martedì 28 giugno 2011
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Ci voleva la Corte penale internazionale dell’Aja per restituire almeno in parte senso e significato all’intervento militare in Libia che dopo cento giorni appare sempre più sfuggente, opaco e, non di rado, fuori misura. Con la richiesta di arresto per Muhammar Gheddafi, per il figlio Saif al-Islam e per il capo dei servizi segreti libici Abdullah al-Senoussi (le accuse sono quelle di crimini contro l’umanità per aver programmato l’uccisione, il ferimento, l’arresto e la detenzione di centinaia di civili durante i primi 12 giorni di sommosse a Tripoli, Bengasi e Misurata) è il diritto internazionale, dopo il pronunciamento dell’Onu che autorizzava con la risoluzione 1973 del 17 marzo l’intervento a protezione della popolazione civile, a riaffermare ciò che a tutti - tranne che a Gheddafi - è clamorosamente evidente: che il regime di Tripoli è finito e che il rais deve lasciare il potere. Questa guerra – con le incongruenze, i lati d’ombra, gli egoismi e i cinici giochi di potere che segnano ogni guerra – dovrebbe concentrarsi, impiegando risorse propozionate e appropriate, sul suo scopo evidente, quello di liberare la Libia da una dittatura durata 41 anni e capace di generare una spirale nefasta di mortificazione delle libertà basilari, di repressioni e di sanguinose rappresaglie sulla popolazione inerme.Prima o poi – prestissimo, si spera – si potrà porre la parola "fine" sulla rivoluzione libica e sul fioccare delle bombe. E finalmente dirimere le responsabilità, separare i fatti dalla dilagante disinformazione, contare e seppellire dignitosamente i morti e provare a ricomporre la lacerazione di un Paese spaccato letteralmente in due. E da ultimo guardare davvero in faccia quel Consiglio nazionale di transizione guidato da Mustafà Abdel al-Jalil, ex ministro della Giustizia della Jamahiriya, già a sua volta responsabile di arresti di massa e di persecuzioni (fu lui nel 1998 lo spietato accusatore nel famigerato caso delle sei infermiere bulgare condannate a morte perché accusate di aver «diffuso l’Aids» in Libia) ampiamente documentati nei rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International, che improvvisamente ha cambiato casacca all’alba della rivoluzione e si è rivoltato contro il suo antico protettore.Ambigua – ancorché venata di un’esaltata voluttà di combattere, sapientemente vellicata dai più smaliziati membri del Consiglio di transizione – è stata anche la partecipazione degli shabab, i giovani rivoluzionari che da Tobruk e Bengasi hanno mosso guerra a Gheddafi lanciandosi su (quasi) inoffensivi pick-up sulla strada costiera che dalla Cirenaica porta a Misurata: il loro ardore si è immancabilmente infranto di fronte ai cannoni del rais, e senza i i raid sistematici della Nato avrebbero fatto ben poca strada. Alle bombe dell’Alleanza Atlantica – così costose ma pochissimo intelligenti vista la triste messe di danni collaterali – va imputata anche l’ossessionante e finora inutile rappresaglia dal cielo su Tripoli, che ha provocato per cento giorni lutti e rovine ma non ha liberato la Libia dalla guerra e dalla presenza di Gheddafi. Il quale ora accetta, a quanto sembra, di chiamarsi fuori dai negoziati che faticosamente si cerca di avviare, ma certamente – al pari del balcanici Milosevic, Mladic, Karadzic e del sudanese Omar al-Bashir – non obbedirà al mandato del Tribunale dell’Aja e non si presenterà mai per farsi giudicare.Tutti ora dicono – dai francesi che unilateralmente appiccarono il fuoco all’intervento militare ai cinesi e ai russi che flebilmente lo osteggiarono, fino agli americani che se ne sono silenziosamente sfilati – che solo una soluzione politica può far uscire la Libia dall’impasse e l’alleanza occidentale da un imbarazzante vicolo cieco. Argomenti analoghi a quelli di John Kennet Galbraith, nel pamphlet del 1968 dal titolo eloquente, Come uscire dal Vietnam, che mise in serio imbarazzo Lyndon Johnson e convinse Richard Nixon a porre fine all’avventura americana in Indocina. Purtroppo però non si può essere altrettanto sicuri che una soluzione senza Muhammar Gheddafi sia davvero prossima.
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