giovedì 14 maggio 2015
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La domenica con Raúl Castro e il lunedì con i bambini: difficile dire quale dei due sia l’incontro più impegnativo, parlare con i grandi della terra non è più delicato che parlare con i piccoli, ma questo Papa ha dalla sua il dono della semplicità ed è riuscito a superare brillantemente il doppio ostacolo ravvicinato. Con i bambini ad esempio Francesco ha spiegato niente di meno che l’idea della pace con questa espressione: «La pace non è un prodotto artificiale, ma artigianale », facendo capire cos’era accaduto il giorno prima, con il faccia a faccia col presidente cubano, al termine di un lungo cammino di tessitura, davvero artigianale, realizzato da lui stesso e dai suoi predecessori, a partire almeno da Giovanni XXIII.  Una battuta semplice che dice molto, che dice come la pace sia innanzitutto un lavoro, una dimensione dotata di due elementi fondamentali: il tempo e un volto. Un “prodotto” può essere in serie, anonimo, burocratico; la pace invece è riconducibile a un volto, in questo senso è “artigianale”, è un incontro tra volti, faccia a faccia, come quello tra Jorge e Raúl. Ed è un’attività che necessita tempo, cioè fatica, manualità, attenzione, cura del dettaglio. Giustamente Pierangelo Sequeri ha detto che l’amore non è un sentimento ma un lavoro: è questo tessere quotidiano, questa lenta costruzione, che realizza sia l’amore sia la pace, grazie a quello sguardo reciproco tra esseri umani pieno di lealtà e con un senso – per usare una parola antica – dell’onore. Proprio come diceva Peguy: «Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore [...] La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé [...] Secondo lo stesso principio delle cattedrali». Le cattedrali come la gamba di una sedia, Raúl Castro come i bambini: con la stessa semplicità, che è sempre la virtù più difficile.
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