venerdì 31 gennaio 2014
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Si è svolta mercoledì scorso la manifestazione indetta a Bruxelles dalle organizzazioni sindacali di sinistra spagnole per opporsi al disegno di legge di nuova regolamentazione dell’aborto. La mobilitazione europea, cui ha aderito anche la Cgil con un appello della segretaria generale Susanna Camusso,  deve aver ottenuto un successo piuttosto moderato, se “El Pais”, quotidiano filosocialista madrileno, parla della presenza di 2.000 partecipanti. La proposta di riforma presentata dal ministro della giustizia Alberto Ruiz Gallardon tende ad annullare gli eccessi contenuti nella legislazione precedente, ispirata al “diritto di aborto”, riportando l’interruzione volontaria della gravidanza a una casistica sostanzialmente analoga a quella vigente in Italia, il che ha indotto l’episcopato spagnolo a giudicarla come un passo avanti che tuttavia non corrisponde all’insegnamento della Chiesa sulla tutela della vita.È comprensibile che i settori più attivi del laicismo spagnolo (in cui ha un peso anche un anticlericalismo di massa erede della tradizione anarchica) si mobilitino a difesa della loro visione (piuttosto unilaterale) del "diritto delle donne". Un po’ meno comprensibili sono le ragioni che spingono una organizzazione sindacale statutariamente aperta a tutte le ispirazioni ideali e religiose, come la Cgil, a sostenere questa mobilitazione, aderendo esplicitamente, come si può leggere nell’appello della segretaria, alla battaglia per il "diritto" di aborto, che è cosa assai diversa dalla tutela della donna e della lavoratrice intesa anche nel modo più ampio possibile. Non si tratta solo di una questione di priorità nell’indicazione degli obiettivi di un’azione sindacale, che pure esiste, o di interpretazione davvero forzata dei vincoli di internazionalismo. Quel che i dirigenti della Cgil dovrebbero considerare meglio è proprio l’inopportunità per un sindacato di prendere partito a favore della interpretazione più radicale (e per certi versi estrema) di una tematica sulla quale la sensibilità morale delle persone, e quindi anche dei lavoratori, deve essere rispettata nella sua oggettiva pluralità, che sicuramente attraversa anche i milioni di iscritti alla Cgil.
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