domenica 21 novembre 2010
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Caro direttore, da tre settimane, come è tradizione nel rito ambrosiano, abbiamo iniziato le Benedizioni delle case. Ogni volta che suono il campanello è una novità; ogni sguardo che incrocio è uno stupore, anche se sono stanco… capisco che quel gesto è anzitutto per me! Entrare nelle case della gente è come entrare, anche se in punta di piedi, nella loro vita, ascoltare le loro gioie e le loro fatiche, portando la presenza di Cristo, che si fa viva nel gesto della Benedizione. Sono quelle occasioni in cui sperimento cosa vuol dire essere "padre" anche se ho solo vent’otto anni e non sono sposato. Non ho seguito la puntata tanto discussa di "Vieni via con me"; l’ho riguardata in parte su internet, e subito mi sono venute in mente almeno due case nelle quali sono entrato questa settimana. Nella prima un uomo, circa settant’anni, con la moglie malata da quattordici e da quattro completamente paralizzata e non consapevole della realtà. Mi dice: «Padre, io non esco mai di casa, i figli vanno a fare la spesa, io devo stare con mia moglie. Ha bisogno di tutto e ho dovuto imparare a far da mangiare, a stirare, a pulire, a fare anche l’infermiere… ma finché ci sono io lei rimane con me!». Abbiamo pregato e ho dato la Benedizione con le lacrime agli occhi. Non tanto per quanto quell’uomo sta facendo, ma per la letizia con la quale mi raccontava la sua situazione e per la delicatezza con cui ha tracciato il segno della croce su sua moglie. E poi giovedì. Entro in un cortile e mi aspetta una signora che, prontamente, mi apre la porta di casa. Trovo lei, una bambina piccola e la suocera, paralizzata,appoggiata a molti cuscini, con una graziosa coperta sulle gambe, apparentemente incosciente. Anche lei mi racconta, mi dice la fatica, la pazienza… iniziamo a pregare e al momento della Benedizione, mentre l’acqua santa bagnava la casa e le persone, mi colpiscono gli occhi, fino a quel momento assenti, di quella nonna immobile, perché mi guarda come a dirmi che c’è anche lei. Prima di andarmene la nuora mi dice: «Sa, padre, la bambina quando vede che la nonna perde la saliva, prende subito un tovagliolo e va ad asciugargliela». Bisognerebbe dirlo a quei signori della televisione che cosa vuol dire vivere. Forse per loro la vita è morte, forse nell’elogio dell’eutanasia c’è qualcosa d’altro, c’è l’opera del Nemico. Ma noi non possiamo tacere, non possiamo non dire che vogliamo vivere! E che la dignità del vivere non la decidono loro, con i nostri soldi! Bisognerebbe dire a quei telepredicatori, che trovano sempre un prete che ormai non comprende più la fede cattolica pronto a piegarsi al loro gioco, che anche loro, come noi, come tutti, siamo «bisognosi di tutto», anche se camminiamo, se facciamo il bagno da soli, se ci facciamo la barba da soli… perché il vero bisogno del cuore umano non è quello della salute, ma quello della salvezza, di Cristo! Ecco perché attaccano la Chiesa, perché ricorda all’uomo che «vieni via con me» l’ha già detto un Altro, e che se solo imbocchiamo un’altra strada, siamo perduti.don Simone Riva - Arconate e Dairago (Mi)«IL VERO SENTIRE DELLA GENTE COMUNE»Caro direttore,grazie perché il nostro quotidiano si sta rivelando ogni giorno più ricco di orientamenti e di prese di posizione coraggiose, chiare, talvolta perfino provocatorie, offerte con un linguaggio anche laicamente appetibile. Il suo editoriale di venerdì 19 – "Fateli parlare" – si direbbe che segni un passaggio di qualità della nostra posizione pubblica di cattolici nella società italiana: da una posizione sostanzialmente difensiva e talvolta timidamente rispettosa del conformismo imperante, a una posizione di "attacco", ossia di scoprimento e di denuncia di ciò che palesemente contrasta con la stessa convivenza democratica, che a parole viene definita pluralista, mentre in realtà si rivela sempre più abitata dal "monopensiero". Il forte richiamo che lei ha rivolto alla Rai, interpreta il sentire di tanta "gente comune", quella che frequenta le nostre parrocchie e comunque quella che ogni giorno lavora ed è alle prese con l’educazione dei figli, con il salario, con anziani o ammalati in casa... La "gente comune" è sconcertata dalla faziosità di coloro che sono alla testa dei media del nostro Paese, che appaiono sempre più irretite da una visione "progressista" e dunque soggettivistico-radicale dell’esistenza umana. "Fateli parlare": applicherei questo invito anche a qualche editorialista del nostro