Nel Sud d'Italia l'aspettativa di vita «peggiore d'Europa»
mercoledì 24 gennaio 2018

C’è qualcosa che non va nel rapporto tra cittadini e istituzioni nel Sud Italia. Chi viene chiamato a governare la nazione, la regione, un villaggio di montanari o pescatori deve sempre ricordare la fiducia che hanno riposto in lui i cittadini, così come chi lavora nelle strutture pubbliche. Soprattutto nel mondo della sanità. Un mondo dove l’utente è indifeso, più fragile, più debole.

Accade sovente che nel momento in cui i cittadini lamentano disservizi, omissioni, ritardi, lungaggini burocratiche per un esame strumentale o a una visita specialistica, puntuali e piccate arrivano le smentite da parte dei diretti responsabili. Si nega, si minimizza, si gioca allo scaricabarile, si incolpano le vecchie gestioni. Si fanno promesse per il futuro. Non arriveremo da nessuna parte senza un’alleanza seria, onesta, intelligente tra la società civile, coloro che sono chiamati e governarla e chi opera nella cosa pubblica. Oggi le nostre regioni del Sud hanno «gli indicatori di aspettativa di vita peggiori d’Europa» ci fa sapere il direttore dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi. Siamo destinati, noi meridionali, a vivere quattro anni di vita in meno rispetto al resto d’Europa. Ai napoletani, poi, gli anni di vita sottratti sono ben otto. Cose da fare accapponare la pelle. La notizia dovrebbe fare saltare dalla sedia tutti, da chi governa Roma a chi governa in Campania, Calabria e Sicilia oltre che ai cittadini italiani tutti, meridionali per primi. La tanto decantata Italia unita, dunque, è ancora un sogno, una chimera. Si marcia sempre a due (o più) velocità.

«Oggi nascere nel Meridione d’Italia significa nascere nelle parti del continente europeo più derelitte», insiste il direttore Ricciardi. È il segreto di Pulcinella, direbbe qualcuno. Un segreto, però, che ogni volta che viene a galla, provoca reazioni infastidite. E ricomincia la cantilena. Si declamano le bellezze antiche, la Magna Grecia, l’arte e la filosofia, il mare, il Vesuvio, l’Etna, la gastronomia... Tutte verità. Della nostra terra siamo innamorati. Nella nostra terra siamo nati, questa terra e la sua gente vogliamo servire. Per farlo, però, dobbiamo liberarci di qualche tabù e ragionare da persone libere e intelligenti.

Da italiani del Sud. Si ama la propria terra anche quando, arrossendo in volto, senti il dovere di denunciare le cose che non vanno. Non per una sorta di masochismo, ma perché si ritorni alla normalità. Quattro, secondo l’ultima edizione del Rapporto Osservasalute, i fattori cruciali: la scarsa prevenzione, a partire dalla minore risposta agli screening oncologici; diagnosi più tardive; una minore disponibilità di farmaci innovativi, una minore efficacia ed efficienza delle strutture sanitarie e degli stili di vita, che proprio al Sud fanno registrare più alti tassi di obesità di mancanza di attività fisica.

Tutte verità che gridano giustizia. Non una volta sola abbiamo denunciato dalle pagine di “Avvenire” il calvario che è costretta a sopportare la nostra gente quando si trova a che fare con la sanità pubblica. Liste di attesa lunghissime, ospedali strapieni, pazienti ricoverati su barelle, igiene che lascia a desiderare. Chi può si rivolge alla sanità privata o scappa verso Nord; chi non può, si arma di pazienza e attende. Un’attesa estenuante che a volte lo consegna alla morte prima del tempo stabilito. Stupisce, però, che nelle parole del direttore Ricciardi lo scempio ambientale che tanto male ha fatto e continua a fare alla Campania e al sud non venga nemmeno menzionato. Il dramma della “Terra dei fuochi” che ha fatto aprire gli occhi anche nelle regioni del Nord sembra così archiviato... Parlare delle conseguenze dell’inquinamento ambientale vuol dire compromettersi, farsi dei nemici.

Vuol dire affrontare il mancato controllo dei rifiuti industriali che ancora oggi continuano a circolare indisturbati; ammettere che l’evasione fiscale e il lavoro in nero non sono solo un danno economico per il Paese ma si traducono in scempio ambientale che non può non ritorcersi sulla salute. Vuol dire discutere di rifiuti e discariche, di camorra e intrallazzi, di mancate bonifiche e corruzione. La salute dei cittadini è un bene da salvaguardare ovunque. La prima prevenzione si fa a partire dall’ambiente.

È intollerabile questa orribile classifica in italiani di serie A e italiani di serie B. I meridionali amanti della vita, dell’arte, della letteratura, della storia; i meridionali che chiesero e ottennero la fiducia della nostra gente e oggi occupano posti di responsabilità debbono alzare la voce. Farsi avanti e pretendere che l’Italia sia davvero una sola Repubblica democratica. Un Paese nel quale il diritto alla salute sia uguale per tutti.

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