Homo viator, ma con questi treni è davvero una fatica
giovedì 1 dicembre 2016

Homo viator. Si viaggia, ci si sposta, si macinano chilometri. Per i più diversi motivi. È giusto e conveniente che le ferrovie si attrezzino per rendere il viaggio meno faticoso, più veloce, più confortevole. L’alta velocità ha accorciato le distanze tra una città e l’ altra. Le carrozze, silenziose, climatizzate, accoglienti; i servizi ottimi; il personale educato, cordiale, disponibile; i posti numerati invogliano a viaggiare. Purtroppo i prezzi non consentono a tutti di poterne godere.

Per tanti l’alta velocità, e le relative comodità, restano un miraggio che non possono permettersi e continuano a spostarsi come possono. Non tutti vivono nelle grandi città. Accade allora che, dopo essere sceso dall’elegante treno veloce, devi saltare su un treno regionale per arrivare a casa. In genere il treno è affollatissimo. La gente, in piedi, viene pigiata e pigia per fare posto a chi continua ad arrivare. Troppe persone per uno spazio che ne conterrebbe la metà. Si capisce subito che la linea non è servita bene.

Se “ Cristo si è fermato a Eboli”, penso, i treni veloci si sono fermati a Napoli, qualcuno a Salerno. I cilentani, i lucani, i siciliani provenienti dal Nord Italia o dai Paesi europei giunti a Napoli debbono continuare con altri mezzi. Con tutte le difficoltà facilmente immaginabili. Anche da questo punto di vista il sud continua a rimanere indietro.

Mi accade spesso di servirmi dei treni regionali. Mercoledì, di ritorno da Bologna, alla stazione di Napoli salgo sul regionale che mi riporta a casa. Passano dieci, venti, trenta minuti, ma il convoglio non si muove. I passeggeri iniziano a protestare, a chiedersi il motivo del ritardo. Il controllore, imbarazzato, non è in grado di dare spiegazioni. Sembra che ci sia un problema sulla linea. L’ altoparlante interno inizia a scricchiolare. La voce metallica ci ricorda che “ i signori viaggiatori sono pregati di portare con sé il biglietto anche quando si recano nella toilette”. Capisco. Il tempo passa ancora.

La gente, esasperata, scende. Il capotreno rassicura che il problema è stato risolto e che presto si riparte. L’ altoparlante esterno intanto informa che, da un altro binario, è in partenza un altro treno regionale. Che facciamo? Corriamo a prenderlo? Il capotreno ci consiglia di no, il nostro partirà per primo. Gli crediamo. Rimaniamo, mentre da lontano vediamo partire l’altro semivuoto. La gente si arrabbia con il capotreno. Il poverino si scusa e, davanti a tutti, chiama la direzione. A sua volta inveisce con chi sta all’altro capo del telefono. Lo offende. Gli grida di non essere all’altezza del compito che svolge. Parole come: « Ma chi ti ha insegnato questo mestiere?» o qualcosa di simile.

L’ altoparlante, intanto, annuncia la partenza di un altro treno regionale. Che dobbiamo fare? Si può sapere? Stavolta Il capotreno ci consiglia di saltare su quello. Mentre ci spostiamo vediamo il “ nostro” treno che lascia la stazione.

È passata un’ora. Nessuno è stato in grado di dare una sola informazione certa. Nessuno ha sentito il bisogno di scusarsi con i passeggeri. Niente di niente. Guardo la gente arrabbiata che nessuno ascolta. Mi fa una grande tenerezza. Lo stato di abbandono dei treni regionali mi addolora. A farmi paura, però, è la scarsissima capacità di comunicazione che c’è stata tra la sala di regia e il capotreno.

Il pensiero, come un fulmine, corre al terribile incidente avvenuto in Puglia pochi mesi fa. Sui treni regionali viaggiano centinaia di migliaia di persone ogni giorno. Studenti, lavoratori precari, immigrati, poveri. Nessuno si sognerebbe di fare un dramma per un’ora di ritardo o per una corsa soppressa. Mai però deve accadere che le informazioni tra capotreno e sala di regia siano fraintese con tanta facilità mettendo a repentaglio la vita delle persone. Bisogna correre ai ripari. Subito. Il pressapochismo, la superficialità, le omissioni non sono mai tollerate, ma negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie sono scandalosamente impensabili. J’ accuse! A nome di tutte le persone che mercoledì, alla stazione di Napoli, dalle ferrovie dello Stato sono state umiliate e bistrattate.

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