domenica 17 aprile 2011
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Gentile direttore, da più parti e in più contesti mediatici – anche se non su Avvenire – si continua a criticare non solo la 'politicizzazione' dei magistrati, ma anche la loro presunta incapacità a 'fare bene il loro mestiere'. Sono senza parole. È vero infatti il contrario, e cioè che la stragrande maggioranza dei magistrati italiani – per non dire tutti – lavora con grande sacrificio personale, senza avere risorse e mezzi, e con grande professionalità. I magistrati italiani sono i più produttivi di Europa, hanno carichi di lavoro enormi, a seconda delle funzioni garantiscono una reperibilità continuativa senza aver diritto a recuperare turni notturni e festività. Sono costretti a svolgere udienze anche senza personale e a provvedere anche a proprie spese a tanti incombenti. E a dirlo e documentarlo è il rapporto della Commissione Europea per l’efficacia della giustizia dell’ottobre 2010 che effettua una attenta comparazione dei sistemi giudiziari europei.Spiace che si continuino a diffondere e avvalorare luoghi comuni che non trovano rispondenza nella realtà. E ciò mentre continuano aggressioni e insulti verso i magistrati e la funzione giurisdizionale. A volte mi sembra che a nessuno interessi calarsi nei veri problemi della giustizia e tanto meno risolverli, tenendo conto di come il rapporto del sistema giustizia con il cittadino e l’efficacia ed efficienza del servizio reso anche nelle piccole cose debbano essere il centro di ogni seria riforma. Per questo credo sia necessario far capire a tutti ciò che non va e che allontana le istituzioni giudiziarie dal cittadino, ponendo la giusta attenzione sulle condizioni di lavoro, sugli strumenti e le strutture, sulle sopravvenienze e sui numeri delle "domande" di giustizia, sulla professionalità e i carichi di lavoro dei magistrati italiani.L’Associazione nazionale magistrati, pur in presenza di improprie sollecitazioni che vorrebbero e potrebbero vulnerarne l’immagine di imparzialità facendola apparire coinvolta nella lotta politica, dovrà in questa chiave essere particolarmente attenta e rigorosa nel mantenere un ruolo di rispetto verso tutte le Istituzioni e una severa capacità critica sul merito e contenuto dei provvedimenti e delle esternazioni. Occorre riconquistare la fiducia del cittadino.

Cosimo Maria Ferri - segretario generale di Magistratura Indipendente

Luci e ombre, problemi e punti di forza del "pianeta giustizia" e, dunque, delle condizioni in cui si sviluppano ruolo e azione della magistratura italiana sono stati più volte al centro delle nostre cronache e delle nostre analisi. Ricordo ai lettori e a lei, gentile dottor Ferri, che il 21 ottobre scorso il Rapporto europeo richiamato in questa sua lettera venne anticipato proprio su Avvenire in una documentata pagina di approfondimento curata da Giacomo Gambassi.Comprendo, comunque, la sua amarezza e il senso del suo appello di magistrato. E torno ad augurarmi che politici e operatori del diritto si dimostrino finalmente in grado di portare il confronto lontano dal terreno minato dei luoghi comuni e, aggiungo, delle diverse e interessate deformazionI della realtà.Poiché non vivo sulla Luna, so però bene che le vicende giudiziarie che toccano il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, pesano moltissimo su questo dibattito e, ormai da 17 anni, fanno regolarmente impantanare ogni tentativo di dargli un esito legislativo utile e degno. Tutto, infatti, finisce per ruotare attorno a quel fuoco polemico, tutto inesorabilmente si riduce a quel lancinante casus belli. E a volte – come nella giornata di ieri, segnata da una nuova raffica di fuochi d’artificio verbali del premier lanciati ad altezza di procura e di tribunale – sembra quasi impossibile immaginare una via d’uscita da questa situazione incresciosa e triste.Non riesco, tuttavia, a perdere la speranza che la «sfida seria» venga una buona volta affrontata come merita. «Sfida seria» è anche il titolo con cui, poche settimane fa, abbiamo accolto in prima pagina di Avvenire l’intenzione del governo di aprire in Parlamento il confronto su un’ambiziosa bozza di riforma giudiziaria "di sistema".Magari fosse! Ma per fare, come si progetta, le nozze coi fichi secchi (cioè per fare riforme senza fondi) serve proprio un grande amore (cioè, direbbe il presidente Giorgio Napolitano, un’ampia condivisione). E, onestamente, non si respira aria di grandi amori: né tra toghe e politici, né tra maggioranza e opposizioni, né tra cittadini e magistrati. Voglio dire, insomma, che per smucchiare arretrati, fare sul serio 'brevi' i processi e rendere impossibili certe insopportabili incrostazioni politiche e ideologiche su taluni ben noti fatti giudiziari non basta oggi, e non potrà bastare domani, l’amore per la res publica e le sue leggi che motiva e guida tanti, tantissimi, giudici. E neanche la volontà di una qualche (risicata) maggioranza politica.Anche per questo continuo in una presunta predica inutile: si deve recuperare un rapporto virtuoso tra politica e giustizia, e si deve farlo il prima possibile. Perché per assicurare un "salto di qualità" nei tempi e nei modi in cui si amministra la giustizia è indispensabile far fare anche un "salto di quantità" alle risorse e alle forze messe in campo. E ciò comporta una precisa scelta politica. Che sarà possibile solo con l’archiviazione della stagione delle ombre e delle sciabolate nella quale siamo purtroppo, anzi più che mai, immersi.In questi lunghi anni, su queste colonne, assieme ad altre firme di Avvenire, ho ripetutamente invocato un «disarmo bilanciato ed effettivo» (e lo "scudo" alla francese per le alte cariche istituzionali poteva essere una soluzione tampone), ma mi pare ormai evidente che serva qualcosa di più. Penso, soprattutto, che l’equilibrio tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario vada ristabilito secondo lo spirito che guidò i padri costituenti. E dunque, per cominciare, attribuendo immunità temporanee ben calibrate (e mai esorbitanti) ai politici e garantendo ai magistrati il più assoluto rispetto di una rigorosa indipendenza "sotto la legge".Atti e dichiarazioni in questa direzione aprirebbero la via alla ripresa di una collaborazione trasparente e autentica tra i poteri dello Stato. E sarebbero benvenuti. Mi auguro che chi può fare i passi necessari, li faccia. Qualcuno dovrebbe farli indietro, qualcun altro di lato, ma sarebbero comunque seri e generosi passi avanti.
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