Dov’è tuo fratello? Domanda più che mai attuale
venerdì 6 luglio 2018

Francesco a Lampedusa 5 anni fa, oggi preghiera per i migranti Grazie, papa Francesco, perché ancora una volta e ogni volta ti metti accanto ai rifugiati, dalla loro parte cammini con loro. Anche oggi, con la preghiera, totalmente al fianco di chi vive l’esperienza del cammino, del viaggio, come condizione umana.

Sono passati 5 anni dal tuo primo viaggio apostolico che sorprese tutti perché fatto a Lampedusa, isola minuscola al centro del Mediterraneo, allora crocevia di rotte di disperati in cerca di salvezza. Simbolo di un Paese, porta d’Europa, in cui la Sicilia era terra di benvenuto per un continente già allora chiuso e distante ma sempre meno di quanto non lo sia oggi. Dov’è tuo fratello? Ammonisti un’Europa cieca e indifferente.

Dov’è tuo fratello? Un interrogativo che apre al cambiamento, alla conversione. Purtroppo ancora oggi riusciamo a dare alla domanda che, nel Libro della Genesi, Dio rivolge a Caino, solo una risposta amara. Mio fratello è morto in mare perché non è stato soccorso, è morto perché ha messo la sua vita in mano a dei trafficanti, solo e disperatamente per mancanza di alternative legali e sicure. È morto perché governanti irresponsabili hanno trovato negli ultimi della terra un capro espiatorio per nascondere incapacità e pigrizia nel creare un futuro possibile per tutti, perché hanno preferito erigere muri impenetrabili e chilometri di filo spinati che edificare case con le porte aperte e finestre da cui far entrare energie per un’avvenire comune e di pace. È morto e probabilmente nessuno lo sa, nessuno lo nota.

Dov’è tuo fratello? Nel Mediterraneo, mare di morte, dove purtroppo oggi dobbiamo ammettere che non c’è solo nostro fratello, ma anche le nostre sorelle e persino i nostri figli innocenti. Mio fratello è in quel mare di morte, lontano da sua madre, che non potrà seppellirlo, ucciso da egoismo e menzogna, schiacciato da una mistificazione mediatica e politica che trasforma le vittime in carnefici, i fratelli in nemici. Sordi e ciechi al dolore dei nostri fratelli, non sappiamo più piangere per il dolore altrui, le lacrime sono compassione umana che sgorga da cuore e occhi.

Oggi abbiamo occhi aridi e cuori induriti, siamo senza compassione per chi chiede aiuto, per chi viene verso di noi. Grazie, papa Francesco, perché in questo anniversario hai voluto intorno a te i rifugiati arrivati via mare e con loro chi salva le vite, chi ogni giorno si spende per accogliere, integrare, costruire nel silenzio, con un’operosità che non fa notizia, un futuro in cui ci sia spazio per tutti, in cui l’altro è dono e ricchezza. In questo anniversario, che celebriamo in un momento tanto difficile, è giusto ringraziare i tanti uomini e donne di buona volontà che ogni giorno con passione, motivazione e competenza lavorano perché arrivi presto quel domani in cui la paura sia antico ricordo e nuovi anticorpi vincano il male più grande della nostra generazione: quella globalizzazione dell’indifferenza che ammala le nostre società di assuefazione alla morte e al dolore dell’altro.

Grazie, papa Francesco, per essere stato a Lampedusa 5 anni fa, cominciando il tuo viaggio di pastore dalle periferie esistenziali, offrendoci una nuova geografia che mette al centro del mondo coloro che abitano ai margini, compiendo quella rivoluzione necessaria in cui la pietra scartata diventa testata d’angolo di una nuova umanità e di un nuovo umanesimo.

Sacerdote, presidente Centro Astalli – Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia

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