Avvenire (i vari Rondoni, Cardia, D’Agostino, Corradi... e – perché no? – anche lei, direttore) e qualche esponente della nostra cultura cattolica. Spesso mi domando: con tutte le università pontificie e cattoliche che esistono nell’Urbe e nell’Orbe, possibile che ai dirigenti Rai non venga mai l’idea di introdurre nei dibattiti e nelle rubriche cultuali della tv (monopolizzate dagli Augias, Santoro, Floris, Fazio...) qualche esponente di queste istituzioni culturali che dovrebbero far parte del famoso pluralismo tanto sbandierato e così poco attuato?don Alberto Franzini - Casalmaggiore (Cr)«VENITE DA NOI E VEDETE FAZIO E SAVIANO»Caro direttore,quando incontriamo amministratori pubblici o politici per proporre progetti o idee per migliorare l’assistenza a persone in stato vegetativo o di minima responsività, oppure a persone che hanno avuto qualche progresso ma che rimangono con gravissimi handicap a vita (che è la nostra missione) ci sentiamo spesso rispondere: «Sì, ho capito, vedremo quello che si potrà fare...ci stiamo interessando...». Chiudiamo la porta con la netta sensazione che non hanno capito e che poco si farà. Quando però riusciamo a convincere qualche amministratore o politico a visitare le strutture dove questi nostri fratelli sono ospitati; quando varcano la soglia della nostra Casa (Iride) dove sono ospitate ed assistite persone in stato vegetativo da anni; quando incontrano alcune di queste famiglie al loro domicilio (diventato tutto il loro mondo, perché non c’è tempo nè spazio per pensare ad altro che ad assistere il proprio congiunto), allora le cose cambiano e molto. La risposta è allora: «Non avevo capito... Sono profondamente colpito... Occorre far subito qualcosa... Ci attiveremo immediatamente... Riparliamone già domani...». Solo dopo essere riusciti a far "vedere", abbiamo potuto ottenere qualcosa in più per l’assistenza domiciliare; abbiamo potuto "costruire" la nostra Casa; abbiamo potuto migliorare la assistenza. E allora credo che anche Fazio e Saviano, se "vedessero", tornerebbero sugli schermi per dire: «Scusateci tanto, voi famiglie che vi trovate in queste condizioni estreme: non avevamo capito; ci avevano riferito di una astratta filosofia eutanasica a cui avevamo dato ascolto solo con una ragione nichilista, dove la libertà di morire dovesse prevalere su una parvenza di vita. Ora sappiamo, ora non possiamo più dire cose che sono fuori da ogni vostra realtà. Abbiamo visto l’amorevolezza con cui accudite, abbiamo colto la serenità di vivere negli occhi (aperti) dei vostri figli così duramente colpiti; abbiamo compreso che nessuno di voi pensa che quella non è vita; abbiamo seguito gli operatori sanitari e i volontari che impegnano tutta la loro professionalità ed il loro amore; abbiamo visto sorrisi accendersi dopo anni di buio; abbiamo avvertito l’anelito e la voglia di vita in ogni elementare movimento. Abbiamo sbagliato, perché non sapevamo; abbiamo sbagliato perché la vita è prima di noi e sopra di noi». Venite e vedete, Fazio e Saviano. Caro Direttore, noi non siamo politici, non siamo giornalisti, non usiamo i media per farci belli. Noi operiamo semplicente, umilmente sul campo e invitiamo a conoscere, a capire, a sapere e dopo cerchiamo di trasmettere l’idea che insieme è più bello, è più utile, è più appagante; ancor più se tutto ciò è insieme a Colui che ci ha dato la vita ed è con Lui che anche nella nostra Casa condividiamo momenti belli, come quello di una Eucarestia, alla quale i nostri ospiti-figli non possono accedere fisicamente ma che certo li coinvolge spiritualmente. E allora noi non siamo citati sulla stampa e a noi forse non verrà dato un diritto di replica a Fazio e Saviano, anche se siamo grati di qualche servizio che Rai1 e Rai2 hanno voluto fare sulla nostra Casa, anche se poi taluni che non conoscono di cosa si parla elaborano visioni distorte, fino ad offuscare la bellezza della vita, di ogni vita. La bellezza della vita di Francesco, Emanuele, Gianluca, Maurizio, Patrik, Maria Teresa, Gianfranco, Ada (per tutto il tempo che il Signore ce l’ha donata), Andrea, Laurentiu, Edda, Lucia, Fabrizio, Oscar, Juan, Simone, Roberta... e di tanti, tanti altri che occupano il nostro animo, assieme a tutte le altre decine e decine di fratelli che hanno conquistato qualche spazio di progresso ma che hanno ugualmente bisogno di tutto e soprattutto del nostro amore, che loro ricambiano in ogni momento.Francesco Napolitano - Associazione Risveglio - Roma«NON HO MAI DESIDERATO CHE MIA NONNA FOSSE DIVERSA»Caro