domenica 27 marzo 2011
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Umberto Veronesi è noto uomo di scienza (medica), ma abbiamo imparato a conoscerlo anche come visionario e polemista che indulge ad affermazioni forti e sconcertanti. È insomma uno che non esita a usare in battaglia la fama e la credibilità che s’è conquistato, anche a costo di metterle così pesantemente a rischio. Ieri sera, complici i riflettori e le telecamere di “Che tempo che fa”, è tornato a farlo. Ha deciso di schierare la Chiesa «a favore della vita artificiale, di una vita-non vita che è solo il risultato di tecnologie avanzate». E ha sentenziato che una simile posizione è «incomprensibile». Che dire? Che qui di incomprensibile c’è solo il professor Veronesi. Quella posizione della Chiesa, infatti, non esiste. E, dunque, le parole dell’esimio medico sono una pura e semplice falsità. Anzi una doppia falsità, visto che il luminare la condisce – come un qualsiasi propagandista radicale – con l’incredibile e insultante (per Giovanni Paolo II e per l’intelligenza di miliardi di persone) favola dell’eutanasia che Papa Wojtyla avrebbe chiesto per sé. Il professore dovrebbe avere più rispetto per la verità dei fatti, e anche per se stesso. Ma soprattutto non dovrebbe esporsi al ridicolo pretendendo di dire lui che cosa afferma la Chiesa cattolica. La saggezza popolare ha bollato, una volta per sempre, simili presunzioni e tali tentativi di manipolazione come «la pretesa di insegnare il credo agli apostoli». La vita artificiale, la vita- non vita – come tutti sanno – è progetto e battaglia di ben altri. E Veronesi dovrebbe saperlo, visto che se li ritrova assai spesso a fianco, schierati a falange a favore di una scienza padrona della vita e della morte e duramente avversi alla rispettosa visione cristiana della vita umana.
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