Nuova maturità, si diano presto criteri e modelli d'esame
sabato 15 luglio 2017

Nei giorni scorsi le commissioni d’esame di maturità hanno concluso i lavori, affiggendo le votazioni conseguite dagli studenti. Nel commentare i risultati, i giornali si sono soffermati in particolare sull’incremento quantitativo dei 100 e lode anche in diverse scuole del Nord: dato interessante, ma forse non così cruciale.

Lasciandoci alle spalle l’esame di quest’anno, e guardando ai prossimi, c’è invece una questione di cui nessuno sta parlando, ma che è – questa sì – di fondamentale importanza e di estrema urgenza. Quella di quest’anno è stata la penultima maturità con il vecchio sistema. Il prossimo anno sarà ancora così, ma dal 2019 entrerà in vigore il nuovo esame, come definito dal decreto legislativo 67/2017 in attuazione della legge 107/2015 (la famosa, o famigerata, 'buona scuola').

Tra le novità si stabilisce, per il voto finale, l’assegnazione di un peso maggiore al curriculum scolastico degli ultimi tre anni (fino a 40 punti su 100), rispetto a quanto accade oggi (fino a 25 punti su 100). Verranno abolite la terza prova scritta (predisposta dalle singole commissioni) e, al colloquio, la cosiddetta 'tesina', il percorso interdisciplinare scelto dal candidato. C’è però un punto che ci preme sottolineare: se per il colloquio possiamo immaginare che – eliminata la tesina e dato uno spazio alla presentazione dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro svolta dal candidato nei tre anni precedenti – esso sarà più o meno come adesso, non è ancora affatto chiaro come cambieranno le due prove scritte.

Il testo di legge dice tutto... e quindi non dice niente: «La prima prova, in forma scritta, accerta la padronanza della lingua italiana o della lingua nella quale si svolge l’insegnamento, nonché le capacità espressive, logicolinguistiche e critiche del candidato, consentendo la libera espressione della personale creatività. Essa consiste nella redazione di un testo di tipo argomentativo riguardante temi di ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico. La prova può essere strutturata in più parti, anche per consentire la verifica di competenze diverse, in particolare la comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logicoargomentativi, oltre la riflessione critica da parte del candidato».

Dunque sarà un «testo argomentativo»: tornerà il vecchio tema (la cui presenza è stata ridotta dalla precedente riforma)? verrà abolito il saggio breve (oggi presente con ben quattro diverse tracce nelle proposte della prima prova)? Sembra di capire che scomparirà l’analisi del testo (la prima nel ricco menù di tracce attualmente offerte ai candidati); a meno che, uscita dalla porta, non rientri dalla finestra, magari in una 'seconda parte' della prova stessa, visto che questa potrà essere «strutturata in più parti». Quanto alla seconda prova, «in forma scritta, grafica o scrittografica, pratica, compositivo/esecutiva musicale e coreutica, ha per oggetto una o più discipline caratterizzanti il corso di studio ed è intesa ad accertare le conoscenze, le abilità e le competenze attese dal profilo educativo culturale e professionale della studentessa o dello studente dello specifico indirizzo».

Il passo successivo, previsto dallo stesso decreto, è l’emanazione di un ulteriore decreto del Ministro dell’Istruzione, con cui verranno definiti «i quadri di riferimento per la redazione e lo svolgimento delle prove». Si tratta di un documento molto urgente, perché la preparazione alle prove d’esame non si svolge soltanto al quinto anno, ma ha inizio almeno già dal terzo. Quindi già così siamo in ritardo di un anno. Non vorremmo che dovesse ripetersi quanto gli insegnanti più anziani ricordano bene: quando nel 1999 debuttò il nuovo esame (legge 425/1997), i modelli di prima prova scritta (il problema riguardava allora soprattutto la prova di Italiano, perché la seconda, diversa da indirizzo a indirizzo, rimaneva sostanzialmente invariata) predisposti dall’Osservatorio nazionale sugli esami di Stato del Cede (l’attuale Invalsi, che però oggi ha altre competenze) arrivarono soltanto in primavera, a poche settimane dall’esame da sostenere in base alla nuova formula.

Si può facilmente immaginare con quale efficacia didattica, per non parlare dell’ansia di cui furono preda studenti e insegnanti... Sappiamo che in Italia ad agosto si ferma tutto, compresi i Ministeri. Vorremmo rivolgere però alla titolare dell’Istruzione Valeria Fedeli una richiesta che riteniamo ragionevole. Alla ripresa delle attività, a settembre, che i suoi uffici si impegnino a redigere il decreto in tempi rapidi, in modo da avere – possiamo dire per gennaio 2018? – i criteri e i modelli relativi alle nuove prove d’esame. È chiedere troppo?

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