Scandalo di guerra (e affari) in Yemen. E la scossa politica ancora non c'è
sabato 10 novembre 2018

Gentile direttore,
scrivo a lei perché “Avvenire” ha sempre una particolare attenzione ai fatti del mondo. E torno sulla notizia della morte della piccola Amal Hussain: devo confessare che la sua foto mi ha profondamente scosso. Mi ha fatto ricordare le foto dei bambini del Biafra di quello che sembra un secolo fa, e mi sono chiesto perché tanto silenzio su questa guerra, forse perché un po’ tutto l’Occidente ha la coda di paglia? Vorrei che tutti i giorni venissero pubblicate in prima pagina le foto dei martiri di tutte le guerre che sono silenziosamente in corso, invece che i faccioni sempre sorridenti dei due vicepremier italiani; non è forse più importante sapere da dove viene il nostro benessere e come vengono gestiti i nostri soldi? Mi scusi lo sfogo, ma mi chiedo, se non potrebbe partire anche da un giornale come “Avvenire” una campagna per chiedere al nostro Governo di fermare la vendita di armi all’Arabia Saudita e di farsi attore della ricerca di una pace urgente anche in Yemen. La ringrazio per l’attenzione e le porgo i miei saluti augurandole buon lavoro.
Gianni Trentin


Gentile signor Trentin, è dal 1° novembre 2015 che noi di “Avvenire” siamo in campagna informativa sul tema delle forniture belliche ai protagonisti della feroce guerra in Yemen e, in special modo, sullo scandalo delle bombe prodotte in Italia nello stabilimento sardo della tedesca Rwm (controllata dalla Rheinmetal) e impiegate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita in quel terribile teatro bellico che da molti mesi l’Onu considera, dal punto di vista umanitario, persino più grave di quello siriano. A Roma si sono succeduti tre Governi, ma nessuno stop è arrivato a un commercio che è moralmente insostenibile e che, normative vigenti alla mano, dovrebbe essere legalmente impossibile. Un primo segnale è stato fatto balenare nelle scorse settimane dalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta. Lì siamo rimasti. Vedremo... Per questo non ci stanchiamo di dare conto della mobilitazione e di far risuonare denunce e appelli che continuano a salire “dal basso”, nel Sulcis-Iglesiente e altrove, per iniziativa di uomini e donne appassionati e responsabili come quelli riuniti nel “Comitato Riconversione Rwm per la pace e il lavoro sostenibile” e di esponenti del mondo politico e amministrativo come Stefania Proietti, sindaco di Assisi, che ha aderito in pieno a questo impegno e ha messo a disposizione la speciale “tribuna” della francescana Città della Pace.
È una battaglia di civiltà e di legalità (anche costituzionale) sostenuta da pochi e ignorata da troppi. Sabato 3 novembre, giusto una settimana fa, quando abbiamo pubblicato – anche in apertura di prima pagina – le strazianti foto della piccola Amal Hussain, abbiamo sperato di poter registrare un fattivo e corale soprassalto, in una scossa di responsabilità nel mondo politico. Non è accaduto. Vogliamo che avvenga. Per questo non perdiamo la speranza e non sospendiamo il lavoro di documentazione. Per questo – assieme ai colleghi di Tv2000 e di “Città Nuova”, e a quelli di pochissimi altri giornali che, via via, si sono aggiunti – continuiamo a parlare e scrivere con la necessaria chiarezza. La sua mail, gentile amico, mi dà la possibilità di segnalare un’ulteriore iniziativa in corso proprio in queste ore. Su change.org il “Comitato Riconversione Rwm” ha lanciato la petizione «Fermiamo l’espansione della fabbrica di bombe in Sardegna» – raggiungibile via web cliccando sul link: https://chn.ge/2PmEQ1P – indirizzata al sindaco di Iglesias ai vertici istituzionali e di governo che sta già raccogliendo migliaia di firme. L’obiettivo dell’azienda, approvato dalla Conferenza dei servizi, è infatti quello di «raddoppiare gli impianti e triplicare la produzione» di ordigni bellici nell’ex fabbrica di esplosivi per uso civile posta nel cuore di un suggestiva porzione della bellissima Sardegna e che, purtroppo, è anche una delle aree più povere di lavoro. La sfida è grande, proprio per questo va affrontata con tutta la lucidità e il rigore necessari.


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