Gridare dal "tetto" in tv con umiltà umanità e fede
martedì 8 febbraio 2022

Un esperto di tetti, questo dev’essere il cristiano. Dai tetti, infatti, si proclama il Vangelo, perché giunga ai vicini e ai lontani. E ci sono tetti di case basse, facilmente raggiungibili e tetti di grattacieli altissimi, sotto ai quali vivono centinaia di famiglie. Anche a quelle altezze da capogiro deve avere il coraggio di arrampicarsi, il cristiano. Tetti, chiese, giornali, libri, televisioni, o barche su un piccolo lago. Tutto fa da pulpito quando l’intenzione è pura.

Quando a cuore di chi parla ci sono l’uomo e la donna, la loro vita, il loro benessere, la loro salvezza eterna. Papa Francesco, domenica sera, ancora una volta, ha dato a tutti – laici e consacrati, credenti e non credenti – un grande esempio di umiltà, di umanità, di profonda fede. Il Papa è entrato nelle nostre case in punta di piedi, senza pompa, senza retorica. Si è sottoposto serenamente alle domande che Fabio Fazio, visibilmente emozionato, gli ha rivolto.

E dallo schermo di Rai3 ha toccato i cuori. Per la sua simpatica semplicità, innanzitutto. Non ha parlato ex cathedra, non ha avuto la pretesa di avere per forza ragione. Ha toccato, però, i problemi più scottanti che ogni giorno affliggono l’umanità. Le guerre, «un controsenso della creazione... sempre distruzione» – il commer- cio delle armi, il dramma dell’immigrazione «con i migranti quello che si fa è criminale». Al centro sempre la «dignità» della persona umana.

Non ha nemmeno ricusato di rispondere alle domande più strettamente personali. Assieme a tantissimi altri italiani, migliaia di preti, come me, si sono affrettati ad accendere la televisione dopo una giornata trascorsa in chiesa, a celebrare, battezzare, confessare, incoraggiare. Era, domenica scorsa, la 'Giornata per la vita'. Prima degli affari, dei successi, del benessere personali e comunitari, prima di ogni altra cosa, viene il dono immenso della vita, da tutelare e promuovere sempre, dal concepimento alla morte naturale. Come ogni buon papà, Francesco ci ha indicato le strade da imboccare e le insidie da evitare. Parlando delle ingiustizie del mondo ci ha ricordato che «non basta vedere, è necessario sentire, toccare». Toccare la carne degli ultimi, degli «scartati», avvertire il freddo delle loro mani che si aggrappano alle nostre, accompagnare il dono delle cose con il dono del sorriso. Guardarli negli occhi senza temere di essere trascinati a fondo, scambiare con loro qualche parola. «Senza la carne di Dio non c’è Chiesa possibile... nello scandalo del Verbo incarnato c’è il futuro della Chiesa».

La carne di Cristo la tocchiamo veramente nella Santa Eucaristia e nei poveri. La stessa attenzione, quindi, che da sempre riserviamo all’Eucaristia siamo chiamati ad assicurarla ai poveri. Davanti a loro, dovremmo inchinarci come davanti al Tabernacolo. Eppure, nonostante le guerre, la fame nel mondo, il Mediterraneo trasformato nel «cimitero d’Europa», l’ambiente, «stiamo andando verso un mondo inabitabile », Francesco ci ha invitati a non perdere il buonumore, confessando di pregare ogni giorno la preghiera di Thomas More. Preghiera che da domenica sera, su tanti social network, ha preso a circolare in modo incredibile e inaspettato. Bellissimo. Quanti tesori – conosciuti solo dagli addetti ai lavori – attendono di essere portati alla luce e offerti ai fratelli e alle sorelle che non ne conoscevano l’esistenza.

Non credo che il santo autore di questa simpatica preghiera avesse mai pensato che sarebbe stata citata da un Papa e pregata, mezzo millennio dopo, in una fredda sera di febbraio, da un’infinità di persone. Stupenda e a prima vista sconcertante l’affermazione che «essere perdonati è un diritto umano». Confesso di aver sempre pensato che fosse un diritto dell’offeso – Dio o essere umano – volerlo concedere o meno, il perdono. Che benefica mazzata in testa per tutti. È proprio vero, abbiamo continuamente bisogno di conversione.

A 'suoi' preti e vescovi sparsi per il mondo, poi, il Santo Padre – Fazio lo ha sempre e solo chiamato così – ancora una volta, ha consigliato di tenersi lontani da ogni mondanità e di evitare il «chiacchiericcio », quel fastidioso, stupido e pericolosissimo sparlare degli altri in loro assenza, che se tanto male fa al destinatario, a chi ascolta e alla Chiesa tutta, nessun beneficio apporta a chi a quel malefico rogo ha dato fuoco. C’è solo da dire grazie.

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