Non maledite quella madre assassina, fa tristezza
martedì 21 giugno 2022

Ha ucciso in modo atroce la sua Elena, ma che vita viveva?
È tutto un fiorire d’insulti verso la madre di Elena, che ha ammazzato a coltellate la figlia di 5 anni, ha programmato quel gesto con lucidità, con tenacia, lo ha pensato per giorni e dopo averlo compiuto ha lavorato per nasconderlo, per farla franca. Immaginavo la valanga d’insulti che le sarebbero piovuti addosso, le maledizioni, le parole di disprezzo, le minacce. Ed eccole, arrivano da ogni parte, le augurano di «marcire in carcere», l’avvertono che sua figlia «la maledirà», e nel «marcire in carcere» la condanna non sta tanto nel «carcere» quanto nel «marcire», vorrebbero che fosse già morta e cominciasse ad essere putrefatta, nel «marcisci in carcere » c’è una condanna a morte e il gusto di vedere la condannata morire. Purtroppo è indifendibile questa madre, non merita nessuna attenuante. E infatti non sto invocando nessuna grazia per lei, sto solo dicendo che quel che ha fatto suscita certo una drastica condanna, ma anche una tristissima pena.
Fa tanta pena la figlia, così affettuosa ed espansiva, morta in quel modo bestiale e feroce, come nessun animale infligge ad altro animale, neanche nelle contese per lo spazio o il cibo. Ma fa pena anche la madre, così senza vita, così incomprensiva e ottusa, così non-umana, da non capire niente della vita che viveva, non saperla vivere, avere una figlia e non riconoscerla come figlia.
In fin dei conti, chi è questa madre? Che razza di vita viveva? Cosa capiva? Guardiamo l’ultima scena di lei che ci resta in video: va a prendere la figlia all’asilo, la madre va in là e la figlia viene in qua, appena si riconoscono la figlia accelera il passo, prende la rincorsa e quand’è a portata delle braccia di sua madre spicca un salto e le salta in braccio. Che figlia vitale, gioiosa, felice! La madre ha un profilo cupo, uno sguardo nemico, ispira allarme, e infatti bisognava stare in allarme, non fidarsi di lei.
Se la figlia è una vera figlia, la madre è una madre mancata. Una non-madre. Una non-donna.

Odiarla? Maledirla? Imprecarle? Tutti fan così, ma perché non piangere? Vedo che ispira furore e vendetta, ma perché non tristezza e pena? Dov’è adesso? In qualche prigione? Avrà ancora quel profilo penoso, che mostra pena e crea pena? Le scrivono: «Sei una m… di donna», «Tua figlia ti maledirà, come i tuoi genitori e i tuoi suoceri», e certamente è così, questa donna è fuori dalla comunità con gli altri umani, ma c’è mai stata dentro? Sa cosa vuol dire essere madre e sentirsi sorella delle altre madri? Andando a ritirare la figlia dall’asilo, perché quando la figlia correva in qua lei non correva in là? Perché non aggiungeva vita a vita? Perché non viveva? Da come non abbraccia la figlia, da come non è materna, appare una infelice che diffonde infelicità, e questo fa tristezza e fa pena, dando a tristezza un senso individuale e a pena un senso sociale. Ha fatto una cosa atroce, una cosa che nessuna madre può volere, dunque neanche lei. Sconterà quel che ha fatto. È giusto. Ma non giudichiamola con ferocia e crudeltà, godendo per la punizione che avrà. Giudichiamola con tristezza. Le è capitata la disgrazia di essere quel che è.
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