giovedì 9 aprile 2015
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​Caro direttore,ho accettato la sfida di Shady Hamadi che in un incontro al Castello Visconteo di Abbiategrasso, lo scorso 18 febbraio, a una mia domanda su “La felicità araba”, aveva risposto anche con una sfida, invitandomi a far scrivere ai miei studenti che cosa suscita la loro indignazione e, poi, a mandare i loro scritti ai giornali, per far iniziare, proprio da lì, un «percorso di cambiamento». Ho accettato la sfida e l’ho proposta ai miei studenti che a loro volta hanno accettato di scrivere che cosa li indigna. Ho raccolto le loro osservazioni e le invio sperando che le prenda sul serio e condivida il desiderio che le muovono: quello che la vita cambi! Inizio io a dire che cosa mi indigna: sono io stesso a indignarmi, la mia debolezza umana ed educativa. Nel cammino spero perciò di trovare ancora, come già trovo, quella misteriosa forza di vita che libera energie altrimenti incapaci di compiersi.Gianni Mereghetti, insegnante
«Mi indignano i pregiudizi sulle persone che non si conoscono o si conoscono solo superficialmente, e il fatto che questi possano ostacolare una relazione».Camilla P.
«Mi indigna l’indifferenza delle persone, che mettono loro stesse davanti agli altri; che con tante persone che hanno bisogno pensano solo a loro stesse».Miriam
«Mi indigna il fatto che degli estremisti distruggano un museo cancellando reperti di migliaia di anni per seguire i loro stupidi e ignoranti ideali».Silvia
«Mi indignano le persone che giudicano gli altri a priori, quindi i pregiudizi della società».Federica M.
«Mi indignano le persone false perché non sono coerenti con loro stesse e quelle indifferenti di fronte ai problemi di altri. Mi indignano le persone che non accettano le opinioni degli altri».Carola
«Mi indignano i pregiudizi».Camilla V.
«A me indigna la facilità con cui gli uomini dell’Is stanno spadroneggiando in Medio Oriente e non comprendo perché non si faccia nulla per fermare loro e le loro uccisioni di cristiani».Umberto
«Ingiustizie. Disorganizzazione. Pregiudizi. Incoerenze».Federica
«Mi indigna che nella società di oggi tutti pretendano solo di avere diritti senza riconoscere di avere dei doveri da rispettare e in particolare coloro che in questo contesto difendono la libertà come qualcosa di fine a se stesso e non come mezzo».Marco B.
«Mi indignano gli estremisti perché creano stereotipi a cui conseguono il razzismo, le discriminazioni e i pregiudizi».Marzia
«Ingiustizie. Falsità. Pregiudizi».Anita
«Recentemente il fatto che mi indigna maggiormente è la mia scoperta del divario retributivo di genere. Ho fatto alcune ricerche e la situazione in Europa è scandalosa, il divario medio del 18%. Mi indigna che in una società così evoluta, la mentalità sia ancora purtroppo maschilista e retrograda. Il governo dovrebbe impegnarsi per risolvere il problema ma più di tutti i protagonisti della condizione siamo noi, dobbiamo prendere coscienza della situazione ed agire».Daniela
«Mi indigna il fatto che l’attenzione dei media vada sempre a favore di ciò che sicuramente produrrà più ascolti, senza preoccuparsi invece delle situazioni che meritano davvero interesse. In questo modo ci abituiamo sempre più a credere a situazioni esagerate e gonfiate, senza un reale motivo, mentre a volte non consideriamo e sottovalutiamo ciò che invece è un serio problema».Valentina
«A me indigna la violenza con cui vengono oppressi i civili innocenti durante le varie guerre di questi tempi e l’indifferenza che circonda tutto il contesto: violenza, indifferenza, corruzione, disuguaglianza, violazione dei diritti elementari, mancanza di rispetto, mancanza di impegno e di reale passione in ciò che si fa».Stefano
«Mi indigna la manipolazione delle notizie da parte dei media, che ci fanno credere quello che vogliono loro senza lasciare trasparire la verità».Davide
«Mi indigna l’indifferenza e l’egoismo della gente. Mi indigna l’inquinamento. Mi indigna l’ignoranza. Mi indigna la presunzione. Mi indigna la situazione economica attuale. Mi indignano i finti amici».Fra
«Mi indigna l’ipocrisia perché c’è troppa gente che continua a giudicare gli altri prima di giudicare se stessi».Matilde
