Dove si inizia e dove porta la difesa della vita
sabato 26 novembre 2016

Caro direttore,
ho molto apprezzato la risposta che lei ha dato alle due lettere pubblicate su "Avvenire" del 18 novembre 2016: «La vita non si fa a pezzi. E neanche la difesa della vita si può fare a pezzi». Nella nostra storia passata e recente molte forze politiche si sono fatte paladine della difesa della vita e della famiglia, ma poi sono state artefici di leggi che penalizzano i più deboli ed i giovani, danneggiando così le famiglie e favorendo la denatalità. Evidentemente avevano fatto le loro (vane) promesse per intercettare voti, soprattutto dei cattolici. Inoltre, si sono fatte delle distinzioni fra valori non negoziabili e valori negoziabili, facendo dichiarazioni teoriche a difesa della vita e della famiglia (valori non negoziabili) e relegando tutta la politica e le leggi necessarie per difendere in pratica la vita e la famiglia fra le cose opinabili e quindi negoziabili: in tal modo si fa la figura di difendere i valori più alti, ma contemporaneamente si difendono gli interessi dei più forti. Sarebbe molto importante praticare la virtù del "discernimento" così cara al fondatore della Compagnia di Gesù, sant’Ignazio. I suoi seguaci penso la pratichino in modo lodevole, in primo luogo il nostro papa Francesco.
Pasquale Fortunio, Bresso (Mi)

Gentile direttore,
pietoso, veramente pietoso e "commovente" il ginecologo che sente la sofferenza del crimine di aborto. Un tipo alla "chiagne e fotte", come direbbero a Napoli. Se davvero sente il peso dei plurimi omicidi commessi, perché non smette? Troppo comodo dichiararsi oppresso, di sentirsi la croce addosso per tutta la vita - abietta espressione quel citare la croce abbinata al crimine - e poi continuare «obbedendo prima agli uomini che a Dio». Vorrei dire a Marina Corradi, che ne ha scritto il 24 novembre 2016, che costui aggrava davanti a Dio e all’umanità la sua posizione. Ma, da come si legge nel suo articolo, sembra quasi che esprimendo un rammarico senza lagrime il ginecologo omicida si senta a posto con la coscienza, giusta lettera papale Misericordia et misera. Siffatti articoli che lei pubblica, direttore, glielo dico senza remore o velamenti lessicali, sono un’esortazione a continuare la strage perché al lettore tipi come quello descritto da Marina Corradi ispireranno pietà facendo passare in terzo, quarto millesimo piano il delitto che egli compie ogni volta che macella un feto.
Luciano Pranzetti

Le dico subito, gentile signor Fortunio, un franco "grazie" per l’apprezzamento e la libera condivisione del nostro lavoro. E a lei, signor Pranzetti, dico un altrettanto franco "mi dispiace" per come riesce a distorcere sia la parola di misericordia del Papa e della Chiesa (tinyurl.com/zcuwvdv) sia la riflessione di Marina Corradi. Non serve a un bel nulla la pura affermazione dei cosiddetti «valori non negoziabili»: vita umana, famiglia fondata sul matrimonio, libertà di educare, di pensare e di credere. Non serve perché una simile "difesa" tradirebbe e in effetti – quando è stata fatta – ha tradito la stessa intenzione che, da un punto di vista umano e cristiano, dovrebbe muoverla. Non a caso Benedetto XVI amava definirli più propriamente «princìpi irrinunciabili». Principio è una parola che ha in sé l’idea di origine, di inizio. È ciò che avvia un processo e gli dà senso, come direbbe papa Francesco. Ma anche valore – lo sappiamo – è una bellissima parola, che non ha neppure bisogno di essere spiegata. L’una e l’altra sono parole di cammino, e però possono essere fatte deragliare nel significato e capovolte nella direzione. Insomma, sono vere solo se non diventano il "coperchio parolaio" – cioè formale, astratto, moralistico – di una "pentola del niente" dal punto di vista della vita concreta. Qualcuno le riduce a questo, purtroppo. E fa molto male. Anche perché finisce regolarmente per "parlar male" del bene possibile e necessario. Un tic polemico che trasforma la mano tesa a chi è in difficoltà o sta sbagliando che è propria del buon cristiano – e comunque dell’uomo retto – in una mano che percuote, scansa, esclude. Per questa via si arriva presto all’improperio sentenzioso, che non salva nessuno e si accanisce – l’abbiamo visto in certe incredibili critiche "cattoliche" al Papa dopo la lettera apostolica Misericordia et misera – contro l’idea stessa di perdono. Posso dirlo? Ci vuole un bel coraggio a snobbare "la scuola del Padre" e a mettersi qui e ora dalla parte del giudice, di quello che parla di ciò che meriteranno o non meriteranno gli altri...

Detto questo personalmente non ho dubbi sul fatto che nel magistero dei Papi e nell’impegno di tanti – credenti e no, nella vita quotidiana e anche sulle pagine di questo giornale – l’idea di «valori non negoziabili» si è via via declinata in concrete azioni di solidarietà e nella definizione e proposta di politiche corrispondenti: per la famiglia, il lavoro a misura d’uomo e di donna, per un welfare vero e sostenibile, per un’economia responsabile, per una risposta solidale e pienamente civile a qualunque esigenza umanitaria. Da cattolici e da cittadini d’Italia, d’Europa e del mondo siamo infatti appassionati di tutto ciò che rende la vita umana degna di essere vissuta, in ogni sua fase e in ogni condizione: nascente, giovane, adulta, anziana, sfruttata, malata, discriminata, morente, migrante... Oggi come ieri, su questo non si possono chiudere gli occhi, rassegnandosi alla mancanza di rispetto e di solidarietà, al vuoto di misericordia, una forza – ci ricorda Francesco – che fa più giusto il mondo.

Cercare una strada condivisa verso il bene, invece, è sempre doveroso. Battersi per migliorare leggi e/o decisioni amministrative inadeguate, ambigue o rischiose è un compito da onorare. Non si cambia il mondo e non ci si salva l’anima chiudendosi nella ridotta dei propri convincimenti, bensì avendo voce e idee ed esercitando l’arte paziente e forte del dialogo, nella quale il "discernimento" che lei, signor Fortunio, giustamente invoca e loda è fondamentale e virtuosa attitudine. Ma negoziare, cioè commerciare la dignità umana, cioè "farne mercato" non è cosa buona e accettabile. Il confine tra mediazione saggia e mediocre rassegnazione è in genere netto, eppure a volte, nella difficoltà di certi passaggi, sembra diventare labile. In quei casi, è più necessario che mai avere una bussola salda. Cito la risposta data nel marzo del 2014 da papa Francesco a una domanda di Ferruccio de Bortoli, allora direttore del "Corriere della sera": «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili». Ce ne vuole, signor Pranzetti, per pensare che si tratti di una resa, e non – come è, come è e come avevo di nuovo sottolineato qualche giorno fa – di una chiamata a non fare a pezzi la vita propria e degli altri e non fare una difesa della vita a pezzi.
Marco Tarquinio

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