giovedì 19 agosto 2010
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È passata soprattutto su internet, poco ripresa dai giornali, una notizia che non sembra riguardare gli uomini, e invece li riguarda in pieno: una cagna-soldato, Gina, esperta nel fiutare esplosivi, è tornata dall’Iraq con la compagnia di veterani di cui fa parte, mostra gli stessi sintomi di loro, e vien curata come loro: distrazioni, sport, psicoterapia. Se le fanno psicoterapia, ammettono che ha una psiche. Che ha sindromi di tipo "umano". E sono: voglia di non far niente, dormire sempre, rifiuto del mondo, nascondersi se arriva qualcuno, amico o nemico, star sotto i divani o nelle stanze abbandonate.Quand’era partita non era così. Era una cagna intelligente, capiva gli ordini, li eseguiva, amava i suoi padroni, ci teneva alla compagnia. Una perfetta soldatessa. Fiutava le bombe e avvertiva le pattuglie. L’amavano e la premiavano per questo. Come una recluta. Ma un giorno il suo convoglio è passato su una mina, uomini e mezzi son saltati in aria, e la cagna pure: urla, invocazioni, pianti, sangue e disperazione, lei più disperata di tutti. Ad alcuni soldati e a lei hanno diagnosticato disordini mentali, e la diagnosi, venuta dai medici, era stata criticata dai comandi militari: un cane non ha una mente, dunque non può avare disordini mentali. Chiamateli come volete, ma la cagna era in nevrosi acuta. La nevrosi è un modo per fuggire dal mondo. Il mondo ti spaventa e tu scappi via. Se scappi fino a entrare in un altro mondo, tutto tuo, si chiama paranoia. Nella guerra di Jugoslavia ho visto cani nevrotici, e cani canuti. C’era una città abbastanza tranquilla, nel nord, ed era Zagabria: non si combatteva lì dentro. Ma per arrivarci passavi per cittadine segnate dai mortai, dalle mitragliatrici, dai cannoni. Da quelle cittadine i cani scappavano, e venivano nella grande città. Qui avevano imparato che la cucina è più sicura del salotto, il piano interrato più dei piani sopraelevati. Stavano sempre sotto terra. Cambiavano colore, imbiancavano. Un uomo di quel colore si dice canuto, e il termine fu usato anche per i cani. Di un uomo si dice "incanutito per lo spavento". Bene, per i cani succedeva la stessa cosa: erano cani incanutiti. Nel Nord della Jugoslavia ce n’era più d’uno, in Bosnia ce n’erano molti. I cani incanutiti in guerra dicono che la guerra è un trauma, che agita cervello e nervi di tutti gli esseri che hanno cervello e  nervi, non solo uomini. La guerra non è un crimine contro l’umanità, cioè quella parte di viventi sulla terra che sono gli uomini. È un crimine contro la natura, cioè tutto ciò che sulla terra è vivo. Per risolvere i problemi, la guerra non è uno strumento soltanto disumano: è anche snaturato.   Ci sono soldati nei quali lo choc da prima linea (e in una guerra civile la prima linea è dappertutto) taglia come un rasoio tutti gli organi della sensibilità, della memoria, della volontà: il soldato tramortito dalle esplosioni non obbedisce più, non capisce più. Succedeva da noi nella prima Guerra Mondiale. Le Corti Marziali li consideravano codardi, e poiché erano traumatizzati dalle bombe del nemico, la codardia di fronte al nemico valeva il plotone d’esecuzione. Lunghe battaglie giudiziarie, le racconta anche Emilio Lussu, sul discrimine che separa la formula "di fronte al nemico" da "in presenza del nemico": la prima formula comportava automaticamente la condanna a morte. Difficile "guarire" la cagna-soldato americana, nevrotizzata dalla guerra. Bisognerebbe portarla nelle aree in pace, a vivere senza scoppi, senza urla, senza sangue, per sempre. Ma così com’è ha un valore, trasformata in cagna pacifista non vale niente. È un peso. Come i soldati: vivi e combattenti valgono molto, morti vengono dimenticati in fretta, la conclusione peggiore è se restano feriti: perché non solo non servono più alla patria, ma pretendono la pensione, e diventano un danno.
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