È ora di cambiare registro sulla Scuola. Ascoltare, agire e riaprire con lucidità
sabato 27 marzo 2021

Chiedono sempre più allarmati e per nulla rassegnati di "ascoltare" per davvero la realtà dei loro ragazzi i genitori e gli insegnanti che scrivono ad "Avvenire" da quando la pandemia ha preso in ostaggio la nostra vita. Chiedono di capire il pauroso disinvestimento sul futuro che si continua incredibilmente a fare in un’Italia sempre più carica di dolore, di nuove povertà e di ulteriori debiti. Ascoltare per agire. Nella scuola e con tutta la scuola. Accanto alle famiglie. Oggi è un (altro) giorno buono per farlo. Ascoltare, agire e riaprire con lucidità.


Gentile direttore,
non si stupisca se le chiedo di leggere, ma di evitare una pubblicazione di questa lettera, che non ritengo utile. Le chiedo solo che il suo giornale si faccia interprete con sempre più forza dello sconcerto diffuso davanti alla situazione unica in Europa e gravissima che si è creata con la chiusura della scuole, in particolare di quelle dell’infanzia, e delle domande su questo tema che non trovano risposta. Tutti sappiamo che la scuola dell’infanzia non pesa sui trasporti, luogo di contagi, essendo scuola di quartiere e che si può gestire (docenti e bambini) con gli scuolabus, e che il numero dei contagi all’interno della scuola primaria non è stato verificato. Sappiamo che l’anno passato i nonni furono allontanati dai nipoti ritenuti portatori del virus. Adesso, senza che ai bambini sia stato fatto un controllo, essi sono stati reclusi nelle case dove i genitori, la maggior parte almeno, evitando di consegnare i piccoli a baby sitter reclutate in emergenza, e dovendo lavorare, li affida ai nonni. I rischi di contagio e l’emergenza sanitaria sono dunque ignorati a favore di altri interessi (sindacali, economici, politici)? Nessuno pensa alla situazione delle famiglie degli immigrati dove la materna e le elementari sono necessarie all’integrazione e dove certo i dispositivi non sono a portata di tutti? Tutta Europa ha le scuole dell’infanzia aperte. Perché, a parità di contagi e di vaccinazioni, solo qui s’impone questa privazione, in un Paese che è sempre stato all’avanguardia nella pedagogia e nell’assistenza dei bambini? Si vuole che qualche cittadino o istituzione si rivolga proprio all’Europa perché chieda conto al nostro Paese della privazione imposta da governanti centrali e locali a proposito di un diritto fondamentale garantito dalla carta dell’Unesco? Non credo sia prudente ignorare il bisogno di risposte serie e di interventi immediati e concreti, in particolare da parte di parlamentari e personalità che si richiamano alla tradizione cattolica italiana, e che devono sentirsi eredi delle tante personalità impegnate in passato nella difesa dei più piccoli e per la “scuola di tutti”.

Lettera firmata


Caro direttore,


sono la mamma di un ragazzino di 14 anni che frequenta un liceo in Lombardia. Da un anno è a casa da scuola, “abbandonato” alla Dad. L’anno scorso infatti, dalle vacanze di Carnevale in febbraio, i ragazzini di terza media non hanno mai ripreso ad andare a scuola. Quest’anno in prima liceo grazie agli errori nel contare i contagi e a uno zelante presidente di Regione, dopo solo 5 settimane di scuola in presenza, a metà ottobre sono stati ricacciati a casa. Riammessi a scuola a fine gennaio per misere 4 settimane e poi ancora a casa. Senza una data per il rientro. Anche questo governo, ahimè, non prevede per loro un’urgente ritorno alla presenza. Neanche con la gestione della scuola a giorni alterni così ben congegnati e in equilibrio fra presenza e distanziamento. Neanche con un giorno solo a settimana a rotazione per gruppi. Questi ragazzi non hanno diritto alla scuola in presenza né alla presenza dei genitori a casa. Per noi madri e padri, infatti, non ci sono e non ci sono stati aiuti o agevolazioni per poter stare vicino ai propri figli maggiori di 14 anni. Si immagini di svegliarsi ogni giorno ormai da un anno in una casa che si svuota, sedersi davanti un computer, scaldarsi un pasto, tirare sera senza avere vicino nessuno con cui condividere emozioni, pensieri, frustrazioni, scherzi. Nulla. Abbiamo idea di quanti siano così disperatamente soli a14, 15 anni, 19 al massimo nelle nostre famiglie di figli unici perché in Italia i figli sono un bene di lusso? Le chiedo un aiuto a dare ancora più voce a questi ragazzini dimenticati, a cui si chiede un coraggio da leoni nell’affrontare le proprie esistenze, svuotate da adulti “paurosi e codardi” che per loro non hanno saputo trovare soluzioni in più di un anno di pandemia. Capirà, ne sono certa, perché le chiedo di non pubblicare il mio nome.


