venerdì 6 dicembre 2019
Sulla riforma del Terzo settore, c’è il rischio che il Conte Secondo faccia peggio del Conte Primo? La domanda non è né retorica, né polemica.
Date anima sociale all'azione di governo

Ansa

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Caro direttore,
sulla riforma del Terzo settore, c’è il rischio che il Conte Secondo faccia peggio del Conte Primo? La domanda non è né retorica, né polemica. Sono i fatti a parlare e a generare preoccupazioni tutt’altro che infondate. Ma andiamo con ordine. Nella legge di bilancio ora in discussione al Senato, ci sono tagli per il 2020 di 10 milioni di euro sulla dotazione finanziaria strutturale della legge di riforma del Terzo settore. Dopo la riduzione di tre milioni nel 2019, avremo nel 2020 un ulteriore diminuzione dei fondi a disposizione. Se poi si considera che per effetto delle norme di attuazione non ancora emanate (in particolare quelle di natura fiscale), si sono risparmiati circa 50 milioni nell’anno 2019, si può ben capire che la strada imboccata, prima dal Governo gialloverde e ora dall’esecutivo giallorosso, non è certo quella giusta. Per di più, il taglio nella legge di bilancio dello scorso anno (e non modificato nell’attuale testo), sul Registro Unico del Terzo settore, va a indebolire il principale strumento per l’avvio definitivo della riforma. Per il Servizio civile la sforbiciata è ancora più pesante.

Non solo non sono arrivati i 70 milioni aggiuntivi per il 2019 promessi dal ministro Spadafora, ma per il 2020 si prevede una drastica riduzione della dotazione finanziaria; con la prospettiva che nel prossimo anno, anziché 50mila giovani ne possano partire meno della metà . E appare surreale che l’ex ministra della Difesa Pinotti, depositi – proprio ora – un disegno di legge per il Servizio civile obbligatorio. Verrebbe da dire: primum vivere, deinde philosophari. Ancora, non c’è notizia che il Governo abbia presentato alla Commissione europea la richiesta di autorizzazione per introdurre la nuova normativa fiscale alquanto rilevante sia per le associazioni che per le imprese sociali. Il decreto per l’avvio del Registro Unico, previsto per ottobre, non ha ancora conosciuto la luce. Sul 5 per mille le cose non vanno meglio: il sottosegretario al Lavoro, Steni Di Piazza aveva annunciato un incremento del fondo di 25 milioni di euro in modo da poter far fronte all’aumento delle scelte di questo istituto da parte dei contribuenti. Infatti, già dall’anno scorso, il fondo di 500 milioni introdotto nel 2016 dal governo Renzi, non è più sufficiente. Ma nella legge di bilancio i 25 milioni in più non ci sono.

Anche il Dpcm di riforma dello stesso 5 per mille, che doveva dare applicazione a importanti cambiamenti sia in ordine ai soggetti beneficiari che al principio di trasparenza, non si sa dove si sia incagliato. Infine, a tre mesi dalla nascita del governo, la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo non ha ancora attribuito a uno dei suoi due sottosegretari la delega a occuparsi del Terzo settore. Insomma, per farla breve, quell’impegno che il presidente del Consiglio Conte aveva enunciato nel discorso programmatico alla Camera, di ridare impulso e di accelerare l’attuazione della riforma del 2017, rimane ancora in gran parte inattuato. Ciò nonostante la realtà cammina. Non poche innovazioni e fermenti sono visibili nella società civile italiana. A per testimonianza che la realtà del Terzo settore è ben viva e radicata nelle nostre comunità. E allora quella necessità di dare un’anima al Governo, recentemente evocata dal capogruppo alla Camera del Pd Graziano Delrio, non potrebbe essere rintracciata proprio nell’impegno quotidiano delle associazioni e del volontariato per favorire l’inclusione sociale e ridurre le disuguaglianze?

Già sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali

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