giovedì 21 maggio 2015
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​Cinque delle più grandi banche del mondo sono state costrette ad ammetterlo ancora una volta: stavano barando. I loro trader fingevano di farsi la lotta nel ring del mercato delle valute, immensa arena aperta 24 ore su 24 dove ogni giorno si scambiano contratti per 3.500 miliardi di dollari e la quantità di denaro che si muove in una settimana basterebbe a comprare tutte le merci vendute nel mondo in un anno intero. In realtà la lotta "del mercato" era una recita: come certi lottatori di wrestlingquegli squali della City erano d’accordo su come dovesse finire lo scontro. Nelle loro chat online usavano parole in codice per concordare acquisti e vendite così da ottenere il cambio desiderato nelle ore in cui il mercato “fissa” il prezzo delle valute. Facevano cartello, se lo dicevano senza molti scrupoli e chi ne restava fuori aveva capito che qualcuno stava facendo il furbo. Il fatto, scriveva uno degli imbroglioni, il vice presidente dei negoziatori di Barclays a New York, è che «se non stai barando non ci stai provando».Le banche per cui questi trader lavoravano (e in alcuni casi ancora lavorano) ieri hanno chiuso il caso pagando 5,7 miliardi di dollari alle autorità americane e britanniche. Se si includono le banche che già avevano raggiunto accordi con le autorità nelle indagini sullo scandalo del Forex si arriva a 10 miliardi complessivi di multe. A questi possiamo aggiungere i 9 miliardi pagati negli ultimi anni per un altro cartello, quello del tasso interbancario inglese Libor, sul quale si basano scambi e contratti per l’incredibile ammontare complessivo di 350mila miliardi di dollari. Se alla somma aggiungiamo le multe pagate per i vari imbrogli sui mutui subprime negli anni della grande crisi arriviamo a un totale che il Financial Times ha calcolato in 150 miliardi di dollari di sanzioni. Denaro incassato in grandissima parte dalle autorità di controllo americane (50 miliardi solo il ministero della Giustizia).Certo è molto, ma non è moltissimo: comunque meno di un quinto dei 700 miliardi di profitti messi assieme in questi sette anni dalle grandi banche americane. Banche che negli ultimi mesi, raccogliendo a piene mani i miliardi messi in circolazione con le politiche monetarie “leggere” della Banca centrale europea e della Federal Reserve americana, stanno ricominciando a macinare decine di miliardi di utili all’anno, molti dei quali ottenuti proprio con il trading. I listini di Wall Street, conviene ricordarlo, hanno ritrovato i massimi storici già da tempo.Si può solo sperare che non stiano barando anche stavolta, ma visti i precedenti si può dubitarne senza essere maniaci dei complotti. È lecito anche sospettare che i dollari che stiamo comprando per la vacanza negli Stati Uniti siano magari un po’ più “cari” del dovuto perché i trader del cartello hanno deciso così, e che per quel cambio “infelice” sia più cara anche la benzina al distributore e che magari anche la rata del mutuo sia più salata per effetto di certi patti sui tassi interbancari decisi  nel segreto di una chat da qualche trader con miliardi di dollari da gestire.Il mercato dei derivati vale oltre 120mila miliardi di dollari, cioè una volta e mezzo il Pil mondiale; questi strumenti hanno reso la finanza così omnicomprensiva che nessun aspetto della vita economica di ogni giorno si può considerare al riparo dalla speculazione. E allora sorge un ultimo dubbio: finché chi impone le regole lascerà che la partita della finanza resti così spaventosamente enorme, ci sarà sempre qualche baro che proverà a imbrogliare il resto del mondo. Non sono tipi che tremano davanti alle multe miliardarie inflitte ai loro datori di lavoro questi.
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