martedì 11 maggio 2010
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Caro direttore,ho letto su Avvenire le lettere di chi, convocato dalla Consulta nazionale delle aggregazioni laicali, andrà a Roma per dimostrare al Papa vicinanza e affetto. Condivido questi sentimenti ma credo che il modo giusto di manifestarli in questo preciso momento non sia quello di andare a Roma. Riempire Piazza San Pietro è innegabilmente un gesto politico, un volersi contare e dimostrare la nostra forza e così viene letto da tutti o almeno da una gran parte dei non credenti. È questo che vogliamo e dobbiamo dire come Chiesa? Dobbiamo dimostrare la nostra forza o testimoniare l’amore di Cristo per tutti gli uomini e in particolare per quelli che gli sono distanti, per quelli che ci fanno del male? Anche Gesù è stato tentato, volevano farlo Re ma Lui ha rifiutato, ha "scelto" la croce e da quel trono ha detto: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno». Credo che dobbiamo prestare più attenzione ai messaggi indiretti che passiamo con i nostri comportamenti pubblici, perché rischiamo di mostrare una Chiesa impegnata a combattere per avere potere e privilegi come un partito o una qualsiasi organizzazione umana, mentre la Chiesa esiste per portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo. Con amore fraterno

Paola Castelli

Caro direttore,domenica sarò anch’io, assieme alla mia famiglia, in Piazza San Pietro a pregare assieme al Papa. Anche se il viaggio sarà faticoso e oneroso (veniamo dalla Sicilia), penso che ne valga la pena. Viviamo un momento in cui troppi, dai grandi mezzi di comunicazione a certi miei colleghi di lavoro, sembrano concordi su una cosa: gli scandali di pedofilia, che hanno visto protagonisti anche ecclesiastici, ci insegnerebbero che non dobbiamo fidarci di nessuno, tanto meno della Chiesa e del Papa. La cosa più grave che avverto è che questa mentalità è penetrata anche nel mondo cattolico, provocando smarrimento. Mi sono chiesta cosa potessi fare in questo momento in cui una bufera sembra abbattersi sulla Chiesa e sulla persona del Papa. Pregare, certo. Testimoniare con la vita, anche. Ma oggi, forse, c’è bisogno di riaffermare con semplicità che nella tempesta delle opinioni, degli scandali, delle diatribe, c’è un punto fermo, che segna la rotta: il successore di Pietro. Al Papa voglio dire grazie, grazie per la sua testimonianza personale e per il suo magistero aperto alla ragione. Il modo più semplice per farlo è essere con lui domenica in Piazza San Pietro: non per scatenare crociate, ma per imparare il suo sguardo sulla realtà e il segreto della sua sequela di Cristo Risorto.

Graziella Biondi, Catania

Continuano ad arrivare, e praticamente tutte precedono di poco un concreto mettersi in cammino per Piazza San Pietro, per essere lì il 16 maggio a pregare con Papa Benedetto. Sono lettere tutte diverse e tutte diversamente intense. Le due qui sopra – una serenamente interrogativa e l’altra semplicemente affermativa – non le ho scelte io, si sono in qualche modo scelte da sole... Si sono rincorse e sono approdate sul mio tavolo in rapida sequenza, con eloquenza. Perché mi pare che Graziella dia a Paola una risposta indiretta ed efficace: chi sarà a San Pietro per il "Regina Coeli" con Benedetto XVI porterà la sua vita, la sua voce e la sua croce, non una bandiera "politica". E perché mi sembra che Paola dica qualcosa che comunque merita di essere detto: i tanti cattolici che non potranno o non sapranno o, magari, non vorranno essere a Roma domenica prossima non avranno meno «vicinanza e affetto» al Santo Padre di chi invece sarà lì, di persona. Mi pare importante che nel difficile tempo che ci tocca vivere sappiamo condividere, da credenti, sentimenti importanti come questi. Ma mi sembra ancora più importante che sappiamo condividere gesti. E sono gesti di valore il mettersi in cammino in modo personale e comunitario, il ritrovarsi attorno a colui che, da successore di Pietro, è segno visibile della nostra unità, il pregare insieme con lui. Sono gesti forti. Anzi sono un unico corale gesto.
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