Dove si inizia e dove porta la difesa della vita
Caro direttore,
ho molto apprezzato la risposta che lei ha dato alle due lettere pubblicate su "Avvenire" del 18 novembre 2016: «La vita non si fa a pezzi. E neanche la difesa della vita si può fare a pezzi». Nella nostra storia passata e recente molte forze politiche si sono fatte paladine della difesa della vita e della famiglia, ma poi sono state artefici di leggi che penalizzano i più deboli ed i giovani, danneggiando così le famiglie e favorendo la denatalità. Evidentemente avevano fatto le loro (vane) promesse per intercettare voti, soprattutto dei cattolici. Inoltre, si sono fatte delle distinzioni fra valori non negoziabili e valori negoziabili, facendo dichiarazioni teoriche a difesa della vita e della famiglia (valori non negoziabili) e relegando tutta la politica e le leggi necessarie per difendere in pratica la vita e la famiglia fra le cose opinabili e quindi negoziabili: in tal modo si fa la figura di difendere i valori più alti, ma contemporaneamente si difendono gli interessi dei più forti. Sarebbe molto importante praticare la virtù del "discernimento" così cara al fondatore della Compagnia di Gesù, sant’Ignazio. I suoi seguaci penso la pratichino in modo lodevole, in primo luogo il nostro papa Francesco.
Pasquale Fortunio, Bresso (Mi)
Gentile direttore,
pietoso, veramente pietoso e "commovente" il ginecologo che sente la sofferenza del crimine di aborto. Un tipo alla "chiagne e fotte", come direbbero a Napoli. Se davvero sente il peso dei plurimi omicidi commessi, perché non smette? Troppo comodo dichiararsi oppresso, di sentirsi la croce addosso per tutta la vita - abietta espressione quel citare la croce abbinata al crimine - e poi continuare «obbedendo prima agli uomini che a Dio». Vorrei dire a Marina Corradi, che ne ha scritto il 24 novembre 2016, che costui aggrava davanti a Dio e all’umanità la sua posizione. Ma, da come si legge nel suo articolo, sembra quasi che esprimendo un rammarico senza lagrime il ginecologo omicida si senta a posto con la coscienza, giusta lettera papale Misericordia et misera. Siffatti articoli che lei pubblica, direttore, glielo dico senza remore o velamenti lessicali, sono un’esortazione a continuare la strage perché al lettore tipi come quello descritto da Marina Corradi ispireranno pietà facendo passare in terzo, quarto millesimo piano il delitto che egli compie ogni volta che macella un feto.
Luciano Pranzetti
ho molto apprezzato la risposta che lei ha dato alle due lettere pubblicate su "Avvenire" del 18 novembre 2016: «La vita non si fa a pezzi. E neanche la difesa della vita si può fare a pezzi». Nella nostra storia passata e recente molte forze politiche si sono fatte paladine della difesa della vita e della famiglia, ma poi sono state artefici di leggi che penalizzano i più deboli ed i giovani, danneggiando così le famiglie e favorendo la denatalità. Evidentemente avevano fatto le loro (vane) promesse per intercettare voti, soprattutto dei cattolici. Inoltre, si sono fatte delle distinzioni fra valori non negoziabili e valori negoziabili, facendo dichiarazioni teoriche a difesa della vita e della famiglia (valori non negoziabili) e relegando tutta la politica e le leggi necessarie per difendere in pratica la vita e la famiglia fra le cose opinabili e quindi negoziabili: in tal modo si fa la figura di difendere i valori più alti, ma contemporaneamente si difendono gli interessi dei più forti. Sarebbe molto importante praticare la virtù del "discernimento" così cara al fondatore della Compagnia di Gesù, sant’Ignazio. I suoi seguaci penso la pratichino in modo lodevole, in primo luogo il nostro papa Francesco.
Pasquale Fortunio, Bresso (Mi)
Gentile direttore,
pietoso, veramente pietoso e "commovente" il ginecologo che sente la sofferenza del crimine di aborto. Un tipo alla "chiagne e fotte", come direbbero a Napoli. Se davvero sente il peso dei plurimi omicidi commessi, perché non smette? Troppo comodo dichiararsi oppresso, di sentirsi la croce addosso per tutta la vita - abietta espressione quel citare la croce abbinata al crimine - e poi continuare «obbedendo prima agli uomini che a Dio». Vorrei dire a Marina Corradi, che ne ha scritto il 24 novembre 2016, che costui aggrava davanti a Dio e all’umanità la sua posizione. Ma, da come si legge nel suo articolo, sembra quasi che esprimendo un rammarico senza lagrime il ginecologo omicida si senta a posto con la coscienza, giusta lettera papale Misericordia et misera. Siffatti articoli che lei pubblica, direttore, glielo dico senza remore o velamenti lessicali, sono un’esortazione a continuare la strage perché al lettore tipi come quello descritto da Marina Corradi ispireranno pietà facendo passare in terzo, quarto millesimo piano il delitto che egli compie ogni volta che macella un feto.
Luciano Pranzetti
– di una chiamata a non fare a pezzi la vita propria e degli altri e non fare una difesa della vita a pezzi.
Marco Tarquinio
Marco Tarquinio
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