domenica 18 marzo 2012
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Caro direttore,
mi rivolgo a lei, persona sensibile e attenta ai problemi reali della gente, per segnalare il grave disagio e ingiustizia che stanno vivendo e subendo alcune migliaia di insegnanti (oltre naturalmente a tutti i lavoratori e lavoratrici dipendenti che si trovano nella stessa condizione) ex pensionande che, con la recente riforma previdenziale introdotta dal ministro Fornero, si sono trovate nel giro di pochi mesi a dover allungare la propria attività lavorativa di ben 6 anni. Siamo madri di figli che spesso non trovano lavoro, nonne che cercano di alleviare i carichi familiari dei propri figli sposati con prole, figlie di genitori molto anziani, non più autosufficienti e bisognosi di cure e affetto... Abbiamo lavorato per più di 35 anni, pagando regolarmente contributi e tasse, abbiamo profuso energie e tempo per educare tante generazioni al vero, al buono, al bello, facendo sacrifici immani per conciliare le esigenze familiari con quelle lavorative.
Insegnare con serietà e professionalità ad alunni sempre più numerosi, irrequieti e in molti casi disturbati, richiede autorevolezza, equilibrio, pazienza, doti che col tempo scemano; nel contempo aumenta la differenza d’età fra noi nonni-educatori e le nuove generazioni e noi ci sentiamo veramente stanche e inadeguate ad affrontare le nuove sfide educative. Ebbene non possiamo essere trattate come numeri su cui operare per far cassa e far quadrare i conti (dopo tanti sprechi a livello di amministrazione statale e periferica!) secondo una bieca e iniqua logica aziendalistica. È giusta questa 'operazione' fatta in modo drastico sulla pelle di persone, senza rispettare alcuna gradualità (un conto è aspettare un anno, un conto attendere e lavorare per altri sei), col beneplacito dei partiti e dei sindacati? Evidentemente non rappresentiamo poteri forti o elettoralmente influenti! In Germania e in Francia, per le madri lavoratrici, si tiene conto del numero di figli per un’uscita anticipata dal lavoro, mentre in Italia non vengono minimamente considerati: è così che si salvaguarda la famiglia? Cosa significa allora una politica a favore della famiglia di cui tutti si riempiono la bocca? È giusto che un/a single abbia lo stesso trattamento di una madre con 2/3/4 figli? Si parla spesso di emergenza educativa, ma la scuola, con le sue problematiche e difficoltà, rimane spesso in ombra, non riceve né attenzione né risorse adeguate per aiutare i suoi protagonisti (bambini­insegnanti- genitori) a operare al meglio per favorire un clima di crescita e collaborazione comune.
Giovanna C., maestra ex-pensionanda
 
Non è la prima volta che leggo o ascolto argomentazioni sensate e forti come le sue, cara signora Giovanna. Non è la prima volta che esse, in diverso modo, trovano spazio sulle colonne di questo giornale (e già da prima che inevitabili riforme d’emergenza del nostro sistema previdenziale evitassero, purtroppo, di considerare a dovere il doppio servizio reso alla famiglia e alla comunità dalle lavoratrici-madri). La penso, insomma, come lei: da cronista (e oggi direttore) di Avvenire e, – mi permetto una nota autobiografica –, da primogenito di una madre di quattro figli che è stata maestra, assolutamente dedita, proprio come lei, a quella che non aveva timore di descrivere e vivere come la sua «missione» al servizio dei bambini. Grazie per il bellissimo modo in cui è riuscita a trasmettere – in questa lettera – serietà, amarezza e passione. Grazie per essere riuscita a farci percepire senso di giustizia e senso civico anche dando voce a un problema che qualcuno – sbagliando – potrebbe considerare in fondo solo “personale”. Sono sicuro che lei non sarà mai «inadeguata» nel suo lavoro di insegnante. E spero che ci sia presto modo per rileggere bene e modulare meglio alcune regole pensionistiche che, con grande urgenza e senza tanti complimenti, sono state varate per scongiurare un male più grande al nostro Paese. Ricambio, se mi permette, con affetto il suo saluto.
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