giovedì 21 luglio 2016
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Caro direttore, l’inizio della dissoluzione del grandioso progetto di unità in Europa può essere collocato nel 30 agosto 1954, quando, al canto della 'Marsigliese', l’assemblea nazionale francese bocciò la Ced, il Trattato che istituiva la Comunità europea di difesa. L’ideale dell’unità nacque, invece, mentre ancora si accumulavano le macerie della seconda guerra mondiale: per secoli il sangue dei giovani europei era stato versato sulle frontiere tra le nazioni e infine il germe della violenza aveva raggiunto il massimo del suo sviluppo nella prima metà del secolo scorso e aveva contagiato l’intero pianeta. Basta! Fu il grido di quegli anni. L’ideale di una pace definitiva e totale fece il primo passo concreto con la Comunità del carbone e dell’acciaio (Ceca), le materie con cui (e per cui), allora, si faceva la guerra. L’esercito comune avrebbe definitivamente chiuso la storia delle guerre fratricide. Era al centro della strada politica.
 
 
Non si può negare che in tutto questo insieme all’ideale della pace, quale evento finale della storia, c’era anche una componente di paura. L’equilibrio del terrore che teneva pronte le armi atomiche attraversava in quel tempo l’Europa innaturalmente divisa, ma l’idea di una forza ideale fondata sul rispetto e la promozione dei diritti umani riscaldava i cuori e affascinava le menti. Abbandonata nell’immediato la strada politica, dopo qualche tempo di disorientamento, si provò la strada economica. Così nacque il Mercato comune. Ma sul percorso economico spesso gli interessi sono più forti degli ideali che uniscono mentre gli interessi possono dividere.
 
 
È quel che sta accadendo. Non c’è da meravigliarsi se nelle popolazioni aumenta il distacco emotivo dall’Europa, se dopo la Brexit anche altre nazioni meditano l’abbandono, se non si riesce a realizzare un progetto europeo unitario di accoglienza di fronte all’esodo di popolazioni che fuggono dalla violenza, dalla fame e dalla morte. Eppure il crollo del muro di Berlino nel 1989, eliminando la spinta unitiva della paura, parve rianimare l’ideale iniziale di una pace estesa all’intera Europa geografica. Così è avvenuto l’allargamento graduale fino a raggiungere il numero di 28 Paesi membri dell’Ue. E l’entusiasmo sembrava davvero rinato. Ma oggi molti di quelli che pensano esclusivamente in termini economici ritengono che l’allargamento sia stato «un errore». Sento, d’altra parte, ripetere lo slogan: «Occorre più Europa, non meno Europa». Sono d’accordo, ma bisogna capire il senso della maggiore integrazione.
 
 
L’Europa economica che, violando i princìpi di sussidiarietà, pretende di regolare in modo uniforme ogni minimo dettaglio della vita dei suoi cittadini esige un ripensamento, ma non è questo il nodo da sciogliere. Bisogna tornare sulla strada politica, ma per farlo occorre ritrovare una grande energia ideale, bisogna recuperare l’anima dell’Europa. È un problema tutt’altro che semplice. L’Europa di oggi è il luogo che uccide i suoi figli quando ancora devono nascere, i più poveri tra i poveri come li ha chiamati Madre Teresa di Calcutta. «L’aborto è la sconfitta dell’Europa», ha detto san Giovanni Paolo II. Come fa un continente che uccide i suoi figli ad accogliere gli stranieri in fuga dalla miseria e dalla paura? L’Europa che ha distrutto il concetto stesso di famiglia quale «cellula fondamentale della società e dello Stato», come fa a sostenere e realizzare progetti di solidarietà coraggiosi verso gli ultimi delle proprie nazioni e del mondo?
 
 
L’Europa che, anche per ragioni economiche, pretende di scartare i malati e i morenti, come fa a proporsi come luogo dell’eguaglianza, della dignità umana, della lotta al razzismo? È giunto il momento di ascoltare due grandi personalità europee, due santi che per l’anima dell’Europa hanno lavorato in profondità: Giovanni Paolo II, che ha contribuito a far cadere il muro di Berlino e Madre Teresa di Calcutta, presto santa, che, nata in una oscura cittadina della periferia comunista dell’Europa, è divenuta cittadina del mondo per il suo servizio ai rifiutati e ai poveri, tanto da ricevere il premio Nobel per la pace. San Giovanni Paolo II ci esorta ancora: «L’Europa di domani è nelle vostre mani. Siate degni di questo compito. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità: quella di essere il luogo dove la persona, ogni persona, è affermata nella sua incomparabile dignità» (19 dicembre 1987, convegno su 'Il diritto alla vita e l’Europa'). Madre Teresa così scrisse alle istituzioni europee: «Che l’Europa dalle radici cristiane sia il cuore di un nuovo rinascimento e torni a considerare l’uomo il valore supremo del creato. Che la prima pietra dell’edificio della pace sia il rispetto della vita umana, specie quella nascente, sofferente e morente» (17 maggio 1986, convegno su 'Firenze, Europa, cultura: prima di tutto la vita').
 
* già presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento Europeo
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