Saper stare accanto. La madre e la sapienza dei piccoli
domenica 14 maggio 2017

Santi, veggenti, testimoni della verità, ma pur sempre bambini. Come tutti gli altri. Con i graffi sulle ginocchia, gli occhi che si colorano di stupore, la voglia e insieme il timore di crescere. I pastorelli canonizzati ieri dal Papa a Fatima sono un inno alla sapienza del cuore umile, un dono di misericordia, una pagina vissuta del Vangelo dei piccoli. Ma quanta fatica per scriverla.

Nel breve respiro della loro esistenza, spezzato dall’epidemia di “spagnola”, Francesco e Giacinta Marto hanno dovuto superare prove molto difficili. A cominciare, ed è forse l’esame più duro, dall’incredulità di chi ti vive accanto, dall’ironia dei grandi e dei saggi, compreso chi “per mestiere” si occupa ogni giorno delle cose di Dio. Ma non c’è da meravigliarsene troppo, perché quella divina è una logica che sovverte le regole del pensare comune, ti spinge controcorrente, “va alla rovescia”. Insegna che è grande chi si umilia, che per trovare amore devi donarlo, che la vera ricchezza consiste nell’offrire tutto. Ci vuole coraggio per capirlo, e l’entusiasmo di chi sa ancora sognare, serve la “santa incoscienza” dei piccoli.

La fiducia assoluta del figlio preso per mano dalla mamma, e che in virtù di quel legame di tenerezza si sente pronto ad affrontare il mondo, a superare ogni ostacolo, a immergersi, senza perdere la strada, nei labirinti del cuore. Non a caso le prime parole ai veggenti, oltre a Francesco e Giacinta la cugina suor Lucia dos Santos morta nel 2005, della «Signora più luminosa del sole» sono un delicato invito a non avere paura. Una sollecitazione che oggi più che mai vale per tutti e per ciascuno. Mentre a ogni latitudine si invocano muri e crescono le barriere, la Vergine che anche e soprattutto è Madre degli esclusi, dei diseredati, delle vittime dell’ingiustizia, chiede fiducia nell’amore divino, parla di sacrifici e sofferenze, assicura la potenza, il conforto della preghiera.

Fatima ci dice che il cielo è vicino, che siamo chiamati alla luce, che abbiamo una Madre. Scegliendo, per manifestarsi, dei pastorelli poveri e ignoranti, Maria “spiega” la logica del Vangelo. Sottolinea che, nel vocabolario di Dio potere significa “servizio”, successo fa rima con umiltà, essere grandi vuol dire consapevolezza di non potercela fare da soli. L’hanno capito benissimo Giacinta e Francesco, piccoli di età ma giganti agli occhi del Signore.

Forti della granitica semplicità della loro fede bambina, cui la Madonna indica la strada che porta alla vita nuova, una via fatta anche di rinunce, morte a se stessi, sofferenza. Eppure Francesco e Giacinta rimangono bambini, con la preoccupazione di non vedere più i propri cari nell’aldilà, con il santo dolore per i peccati, con l’innocente candore di chi conosce poco del mondo ma vorrebbe stringerlo al cuore in un unico abbraccio. Fratelli eppure profondamente diversi. Più contemplativo e nutrito di preghiera Francesco, maggiormente sensibile alla presenza di Dio negli altri, Giacinta.


Dobbiamo a loro il riconoscimento che anche i piccoli possono essere santi, che non solo il martirio apre loro la strada del cielo, che l’età dello spirito non coincide necessariamente con quella anagrafica. I due pastorelli, nove anni Francesco e sette Giacinta quando videro Maria, sono i bambini del Magnificat, oltre le logiche del mondo degli uomini, un modello e insieme una meta per chi è cresciuto. Perché non è mai troppo tardi per ritornare piccoli, per imparare a fidarsi delle cose di Dio, per capire che le lacrime sono un po’ meno pesanti con qualcuno accanto.

È la lezione dell’umiltà, che oggi impariamo dai pastorelli. Perché i bambini lo sanno, sanno l’importanza di stare con gli altri, sanno la forza di una carezza, sanno che il pane condiviso ha più sapore. Soprattutto sanno l’importanza di avere accanto una madre, quella terrena e la Vergine che a Fatima ci indica la strada della santità semplice, umile, possibile a tutti. La via maestra per arrivare al Signore. In lei è il bello, il saggio e il buono della maternità. In lei il culmine dell’umanità. Scrive san Luigi Grignion de Montfort: «Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria».

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