Chiesa sia chiamata a misurarsi solo coi «dubbi» d’Occidente. Dovremmo sempre ricordare che accanto ai duecentotrenta milioni di cattolici d’Europa, ce n’è un miliardo che vive nel resto del mondo e spesso soffre a causa della fede di cui il Papa è custode e voce, necessariamente alta e visibile come la lampada del Vangelo. E ancora dovremmo ricordare, come dice ancora Benedetto XVI, citando sant’Agostino, che «molti che sembrano stare dentro, sono fuori; e molti che sembrano stare fuori, sono dentro». Auguri di buona Pasqua di Risurrezione a lei e a tutti gli amici lettori.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI