Il senso di ingiustizia che pervade lei e i suoi coetanei, caro dottor Motta, lo condivido con la passione che può metterci un padre. Un padre ultracinquantenne. Un cittadino-contribuente che, anche per il lavoro di cronista che fa, aveva avuto modo di capire già qualche anno fa (cercando di spiegarlo in tutti i toni e in diverse occasioni) che non gli sarebbe toccato alcun privilegio pensionistico, anzi... Vorrei insomma dirle che, lei e io, siamo più o meno sulla stessa barca. Alla sua generazione, come alla mia, tocca infatti di cominciare a pagare il prezzo di grandi e piccole incoscienze e leggerezze del passato. Un prezzo pesante. Ma lei – che è appena più grande delle mie figlie – sta ben peggio di me, perché io ho un lavoro: un buon lavoro, un lavoro nella terra italiana in cui sono nato e, per di più, il lavoro che sognavo da ragazzo (e so di stare molto meglio dei miei coetanei che hanno perso il posto e che faticano tanto quanto lei, e persino di più, a ritrovarne uno decente...). Credo che non ci si debba mai arrendere. E ammiro chi è pronto a fare la valigia, avendola fatta varie volte nella mia carriera. Ma penso che "fare la valigia", anche solo all’interno della propria patria, debba essere una scelta di libertà e non un obbligo amaro. Per questo condivido profondamente il senso d’ingiustizia che lei prova: non è possibile, mi dico spesso, che noi che abbiamo messo (e mettiamo) al mondo meno figli non ci rendiamo conto che quei figli li stiamo "espellendo" addirittura dalla speranza di potersi costruire un futuro in Italia e dalla convinzione di poter dare un futuro degno all’Italia. Ecco perché apprezzo chi sta facendo, al timone della barca in cui siamo tutti, ciò che è indispensabile per evitare un naufragio che non risparmierebbe proprio nessuno: né i privilegiati di ieri (e di oggi) né chi di privilegi non ne ha e non se ne aspetta. E vengo alla sua domanda finale. Vedo che per evitare il «male comune» si sta chiedendo qualcosa a ogni categoria. E so che chi più ha – e chi più ha avuto – deve contribuire maggiormente allo sforzo. Ritengo perciò anch’io che sarebbe giusto chiedere ai baby pensionati che hanno un nuovo lavoro di partecipare, secondo criteri equi, alla fatica di far quadrare i conti.