Due parole e tanta attesa
martedì 16 marzo 2021

«Chiunque passa». Non sappiamo se l’espressione usata l’altra sera in tv da Francesco Paolo Figliuolo diventerà celebre come il «Whatever it takes » – a qualunque costo – di Mario Draghi nel 2012, quando con queste tre parole (e i miliardi di euro cui alludevano, ovvio) fermò una speculazione contro l’euro dagli esiti potenzialmente disastrosi. Di emergenza analoga, d’altra parte, stava parlando domenica il generale alpino cui il premier coniatore di quella frasesimbolo ha affidato la complicatissima gestione dell’emergenza Covid.

Uomo di modi diretti e dalla prosa che non si perde in perifrasi, Figliuolo ha condensato in un inconsapevole slogan un concetto evidente a tutti: se tra i problemi della campagna vaccinale in corso c’è lo spreco di «dosi buttate» perché i destinatari non si presentano all’appuntamento per l’inoculazione, allora «bisogna utilizzare il buonsenso» vaccinando «le classi prioritarie» e, non dovesse bastare, anche «le classi vicine» per età. E qualora restassero ancora flaconi aperti e non finiti, «sennò chiunque passa». Perché «tutti vanno vaccinati, questo bisogna fare». Più chiaro di così. L’Alpino ha sintetizzato in due parole un concetto che si porta dietro un mondo, probabilmente centrando in una battuta l’immaginario di noi italiani ancora sensibili a messaggi di sobrietà e già inclini a pensare che se quella contro il virus è una sfida contro un nemico letale e scaltro allora ci vuole in sala controllo qualcuno con princìpi inequivoci e parole d’ordine facili da condividere.

È evidente che siamo a un passaggio cruciale della pandemia: un anno di privazioni e lutti ha convinto quasi tutti (quasi: qui stendiamo un velo sui minimizzatori a oltranza) ad accettare il vaccino come arma potenzialmente risolutiva, anche perché è l’unica di questa natura che abbiamo. A nessuno sfugge la delicatezza dei giorni che stiamo attraversando, con farmaci sofisticatissimi che mostrano i problemi di uno sviluppo incompleto, e con le conseguenti scelte prudenziali delle autorità sanitarie di sospendere il solo AstraZeneca mentre si indaga sugli episodi avversi. Ma c’è chi ha un’idea migliore dei pur imperfetti vaccini, escludendo la convivenza sine die con un nemico accertato della nostra vita?

In attesa che si faccia chiarezza su malori e morti sospette, che in un’operazione di massa come questa non vanno purtroppo esclusi, le due secche paroline di Figliuolo ci dicono che le sostanze immunizzatrici sono un bene preziosissimo, al punto da obbligarci moralmente a non sciuparne neppure una goccia. La gratuità e il diritto al vaccino non possono sminuire il valore scientifico e umano di ciascuna dose. Dire autorevolmente che di una fiala non ci è consentito gettar via niente rimarca la consapevolezza che ci è affidato un bene vero dal quale dipende il nostro futuro, una risorsa in grado di far camminare la speranza che abbiamo coltivato tenacemente per mesi, mostrando di saperci inventare ogni sistema per tener viva l’incrollabile certezza di uscirne.

E allora, forse era necessario che proprio adesso che la strada si fa di nuovo accidentata qualcuno ci ricordasse cosa abbiamo tra le mani, quale chance e cosa comporta, una sfida che include anche l’inquietudine di dover accettare un farmaco che nelle sue diverse denominazioni resta comunque ignoto. Ora ci dicono che ogni dose è come un boccone di pane: sin da piccoli a tanti di noi è stato insegnato che non se ne butta via neppure un pezzettino, perché è un bene in sé, e gettarlo come fosse un oggetto senza valore è un affronto a chi non ne ha.Pensiamo solo a quanti nel mondo verso quella goccia che avanza alla nostra tavola che si va imbandendo di vaccini guardano con un desiderio che neppure immaginiamo. Ma senza allontanarci da casa nostra, consideriamo anche soltanto quanti sono gli anziani, i disabili, i malati fragili, i familiari e gli accompagnatori che sembrano essere stati dimenticati in questa o quella Regione, quanti italiani il cui turno pare già essere passato senza che nessuno si sia fatto ancora vivo, per chissà quale inerzia negligente, groviglio burocratico, lacuna organizzativa. È anche per loro che non ci è lecito sciupare i flaconi lasciati a mezzo da chi per qualunque motivo ha preferito evitare l’iniezione. Ma non solo. Alla dura scuola della pandemia abbiamo anche iniziato a riconoscere ciò che ci è davvero necessario per vivere distinguendolo dal superfluo, come a un corso accelerato di sobrietà nel quale ci è apparso forse una buona volta evidente che dell’essenziale non vogliamo più perdere nulla. E allora, se di una risorsa pur non priva di incognite, ma che promette di poterci traghettare oltre la tempesta, si sta rischiando di fare sperpero è indispensabile che la si affidi anche a «chiunque passa». Per scuoterci, a volte, possono bastare due parole ben trovate.

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