Dove tutti incominciano la solidarietà e dove (e perché) non deve finire
sabato 4 maggio 2019

Gentile direttore,
sono rimasto molto colpito dal tuo editoriale di domenica 28 aprile 2019, da quello di Francesco Riccardi del venerdì precedente, dal grido di allarme lanciato dai professori Stefano Zamagni e Luigino Bruni e dal lungo lavoro di documentazione in corso sulle colonne di "Avvenire". Al centro di tutto c’è questo attacco sprezzante, strisciante o rumoroso contro le reti solidali. Tante voci importanti si sono levate sinora, aggiungo la mia. Alla luce del mio osservatorio privilegiato sia in Italia sia in Europa come cittadino impegnato a vario titolo nell'associazionismo familiare, ho provato a riflettere e analizzare le cause di questa paura dei poveri (aporofobia) che si sta trasformando in "guerra tra poveri". Le cause della paura risiedono probabilmente nel tentativo (in parte riuscito) di aver svuotato, di senso, la famiglia, che ha perso la sua funzione sociale vivendo e subendo per prima la precarietà esistenziale. Aver tentato di trasformare, senza famiglia, le persone in individui, sta rischiando di far venire meno la ragione sociale dello stare insieme.

Da qui la paura dell’altro. Pertanto, l’invito del professor Zamagni ai cattolici a impegnarsi andrebbe forse interpretato anche come invito a investire sul ruolo della famiglia. Infatti, le virtù dell’accoglienza, della gratuità e della reciprocità, solo se apprese in famiglia, possono essere praticate meglio all'esterno in vari modi e maniere. La nostra esperienza italiana ci insegna che la prima rete solidale è da sempre rappresentata dalle famiglie. Le altre reti intervengono solo in via sussidiaria, quando le famiglie sono in crisi, non riescono oppure hanno paura. È facile perciò affermare che l’aporofobia sarà sconfitta mettendo al centro la famiglia (sotto un profilo non solo sociale, ma anche politico ed economico). Ritorniamo a parlare di famiglia non come malato da curare, ma come cura del malato: non diamo per scontato la famiglia e il suo ruolo di rilievo pubblico. Riacquistando il proprio ruolo sociale, le famiglie riacquisteranno la capacità di generare speranza. Solo la speranza sconfigge la paura. A quel punto, le famiglie saranno famiglie per tutti, accogliendo senza paura i poveri, senza differenza tra italiani, immigrati, diversamente abili e senza fissa dimora. Parlare di povertà senza parlare di famiglia significa, a mio avviso, dimenticarsi il tronco lasciando i rami. Poniamo la famiglia come strumento di soluzioni delle attuali emergenze esistenziali, anche perché queste emergenze sono là cause di emergenze vocazionali (di tutti i generi) che solo in famiglia possono essere generate! Un abbraccio.

Gigi De Palo
Presidente del Forum delle Associazioni familiari

Certo, caro presidente, tutto comincia dalla famiglia, “luogo” generativo per eccellenza, culla della vita, «tronco» dal quale si dipartono i rami dell’esistenza, scuola di relazioni e prima ed essenziale palestra della solidarietà. E tu sai con quanta convinzione accompagniamo da sempre la battaglia del Forum delle associazioni familiari perché il ruolo della famiglia sia riconosciuto e valorizzato. Siamo perfettamente d’accordo, e lo ripeto: tutto comincia dalla famiglia, anche la solidarietà. Il problema che stiamo affrontando è dove e come si vuol far finire la solidarietà e le reti in cui essa si organizza nella nostra società sostenendo in ogni fase e condizione la vita umana, soprattutto quando essa è più debole. Anche quando famiglia non ha o non ha più. Perché con un’asprezza di parole e di atti politici mai vista prima d’ora le reti di solidarietà sono state incredibilmente messe sotto ingiuria, sotto schiaffo e sotto processo. Ho scelto tre espressioni che sono non solo metafore, ma fatti reali. Piovono insulti e calunnie, si enfatizzano errori di alcuni contro tutti, si organizzano provocazioni e intimidazioni, si imbastiscono processi politico–mediatici. È questa la questione urgente che abbiamo posto in modo esplicito e con forza da dieci giorni a questa parte, e che anche altri giornali (e ne sono felice!) hanno cominciato a “vedere” e a spiegare ai loro lettori e che alcune trasmissioni radio e tv aiutano a comprendere nelle sue implicazioni. Considero incredibile quanto sta accadendo, perché queste reti solidali – largamente costruite grazie a scelte personali e familiari di volontariato e gratuità, ma anche da un lavoro professionale generoso e pulito – sono parte essenziale del sistema di welfare sussidiario del nostro Paese, quello che sta affiancando liberamente ed efficacemente lo Stato per soccorrere, “consolare” e riscattare povertà materiali ed esistenziali, marginalità di ogni tipo, disabilità, malattie. Italiani di nascita e stranieri immigrati ne sono i destinatari e i co–protagonisti. Attaccare tutto questo, ridicolizzarlo, infangarlo e osteggiarlo come alcuni politici si ostinano a fare, e con particolare durezza l’attuale ministro dell’Interno, è sbagliato in sé ed è autolesionista anche dal punto di vista dell’interesse della nostra comunità nazionale. Sì, caro Gigi, si comincia dalla famiglia e la solidarietà stessa comincia da lì. Il problema e che abbiamo politici che, lungo la china che è stata imboccata, rischiano di pensare e far pensare la famiglia come mero luogo della riproduzione e della sospettosa continuazione di una stirpe, non come la cellula fondamentale di una società viva, aperta perché ben regolata e solidale. Per questo siamo profondamente d’accordo nell'indicare tutta un’altra direzione.

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