Una mamma lombarda


Caro direttore,


in qualità di insegnante vorrei ringraziarla per l’attenzione riservata costantemente da “Avvenire” alla scuola e ai suoi protagonisti, e desidero condividere con i lettori del giornale una commovente esperienza didattica. Durante una lezione di Educazione civica sul “Diritto all’istruzione dei bambini”, ricordo ai miei alunni che il termine “scuola” deriva dal greco scholè, tempo libero. I ragazzi rimangono stupiti perché pensano che la scuola, vissuta quotidianamente tra ore di lezioni da seguire in presenza o a distanza e tanti compiti da svolgere, sottragga loro il “vero” tempo libero da dedicare al divertimento. Un’alunna interviene improvvisamente e dice: «La scuola libera e ci rende liberi!». Esterrefatti e attoniti, i compagni la ascoltano. Interdetto e commosso, ammiro l’ingenuità e innocenza di quelle poche parole intrise di verità. Ragioniamo insieme sulla “scuola”, che significa tempo libero per lo “studio” e spazio in cui esprimere energie mentali e spirituali per la crescita e la formazione di coscienze libere in un mondo libero da povertà educative. La scuola ha il grande compito di costruire cittadini di un avvenire pieno di sfide contro crescenti disuguaglianze, ingiustizie e povertà materiali e culturali di bambini privati del diritto all’istruzione e oggi vittime di una «catastrofe educativa», consapevoli che «il primo passo per programmare la povertà è proprio sottrarre a un giovane il diritto a una buona istruzione. Ed è anche il modo più efficace per impedirgli di diventare un cittadino libero» (Massimo Calvi, “La fabbrica dei nuovi poveri cresce a colpi di aule chiuse”, “Avvenire”, 27 novembre 2020). In un’epoca di cambiamenti e in un cambiamento d’epoca (papa Francesco), è improrogabile una ricostruzione di ruolo, reputazione e autorevolezza della scuola – “fabbrica” del capitale umano di un Paese; “fabbrica del futuro”, come lei spesso scrive e dice – e degli insegnanti, artigiani dei cittadini di domani. Ce lo chiedono con urgenza le nuove generazioni e dobbiamo non solo prometterlo “parlando”, ma farlo “scrivendo” nelle giovani coscienze, perché, “

verba volant, scripta manent

”. Auguri di Buona Pasqua a docenti e alunni da troppo tempo in attesa di un vero “passaggio” da vacue promesse di ricostruzione a una piena resurrezione della scuola!


Vito Melia
insegnante di Lettere
Alcamo (Tp)


