venerdì 29 novembre 2019
Il lettore si interroga sul costo delle sovvenzioni anticlimatiche e di quelle per le energie pulite. Riforma utile se non pesa sui consumatori e porta investimenti sociali
Foto Ansa

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Caro direttore,
mi riferisco all’allarme del rapporto 'Brown to Green', riportato nell’articolo sul disinvestimento dalle fonti fossili di Andrea Di Turi su 'Avvenire' del 20 novembre 2019, in cui si scrive di 11,5 miliardi di dollari dati dall’Italia come incentivi a carbone e petrolio. Io ho una insufficiente informazione e forse anche una modesta capacità di comprendonio, vorrei fosse bene indicato in modo comprensibile per tanti lettori, sotto quali voci, in che forma, a chi, e da chi sono state corrisposte queste 'sovvenzioni anticli- matiche'. Inoltre: da molti anni in Italia si sono dati sussidi per vari miliardi di euro per risorse rinnovabili di energia (solari, eoliche, e non so quante altre). Miliardoni con 9 zeri, o miliardini con 6 zeri, o micromiliardi con 3. Sentiamo gli esperti finanziari? Adesso, forse, mancheranno i soldi per adeguata assistenza agli anziani in un Paese dove si dibatte più di fine vita che di buone cure! Gaudeamus igitur, in lingua medievale: godiamo dunque, finché possiamo...

Silvio Ghielmi Milano

Sussidi alle trivellazioni, Cip6 alle fonti assimilate, extra-costi per isole minori, sussidi indiretti alle aree svantaggiate... La lista delle cosiddette 'sovvenzioni anticlimatiche', gentile dottor Ghielmi, è dettagliata e purtroppo non finisce qui: esenzioni per imprese energivore, contributi a impianti e centrali, incentivi alla gassificazione da fossili, esenzioni oneri di sistema, garanzie e prestiti pubblici, elusioni reti interne. Invitato dal direttore a rispondere agli stimolanti quesiti da lei posti, mi sono limitato ai titoli principali, ma l’ultimo dossier di Legambiente 'Stop Sussidi alle fonti fossili' ne fornisce il computo più aggiornato ed esaustivo. Arrivando a quantificare gli sconti – fra diretti e indiretti, al consumo o alla produzione – in 18,1 miliardi di euro l’anno. Cifra superiore, perché più completa, rispetto al carotaggio del rapporto 'Brown to Green' di cui ha dato conto il collega Andrea Di Turi sul nostro giornale. Con la pubblicazione del ministero dell’Ambiente nel 2016 del 'Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli', quelli alle fonti fossili sono entrati nella rendicontazione nazionale. Il fascicolo è però fermo al 2017 nonostante ne sia stato previsto l’aggiornamento entro il 30 giugno di ogni anno. Ci sono anzitutto i 7 miliardi che il settore Oil&Gas riceve direttamente e indirettamente sotto forma di sconti ed esenzioni, come quelle dalle accise di cui beneficia il trasporto aereo per un miliardo e mezzo l’anno. Paga per primo lo Stato, dunque, in termini di minori entrate fiscali. E paghiamo anche noi in bolletta – attraverso la componente Asos, voce da 689 milioni – lo sconto sugli oneri di sistema alle 'aziende energivore' con un consumo annuo superiore ai 2,4 GWh. Certo, l’Italia è in buona compagnia: i 191 Paesi monitorati dal Fmi 'regalano' all’industria dei combustibili fossili 10 milioni di dollari al minuto, oltre 5,3 trilioni l’anno, circa il 6,5% del Pil mondiale. Con la Cina a tirare la volata avendo contribuito a sussidiare carbone, gas e petrolio con quasi 1.500 miliardi di dollari, il doppio degli Usa. Noi spicchiamo invece fra i Paesi del G7 con i maggiori sussidi alle fonti fossili in rapporto al Pil: lo 0,63% a fronte di una media europea dello 0,17 (molto oltre lo 0,20 degli Stati Uniti e lo 0,23% della Germania). L’Italia è anche – veniamo alla seconda questione da lei posta, caro Ghielmi – tra i Paesi che maggiormente sussidiano la produzione di energia rinnovabile. E proprio grazie a queste agevolazioni è diventata fra i leader a livello globale. Se, infatti, nel 2017 i consumi totali si sono attestati a 302 TWh (miliardi di kWh), dei 296 TWh di produzione lorda di energia elettrica ben 104 TWh (35,1%) sono costituiti dalle fonti 'verdi'. Secondo la Relazione dell’Arera – Autorità di regolazione per energia reti e ambiente – complessivamente i costi derivanti dagli incentivi delle fonti rinnovabili sono stati pari nel 2017 a 12,1 miliardi di euro, per una quantità incentivata di circa 65 TWh (il 62,5% dell’energia prodotta da fonte rinnovabile gode di incentivi). Meno dei sussidi anticlima, pertanto. Gli oneri del 'Conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate' li sostengono gli utenti, cittadini e imprese, pagando in bolletta la componente tariffaria Asos (fino al 2017 il Conto era alimentato dalla componente tariffaria A3) e in minima parte la componente Arim - in relazione alla frazione non biodegradabile dei rifiuti. Paghiamo troppo, sostiene l’Istituto Bruno Leoni, per il quale il livello dell’incentivazione, pur nei diversi scenari, appare eccessivo, soprattutto riguardo al fotovoltaico. Tanto che le bollette degli italiani dovranno appesantirsi di almeno 7,6 euro / MWh e, da qui al 2020, il costo cumulato degli incentivi sarà di almeno 14,3 miliardi di euro per il fotovoltaico, 6,8 miliardi per l’eolico e 3,3 miliardi per le biomasse. E però, come ha ben spiegato su queste colonne Leonardo Becchetti ('Avvenire' 23 novembre), una delle vie principali per favorire la transizione energetica risulta proprio una combinazione di tasse su prodotti o processi produttivi più inquinanti accompagnata da incentivi verso quelli più ecologici. Tenendo conto di elementi di progressività fiscale per tutelare i ceti più deboli. Becchetti ha ricordato inoltre ciò che la teoria economica ci insegna: in caso di concorrenza 'perfetta' la tassa è interamente pagata dalle imprese impegnate tra loro in una guerra di prezzi, in caso di monopolio accade esattamente l’opposto e la tassa è traslata interamente sui consumatori. È in ogni caso una scelta politica. Una scelta poderosa, che interessa oltre al presente anche il nostro futuro. Come quella – e veniamo così all’ultima domanda o meglio al timore da lei espresso – sul dove dirottare le eventuali risorse 'risparmiate': per Legambiente, ad esempio, oltre 14,3 miliardi di euro all’anno di sussidi alle fonti fossili sono eliminabili in parte subito e del tutto entro il 2025 per garantire 4 miliardi in più al Sistema sanitario nazionale, altri 4 all’Istruzione scolastica e all’Università, 3 miliardi per il Fondo Nazionale Trasporti e altrettanti per la lotta al dissesto idrogeologico. Per aspera ad astra, detto in lingua medievale, caro Ghielmi.

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