«Che cosa mi indigna? Una società che “dovrebbe” essere avanzata come la nostra, dove gli stessi politici, avvocati, operai, persone comuni, sono in grado di pensare che esistono razze superiori e inferiori, bianchi e neri, polentoni e terroni, uomini fatti per il successo e altri nati per servire; in un mondo ormai globalizzato queste barriere non dovrebbero neanche esistere, e sono dettate dall’ignoranza!».Marco «Mi indigna: 1) il razzismo, 2) il modo con cui è gestito e organizzato lo Stato italiano e i suoi rapporti con gli Stati esteri (esempio dei Marò che si trovano in India da ormai troppo tempo, e quello degli ultras olandesi che tempo fa hanno devastato Piazza di Spagna senza motivo), 3) certe multinazionali, e come sfruttano i loro dipendenti anche minorenni, 4) il fatto che dopo l’attentato in Francia sono state fatte numerose manifestazioni con il motto “Je suis Charlie” quando invece in Paesi sottosviluppati accadono incidenti stupidi ogni giorno causati da aziende multinazionali che portano a morti (esempio le multinazionali petrolifere in Nigeria)».Sassi
«Mi indigna il fatto che i professori non capiscano quello che gli studenti veramente possono offrire. Trovo che questo sia assolutamente sbagliato, perché un insegnante non dovrebbe limitarsi soltanto a spiegare determinate materie, ma anche trasmettere agli studenti la propria passione e creare un rapporto di rispetto reciproco».Laura
«Recentemente la cosa che più mi ha fatto indignare è stato l’atteggiamento di alcuni ragazzi della mia età nei confronti del “diverso”. Mi ha indignata la mancanza di rispetto, la mancanza di umanità. Il fatto che in questa società l’essere persone forti viene determinato dalla violenza, quando invece i veri forti sono coloro che sopravvivono e superano quest’ultima. Non capisco il bisogno di essere plasmati allo stesso modo, di mancare di quella libertà che dovrebbe essere normale ai nostri giorni. L’avvicinamento all’animale e l’allontanamento dall’uomo, la diffusa indifferenza verso ciò, questo mi indigna!».Alice
«Mi indigna la società odierna in cui molte persone giudicano il prossimo e il lavoro altrui senza conoscere a fondo l’argomento di cui discutono».Gregorio
Bell’esercizio, caro professor Mereghetti. E bella condivisione. Sono contento che abbia deciso di metterci a parte di questo “compito-sfida” pensato e realizzato con i suoi studenti a partire da un botta e risposta tra lei stesso e Shady Hamadi (per aiutare i lettori, annoto che Hamadi è un giovane scrittore milanese – non ha ancora 27 anni, sua madre è italiana mentre suo padre è originario della Siria, Paese che ama tanto quanto l’Italia – e “La felicità araba” al centro della domanda che lei gli aveva rivolto è il titolo dell’ultimo libro che ha pubblicato). Trovo infatti interessante, e rivelatrice, l’insistenza con cui i suoi giovani allievi, ai quali ha chiesto di dire qualcosa dell’«indignazione» che sentono, abbiano toccato il tasto del pregiudizio, della superficialità, dell’incoerenza e della falsità. Nodi intrecciati tra di loro e, purtroppo, chiaramente e anche dolorosamente riferibili al mio mestiere, offrire e certificare informazioni, che infatti da più d’uno viene direttamente o indirettamente chiamato in causa per le manchevolezze e le malizie che troppo spesso lo caratterizzano. Come sa, professore, su queste pagine ci proviamo davvero a costruire giusti percorsi informativi, strade utili per accrescere la consapevolezza di chi ci legge e per evitare le paludi del “pressapochismo” e del “pensiero unico”. Proprio per questo lo stimolo controcorrente di voci così giovani e fresche aiuta a non perdere motivazione e a rinnovare l’indispensabile entusiasmo. E io le dico un grazie niente affatto di maniera. Poi, per contraccambiare, aggiungo la mia personale «indignazione» alla sua e a quella dei suoi studenti. Mi indigna l’idea della rassegnazione. Noi non siamo fatti per rassegnarci, ma per prendere in mano i nostri giorni e stringere le mani di altri. Siamo fatti per cercare e costruire insieme, ognuno mettendo interamente in gioco la propria umanità, realizzando il buono, il giusto e il bello. Non rassegnarsi significa smascherare le illusioni del quieto vivere, resistere alla comodità tentatrice dell’indifferenza, saper sentire anche le ferite altrui. Questo ci tocca: con tutta la fatica e tutta la gioia necessarie.
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