Diamoci coraggio per vedere, capire e parlar chiaro. E tutto cambierà
martedì 28 gennaio 2020

Gentile direttore,

sono stata oggi, lunedì 27 gennaio 2020, alla posa della prima pietra in memoria di un nostro concittadino partigiano, morto in campo di concentramento. È stata una cerimonia toccante, preparata dalle scuole del paese; i bambini e i ragazzi hanno letto poesie, si sono esibiti in pezzi musicali e balli ebraici, hanno raccontato la storia dell’eroe. Mentre rincasavo ho riflettuto che la pace è faticosa e lontana, perché nessuno ha il coraggio di dire: mai più morte, mai più olocausti da qualunque parte provengano. La pace sarà possibile quando tutti saremo capaci di verità. Quando sapremo difendere anche una sola vita. Quando indipendentemente dalle nostre idee politiche ci alzeremo in piedi in difesa dei cristiani trucidati, dei musulmani resi schiavi, delle spose bambine, quando saremo capaci di inorridire per i campi di concentramento, per i gulag, per le foibe, indipendentemente dal numero delle vittime e da chi è il colpevole delle loro morti. La pace sarà possibile quando ogni vita, ogni singola vita sarà sacra. In questi giorni si è ricordato che nei campi di sterminio venivano uccisi i malati, i disabili, gli omosessuali, gli zingari. «Mai più», si ripete. Ma chi prende le difese dei bambini down selezionati da un moderno Mengele, prima ancora che vengano al mondo? Chi prende le difese dei malati che chiedono dignità e non morte? Chi si prende a cuore la sorte dei migranti che facciamo vivere in luoghi che ricordano i lager, senza dare loro assistenza, istruzione, possibilità di imparare una lingua, di vedere riconosciuta la loro dignità di uomini? Fingiamo di non vedere, di non capire. Eppure, rincasando, ho pensato che c’è speranza, perché ci sono bambini che crescono con la possibilità di avere una memoria condivisa, anche se so che la strada è ancora lunga perché dobbiamo ancora capire cosa costruisce la pace e cosa permette all’uomo che in sé porta il seme del bene e del male, di scegliere il primo. Scriveva Hannah Arendt – La banalità del male – «Chiunque poteva essere Eichmann, sarebbe bastato essere senza consapevolezza, come lui. Prima ancora che poco intelligente, egli non aveva idee proprie e non si rendeva conto di quel che stava facendo. Era semplicemente una persona completamente calata nella realtà che aveva davanti. (...) Più che l’intelligenza gli mancava la capacità di porsi il problema delle conseguenze e degli impatti delle proprie azioni». Quell’uomo potremmo essere noi, potrei essere io.

Nerella Buggio


Non è vero che nessuno ha il coraggio di vedere, di capire e di dire, gentile amica. Lei lo ha, e non è sola. Ognuno di noi, a ogni età, può avere o ritrovare la briciola di forza necessaria e sufficiente per accendere il fuoco della memoria condivisa e della consapevolezza del bene e del male. Questo cambia il mondo. Il vero Bene viene così, da Sé e attraverso di noi.

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