L'umanità e l'intelligenza artificiale: per non ridurci tutti a schiavi
sabato 11 marzo 2023

Ogni salto tecnologico dell’umanità è stato accompagnato da angosce e timori e quello apparentemente gigantesco dell’avvento dell’intelligenza artificiale non fa eccezione. Il tema è diventato improvvisamente popolare con l’irruzione sul web di ChatGPT e delle sue sorelle, un’assistente che possiamo interrogare su qualunque argomento e che ci risponde in modo sorprendente, non solo elencando siti dove poter trovare informazione sul tema che ci interessa ma elaborando pensiero anche con contenuti innovativi.

La storia di questi salti è stata ogni volta la stessa e dovrebbe insegnarci. Ogni passo in avanti, dalla scoperta dalla ruota in poi, ha aumentato le nostre capacità di fare togliendo spazio alla fatica e al sudore. I lavori persi sono stati più che compensati dai lavori guadagnati e la qualità dei secondi è sempre stata superiore ai primi (su “Avvenire.it” Maurizio Carucci ha approfondito nel dettaglio il tema delle caratteristiche dei nuovi lavori). Frenando ogni tentazione luddista dovremmo piuttosto aspettare e sperare che macchine più sofisticate elimino sempre più lavori potenzialmente alienanti e a rischio di sfruttamento come, per esempio, quello della raccolta agricola. Ogni nuovo salto in avanti ha prodotto un aumento di ricchezza dettato dalla maggiore produttività che ha creato o rischiato di creare all’inizio squilibri distributivi quando i benefici dell’aumento di produttività si sono concentrati nelle mani dei proprietari delle nuove tecnologie. Il problema vero, dunque, non è la perdita di lavoro o di lavori o la cosiddetta “disoccupazione tecnologica”, ma la distribuzione del reddito e della ricchezza prodotta.

Con l’intelligenza artificiale la potenza delle macchine fa un salto notevole nell’abilità di rielaborazione di contenuti esistenti sviluppando una capacità propria d’innovazione. ChatGPT può elaborare e strutturare creativamente risposte articolate su qualunque tema anche se ha ancora in queste prime versioni alcuni limiti importanti. L’ho interrogata per discutere e ragionare con lei di un’ipotesi di ricerca e mi ha dato risposte di buon senso, alcune interessanti. Quando ho provato a chiederle degli articoli scientifici su quei temi mi ha restituito una lista di titoli, autori e abstract sorprendentemente centrati sul tema. Peccato che nessuna di quelle opere, assolutamente verosimile per autori, temi e sintesi dei contenuti, era realmente stata scritta. Insomma, oggi ChatGPT è in grado di portare chi parte dal livello del mare a un campo base di qualunque disciplina e può persino fare da guida nell’ascesa fino ad un certo punto. Ma è la nostra esperienza, maturità e intelligenza che ci consente di arrivare sulla vetta e probabilmente, con l’aiuto iniziale di ChatGPT, anche su di una vetta più alta. In versioni migliori di questa però. Anche se questa, al momento, è comunque perfetta per aiutare uno studente a svolgere un tema in pochi minuti.

Qui il compito di noi insegnanti diventa complicato e quasi, paradossalmente, lo strafalcione diventerà elemento di valore di un elaborato perché traccia inequivocabile dell’intervento e del tentativo di rielaborazione originale dell’umano. Con esso un problema per tutti sempre maggiore sarà quello di distinguere tra informazione vera e verosimile così come tra agenti veri e artificiali sui social media.

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale richiede pertanto un nuovo sforzo di regolamentazione per far fronte a nuovi fallimenti del mercato. Lo vediamo già con i social dove proprietari di piattaforme che massimizzano il profitto non si fanno scrupolo di orientare lo scambio verso lo scontro e la gogna mediatica che notoriamente producono più contatti e profitti da pubblicità. La regolamentazione ci servirà a difenderci da forme sempre più sottili di potenziale manipolazione.

Sarà capitato anche ai lettori ascoltando musica su Youtube di pensare di voler sentire una canzone che “per miracolo” compare come brano successivo nella selezione. Non è lettura del pensiero, ma soltanto capacità della macchina di prevedere i nostri gusti sulla base delle nostre scelte passate. Se sentire il brano che si desiderava è in fondo piacevole altre forme di manipolazione sottile che orientano le nostre preferenze verso prodotti da acquistare di qualunque tipo sono certamente meno desiderabili.

«La potenza senza il controllo è nulla», diceva una vecchia pubblicità (che il direttore di questo giornale ha trasformato nel motto della dimensione web di “Avvenire”). Guardando al futuro non dobbiamo certo preoccuparci del progresso tecnologico che procede a velocità supersonica quasi con il pilota automatico perché ormai siamo un’enorme intelligenza collettiva fatta da otto miliardi di cervelli che si scambiano informazione e conoscenze in contatto permanente tra loro (sono lontani i temi dei messi, degli aedi e persino della carta stampata quando la velocità di circolazione delle conoscenze era enormemente inferiore). In uno scenario del genere ciò che sarà sempre più prezioso è quello che macchine sempre più potenti e il mercato che le mette in competizione non possono dare all’umano: l’offerta di significato del vivere, l’educazione morale, quella sentimentale alle relazioni e alle virtù che ci consentiranno di vivere con gioia e pienezza un’epoca straordinaria rimanendo padroni e non schiavi di nuove e sempre più potenti macchine.

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