Gentile direttore,


vorrei rivolgermi ai presidi e ai docenti delle scuole italiane, in quanto madre di tre ragazzi in età adolescenziale (due frequentano istituti di scuola superiore uno di scuola media) per esprimere profonda e serissima preoccupazione per la grave crisi che i ragazzi stanno vivendo in questo periodo epocale. È una preoccupazione di madre, ma anche di cittadina, nel vedere i ragazzi a poco a poco sempre più assopiti, abulici, passivi, svuotati, annichiliti. Vorrei rivolgermi ai presidi e ai professori perché vorrei denunciare ciò che nessuno sembra aver il coraggio di dire chiaramente: la didattica a distanza è una necessità amara ma anche uno scempio, un’aberrazione della scuola e dell’istruzione. Essa grava sui ragazzi in termini, oltre che di apprendimento, anche motivazionali e di disagio psicologico. Ciò che mi allibisce di più però è che si tenta di far passare tutto questo come se fosse una cosa normale, a cui ci si deve abituare: la Dad andrebbe dunque intrapresa facendola scorrere nell’alveo di una normale didattica, seguendo le logiche dei programmi scolastici e dei metodi tradizionali di valutazione. Ma pandemia e Dad non hanno nulla di “normale”! Cari insegnanti, quella scacchiera di faccine piccole piccole che vi trovate davanti allo schermo è perlopiù fatta di pixel: immagini, visi e occhi spenti, assenti, fluttuanti in un’altra dimensione. Questi ragazzi li state perdendo, li stiamo perdendo. Ascoltateli, allora, interrogateli sul dramma che vivono dentro senza quasi accorgersene, recuperate, ravvivate quel piccolo lumicino che forse ancora fumiga, fatelo voi che avete mezzi, cultura e valori! Perché se non lo farete, se non lo faremo insieme, questo lumicino potrà arrivare a spegnersi... lasciando il vuoto. Un vuoto che altri si preoccuperanno di riempire. Mentre tutti noi brancoliamo tra vecchie e nuove abitudini, ecco che altri fanno già preda di quel vuoto. Con contenuti (se di contenuti si può parlare) devastanti. Mi riferisco al rifugio in cui si gettano i ragazzi per affogare la noia, attratti da quel qualcosa che sembra a tratti rianimarli dando loro qualche scossa di adrenalina che li fa sentire vivi. Mi riferisco ai gorghi della rete, ai videogiochi violenti su cui si gettano a capofitto per dimenticarsi e dimenticare o peggio per identificarsi in un ruolo e costruirsi un’identità alternativa. Rischia di insinuarsi a poco a poco la dipendenza non solo da videogiochi o web, ma da violenza, pornografia o semplicemente dalla banalità. Inutile far finta che dietro a tutto ciò non ci siano “menti” che dirigono il gioco! Non possiamo agevolare tutto questo con le vostre/nostre omissioni e, a volte, inettitudini. Per questo chiedo a voi in prima linea come noi genitori la lucidità che coloro che hanno ben più potere non hanno e di avere il coraggio di rimetterci in discussione, di “perdere tempo” con e per i ragazzi, anche a costo di trascurare un po’ i programmi scolastici. Le epoche di grandi sfide hanno sempre prodotto grandi cambiamenti, ma non sempre in senso positivo: facciamo in modo che questo passaggio storico sia l’occasione per una svolta verso il bene e il progresso della società, non verso la sua regressione.


Marialisa Berti
Bassano del Grappa


Caro direttore,


la traumatica esperienza della pandemia ha messo e mette in difficoltà tanti settori della vita produttiva, sociale e culturale. Quello maggiormente penalizzato rimane la scuola dalle elementari all’Università: tutti gli studenti hanno perso tempo prezioso per la propria istruzione e formazione, difficilmente recuperabile nella congiuntura attuale. Il danno subito per due anni in termini soprattutto di apprendimento è enorme: rischia questa generazione di pagare pesantemente con l’abbassamento degli obiettivi didattici e culturali. Il prolungamento dell’obbligo scolastico fino ai diciotto anni s’impone, se vogliamo contrastare un preoccupante, diffuso fenomeno di nuovo analfabetismo, acuito dalla Dad. L’innalzamento dell’obbligo a tutti fino ai diciotto anni non rappresenta una misura concreta per recuperare il “tempo perduto” ed elevare il livello culturale del Paese? Sottovalutare le ricadute negative di questi due anni della pandemia sulla preparazione degli studenti piccoli e grandi non sarebbe un grosso errore da parte del governo Draghi?


Domenico Mattia Testa


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