direttore,come tanti ho avuto modo di vedere il programma di Fazio e Saviano e devo essere sincera che, se da un lato sono rimasta colpita ed entusiasta per la denuncia del sistema mafia e di certa politica, dall’altra sono rimasta schifata da come la Chiesa e la figura di Gesù sono state rappresentate e descritte dai vari personaggi che si sono susseguiti... Io mi sono sentita offesa come cristiana e come cattolica, battezzata e credente. Di colpi bassi alla Chiesa ne sono stati rivolti tanti, ma stavolta l’anticattolicesimo ha superato ogni limite. Perché poi, se si parla di eutanasia, si nomina, si invita a parlare e a raccontare la loro esperienza solo la moglie di Welby e papà Englaro? Hanno invitato o fatto parlare qualcuna delle 3.000 famiglie che curano i loro malati in casa o che sono assistiti da personale sanitario e che non pensano alla morte come "soluzione finale"? Hanno invitato a raccontare i membri delle famiglie che, come la mia, hanno nonni o parenti che soffrono di malattie rare e sono costretti su una sedia a rotelle o su un letto da più di trent’anni? Hanno invitato quelle famiglie che prendono in affidamento i bambini "dimenticati" negli ospedali perché "ritardati" ecc..., li accolgono in casa, li crescono come loro e li vestono, li nutrono, danno loro un’istruzione e un’amore sconfinato? La rabbia e l’incredulità viene direttamente dalla mia esperienza. Mia nonna vive da trent’anni nella condizione in cui è. La sua malattia non la lascia tranquilla un attimo, anzi essendo degenerativa, ogni giorno è peggio. Io non ho mai desiderato una nonna diversa; l’ho vista giorno dopo giorno perdere l’uso delle gambe e delle braccia; giorno dopo giorno ho visto la fiamma della vita affievolirsi, ma mai mai mai ho desiderato che la fine di tutto fosse la sua "scomparsa", il sollievo nella morte che ti addormenta: no, no... Io comunque non mi considero sola; non lo è neppure mia nonna e tutte le altre famiglie. C’è tutto un popolo che non viene invitato e che forse non sarà mai invitato a parlare da Fazio e Saviano... o negli altri duemila talk show che seguiranno. Che amarezza...Irene«VIENI VIA CON ME» OSCAR DELLA FAZIOSITÀCaro direttore,la trasmissione di Fabio Fazio "Vieni via con me" di lunedi 15 novembre ,davvero meriterebbe un "oscar": quello della faziosità. Mi limito a segnalare la "performance" di Roberto Saviano. Da lui ci si poteva aspettare una credibile e puntuale ricostruzione di certe realtà mafiose, nella onesta cornice dell’educazione alla legalità. Rilevo, invece, affermazioni, da parte di Saviano, sulle quali il Ministro della giustizia Maroni trova di che sdegnarsi ed annunciare opportuni interventi. L’onorevole Maroni non è uno sprovveduto. Nel seguito della trasmissione, Saviano snocciola, a nostra edificazione, commoventi esternazioni sul "fine vita" in chiave laicista, nella assoluta assenza di contraddittori. Resta da chiedersi se questo giustifichi il lauto onorario previsto per ogni trasmissione (50.000 euro) presenziata. Altra "questione morale" riguarda i rischi ai quali gli uomini della scorta di Saviano devono esporsi, per consentirgli simili apparizioni mediatiche. È accettabile tutto questo?Fabiano B. STEFANO BORGONOVO «TESTIMONIAL» PER LA VITACaro direttore,nell’elenco di persone che possono rendere la loro testimonianza a favore della vita anche quando si è in condizioni critiche di salute non è ancora stato inserito un importante nome: quello di Stefano Borgonovo. Ritengo che la grinta e la determinazione di Borgonovo nel vivere la vita possano ben affiancarsi a quelle di Mario Melazzini e degli altri che sono stati nominati su Avvenire. Anzi, affiancare Borgonovo, divenuto noto al pubblico (in quanto ex-calciatore) ben prima di ammalarsi di Sla, e Melazzini, sostanzialmente sconosciuto prima di ammalarsi, è una occasione sia per far vedere che le "malattie non guardano in faccia a nessuno", sia per dire, cosa ben più importante, che tutti – ricchi e poveri, famosi e non famosi, uomini e donne, ecc... – possono e devono reagire al loro stato di malattia con grinta e determinazione: ma non per chiedere di morire, ma, piuttosto, per vivere!Daniele RidolfiIl nostro «elenco» non era esclusivo, ma emblematico, caro amico. Tra l’altro siamo stati i primi, o tra i primi, a raccontare la storia di Stefano Borgonovo e di tanti altri atleti (più o meno famosi) oggi malati: da Luca Polino ad Adriano Lombardi, da Maurizio Vasino a Giancarlo Galdiolo. (mt)
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