Ecco cosa vuol dire «andare a Messa»
giovedì 23 novembre 2017

Una giornata qualsiasi di questo novembre. A Milano, cielo incolore. Si va a scuola, si lavora. L’autunno è lento, calca adagio i suoi passi, mentre la sera il buio cala sempre prima. E domenica, andremo a Messa. Da cattolici quali siamo. Ci andremo forse anche perché ci si va, da sempre. Magari qualche volta con stanchezza, con smemoratezza del senso di quel gesto che si ripete. Con insofferenza addirittura, se l’omelia lunga, o noiosa. Ma che cos’ è, andare a Messa? Perché ci andiamo? A che cosa ci serve? Ieri il Papa in Udienza ha ricordato quale è il cuore di questo nostro andare doveroso, fedele, ma, può accadere, ingrigito.

Come questo cielo di novembre, a Milano. La Messa, ha detto Francesco, è «entrare nella Passione, morte, Resurrezione, Ascensione di Gesù; quando andiamo a Messa è come se andassimo al Calvario». La Messa, memoriale del Mistero pasquale di Cristo. Di quel soffrire, morire, scendere agli Inferi, faccia a faccia con la morte; e vincerla, infine, la morte, nostra ostinata compagna. «Noi, nella Messa, stiamo con Gesù, morto e risorto e Lui ci trascina avanti, alla vita eterna», ha detto Francesco. Ecco cosa facciamo, andando a Messa. Sedendo un po’ distratti su una panca, rispettosi ma abituati a quel settimanale rito uguale. Andando sì, come sempre, ma non aspettandoci molto.

Lo sappiamo a memoria, l’avvicendarsi di letture e preghiere. Conosciamo quel brano di Vangelo. Che potrà darci di nuovo, un’altra Messa? Andiamo in chiesa tutti con i nostri affanni e dolori. O con il peso, addosso, degli anni. Invecchiando, può diventare più difficile sperare. Avendo visto che questo mondo procede come sempre, può farsi arduo credere che possa infine vincere il bene, credere in un ricominciamento radicale. «È possibile rinascere quando si è vecchi?», chiedeva Nicodemo. A una certa età è una domanda che ci si pone. Perseverare nella speranza, con gli anni è faticoso.

Ma proprio per questo ci è data, nel cammino, questa stazione, la domenica. Per ritrovare fiato, e gambe. Il Papa: «La Messa ci rende partecipi della vittoria di Cristo sulla morte, e dà significato pieno alla nostra vita». E non è soltanto un ricordo, è di più - ha aggiunto - è fare presente quello che è accaduto venti secoli fa. Fare presente: dietro di Lui sul sentiero del Calvario, sulle spalle il peso della croce. Gli insulti, e quella atroce totale solitudine, quella tremenda percezione di abbandono.

Morire, in dono estremo a un Padre, per un lungo istante come assente. Morire per tutti, e per ognuno. Per ogni dimenticato, abbandonato, sofferente, per ogni volto oltraggiato. Giù, dentro l’oscuro e algido tempo del Sabato, tempo sospeso, tempo in bilico su un vertiginoso crinale. E poi, poi la pietra del sepolcro è abbattuta. «Maria!!». «Rabbuni!». Come un sole che si alza e dissolve ogni nebbia e ogni tenebra. «Ogni celebrazione dell’Eucaristia ha insegnato ieri il Papa - è un raggio di quel sole senza tramonto che è Gesù risorto. Partecipare alla Messa significa entrare nella vittoria del Risorto, essere illuminati dalla sua luce, riscaldati dal suo calore». Non succede a molti, di percepire fisicamente tutto questo. Ma più importante che il 'sentire' è il sapere, avere memoria di ciò che oggettivamente la Messa è. Tornare sui passi del martirio di Cristo.

Accompagnarlo, giù negli abissi, al fondo del buio, e poi in una incommensurabile luce. Come di sole chiaro di solstizio, allo zenit. Ogni domenica, un raggio di questo eterno sole. Per questo, andiamo a Messa. Per risanarci, scaldarci al vigore di una gran luce. E quanto ne abbiamo bisogno, affannati e smemorati come siamo, oppressi dal male. Invecchiati, magari, e alcuni quasi cinici ormai. Ogni domenica «il suo sangue ci libera dalla morte e dalla paura della morte», ci ricorda il Papa. Per tutti noi affaticati e stanchi quella fontana d’acqua viva, la domenica. Ogni domenica quella nuova aurora.

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