I danni della falsa sicurezza e della logica emergenziale
mercoledì 12 febbraio 2020

Un primo segnale, non ancora una vera ridiscussione del sistema di accoglienza di profughi e immigrati dopo il grave strappo della gestione Salvini. La recente circolare del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, sui costi dei centri di accoglienza per richiedenti asilo, resta ispirata dall’emergenza (vera, presunta o temuta) piuttosto che da scelte lungimirante integrazione.

Perché non saranno quei pochi euro in più concessi a invertire la rotta sbagliata presa col cosiddetto primo decreto sicurezza e col decreto ministeriale che ha drasticamente peggiorato il sistema di accoglienza. Solo un passo, speriamo il primo di una nuova rotta. Su queste pagine sono stati documentati a fondo i guasti e l’insicurezza provocati da provvedimenti che stravolgevano il sistema. «I tagli previsti dalle nuove linee guida riguardano infatti esclusivamente costi legati all’erogazione di servizi di integrazione, garantiti con l’impiego di figure professionali specializzate», annotavamo il 7 novembre 2018. E Simone Andreotti, presidente della cooperativa In-Migrazione, grandi esperti di seria accoglienza e di percorsi di inclusione, aveva avvertito: «In presenza di nuovi bandi pubblici con pro die pro capite tagliati, molti gestori privati che lavorano sulla qualità e su centri con piccoli numeri potrebbero non poter partecipare e chiudere ».

È accaduto. Già a fine 2018, numeri alla mano, emergeva con chiarezza che perfino l’assistenza sanitaria e la 'guardianìa' sarebbero risultati insufficienti. Proprio quello di cui parla la circolare. Bisogna però rendersi conto che il sistema di prima accoglienza non ha mai funzionato bene perché è sempre stato improntato all’emergenza. Anche la nuova circolare sembra ancora una volta cercare soprattutto 'posti', sotto la pressione dei bandi che vanno deserti e per timore di nuovi arrivi a causa della guerra in Libia. Un combinato disposto che da mesi preoccupa i prefetti. Perché se i 'posti' non si trovano, basta un piccolo aumento di approdi ed è subito 'crisi'.

Il Viminale poteva imboccare due strade: prevedere, con decreto ministeriale, un capitolato per i servizi di accoglienza diverso da quello fatto confezionare da Salvini e rivitalizzare la rete Sprar (oggi Siproimi), un modello che ancora funziona, pur se con crescente difficoltà. È una delle indicazioni del mondo dell’accoglienza cattolico e laico - e comporta quelle modifiche al 'decreto sicurezza' da tempo evocate dal ministro Luciana Lamorgese. La rivalorizzazione degli Sprar metterebbe in campo posti adeguati, per numero e qualità. Si è puntato sui piccoli correttivi. E si continuano a correre rischi. Il cosiddetto decreto sicurezza e il capitolato Salvini hanno penalizzato l’accoglienza diffusa, di qualità e dei piccoli centri. Gli attuali aggiustamenti non cambiano il quadro e potrebbero favorire chi ragiona solo in termini economici.

Un segnale negativo viene pure dalla giustificazione dell’aumento della cifra assegnata con il fatto che in Italia il costo della vita non è uguale dappertutto e quindi il precedente taglio tassativo può essere diversificato. La circolare fa l’esempio dell’affitto. Dice, in sostanza, 'dove la vita costa di più, tu puoi mettere una base d’asta più alta'. Non dice che i fondi sono pochi perché non permettono servizi utili e di qualità, motivo per cui associazioni e cooperative non partecipavano più ai bandi. La Caritas, per esempio, ha rinunciato non perché 'non ci guadagna abbastanza', ma perché non si possono assumere persone e perseguire progetti seri: non ci sono lo psicologo, gli animatori culturali, gli insegnanti di italiano, gli operatori sociali... Il Ministero, a oggi, non dice 'rimetti queste figure' ma dà solo un po’ più di soldi. E questo andava fatto, ma non comporta automaticamente un miglioramento dei servizi.

È un richiamo, invece, per chi segue una mera logica di profitto. Che messaggio è per quanti, con sacrificio, hanno continuato a fornire preziosi servizi di integrazione a spese proprie? Si pensi, per esempio, alla realtà della cooperativa Diaconia della diocesi di Frosinone. Infine, bisogna tornare sul tema dell’assistenza sanitaria e della 'guardianìa', per i quali la circolare autorizza chi ha vinto il bando a fare affidamenti diretti aggiuntivi. Non si tratta di servizi per l’inclusione, ma di interventi nella logica dell’immigrato 'sporco e cattivo'. Con un ulteriore rischio. Una cosa è assumere personale, altra è affidare esternamente il servizio, magari a una società privata di vigilanza.

Le persone richiedenti asilo restano senza far niente, ma con un guardiano in più. Una risposta di ordine pubblico, non di inclusione. Se non si andasse oltre, sarebbe un nuovo assist ai propagandisti del 'noi' contro 'loro', a chi accusa il governo soltanto di 'riaprire il portafogli'. Le intenzioni del ministro Lamorgese sono certamente altre, come più volte lei stessa ha spiegato. Per questo servono passi più decisi fuori dalla logica e dalla retorica cattivista e dello sgoverno del complesso fenomeno migratorio.

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